Qualità ossea alleata della salute cardiovascolare


Buona qualità ossea significa migliore salute cardiovascolare. Correlazione dimostrata in modo oggettivo da uno studio britannico

Osteoporosi severa in pazienti con distrofia muscolare di Duchenne: bene teriparatide in una prima casistica di pazienti

Secondo uno studio pubblicato online su “The Journal of Bone and Mineral Research”, condotto su dati tratti dalla biobanca del Regno Unito (UK Biobank),  i soggetti che avevano una maggiore velocità ossea del suono all’ecografia quantitativa calcaneare presentavano maggiori probabilità di avere una buona salute cardiovascolare (CV).

L’UK Biobank rappresenta una vasta risorsa sanitaria nazionale e internazionale che sta studiando i rispettivi contributi della predisposizione genetica e dell’esposizione ambientale allo sviluppo delle patologie con l’obiettivo di migliorare la prevenzione, la diagnosi e il trattamento di un’ampia gamma di malattie gravi e potenzialmente letale. In particolare, si tratta di uno studio di popolazione condotto su adulti di età da 40 a 69 anni dal 2006 al 2010 nel Regno Unito.

Razionale dell’interazione tra cardiopatia ischemica e osteoporosi
«Le malattie cardiovascolari, in particolare la cardiopatia ischemica, sono un’importante causa globale di morbilità e mortalità. L’osteoporosi è un problema di salute pubblica in crescita, in particolare nelle popolazioni che invecchiano. Queste due condizioni condividono una serie di fattori di rischio, come l’età avanzata, lo stile di vita sedentario e il fumo» spiegano gli autori, guidati da Zahra Raisi-Estabragh, ricercatrice clinica della British Heart Foundation presso la Queen Mary University di Londra.

«I lavori esistenti suggeriscono associazioni tra le due condizioni che si estendono oltre i loro comuni fattori di rischio» continuano. «Inoltre, alcuni studi biologici hanno suggerito potenziali collegamenti meccanicistici tra le due condizioni. Comprendere l’interazione tra cardiopatia ischemica e osteoporosi può fornire informazioni su nuovi percorsi patologici e dare informazioni utili per strategie interventistiche e di salute della popolazione».

Esame di riferimento, l’ecografia quantitativa calcaneare
Raisi-Estabragh e colleghi dell’MRC Lifecourse Epidemiology Unit (MRC LEU) dell’Università di Southampton e del William Harvey Research Institute presso l’NIHR Barts Biomedical Research Center della Queen Margaret University di Musselburgh (Scozia), hanno analizzato i dati raccolti nella UK Biobank.

I ricercatori hanno raccolto dati dai partecipanti Biobank che avevano un’ecografia quantitativa calcaneare per misurare la velocità ossea del suono, con valori di velocità più elevati, indicative di una migliore salute delle ossa. I ricercatori hanno utilizzato tre metriche per determinare la salute CV:

  • l’indice di rigidità arteriosa è stato calcolato al basale utilizzando la fotopletismografia delle dita, con valori inferiori che indicano una migliore salute CV.
  • la distensibilità aortica è stata valutata con risonanza magnetica (RM) CV, con valori più alti che indicano una migliore salute CV.
  • i ricercatori hanno anche preso nota del numero di episodi di infarto miocardico e mortalità per cardiopatia ischemica tra i partecipanti durante un periodo di follow-up compreso tra 7 e 12 anni.

I dati completi sulla velocità ossea del suono e sull’indice di rigidità arteriosa erano disponibili per 71.949 uomini e 87.593 donne (età media, 58 anni; 91,9% bianchi).

In un modello completamente aggiustato, una maggiore velocità dei valori del suono era associata a un indice di rigidità arteriosa inferiore, con valori simili trovati per uomini e donne e per le donne in premenopausa e postmenopausa. Una maggiore velocità del suono era associata a una maggiore distensibilità aortica nell’aorta ascendente per le donne e nell’aorta discendente per gli uomini.

Mediatori dell’associazione diversi tra uomini e donne
I mediatori dell’associazione differivano per uomini e donne. Per gli uomini, la fosfatasi alcalina rappresentava il 7,5% dell’associazione, il fosfato il 4,6% e la vitamina D il 3,2%. Per le donne, il fosfato rappresentava il 13,2%, mentre la fosfatasi alcalina rappresentava il 9,6%.

Per gli uomini, la proteina C-reattiva ha rappresentato il 6,1% dell’effetto, ma l’effetto è stato invertito per le donne, rappresentando il –8,6%. La globulina legante gli ormoni sessuali ha avuto un effetto simile per gli uomini (17,14%) e le donne (19,55%).

Nei modelli grezzi, una maggiore velocità ossea del suono era associata a un minor rischio di infarto miocardico e mortalità per cardiopatia ischemica negli uomini. In un modello aggiustato per ipertensione, ipercolesterolemia e diabete, ogni aumento della deviazione standard della velocità ossea del suono era associato a un rischio inferiore del 14% di mortalità per cardiopatia ischemica per gli uomini (sottodistribuzione HR = 0,86; IC 95%, 0,75-1).

Le donne avevano un’associazione molto più debole tra una maggiore velocità del suono e un minor rischio di infarto miocardico e una mortalità ridotta per malattie cardiache.

Quali sono le più rilevanti ricadute cliniche dello studio?
«Abbiamo dimostrato, nella più grande coorte mai studiata, che una salute ossea peggiore è associata a una salute vascolare peggiore misurata con metodi oggettivi e convalidati, tenendo conto dei classici fattori di rischio CV» affermano gli autori.

«Dimostriamo anche l’associazione di una cattiva salute delle ossa con un maggior rischio di morte per cardiopatia ischemica. Queste relazioni appaiono coerenti per uomini e donne e non sono modificate dallo stato menopausale» aggiungono Raisi-Estabragh e colleghi. I meccanismi che guidano le associazioni sono complessi e probabilmente variano a seconda del sesso, osservano I ricercatori.

«La ricchezza di informazioni disponibili nell’UK Biobank ha consentito un’analisi altamente dettagliata delle complesse interazioni tra salute muscoloscheletrica e cardiovascolare, aiutando a chiarire i potenziali meccanismi sottostanti e fornendo nuovi approcci alla valutazione del rischio clinico» dichiara Nicholas Harvey, professore di Reumatologia ed Epidemiologia clinica presso l’MRC LEU dell’Università di Southampton, che ha supervisionato il lavoro.

Riferimento bibliografico:
Raisi-Estabragh Z, Biasiolli L, Cooper J, Aung N, Fung K, Paiva JM, Sanghvi MM, Thomson RJ, Curtis E, Paccou J, Rayner JJ, Werys K, Puchta H, Thomas KE, Lee AM, Piechnik SK, Neubauer S, Munroe PB, Cooper C, Petersen SE, Harvey NC. Poor Bone Quality is Associated With Greater Arterial Stiffness: Insights From the UK Biobank. J Bone Miner Res. 2020 Sep 22. doi: 10.1002/jbmr.4164. Epub ahead of print.
leggi