Se il corpo chiede aiuto: come imparare ad ascoltarlo


Il nostro corpo si esprime e comunica continuamente con noi, il problema è che spesso non siamo in grado di riconoscerne i segnali: come ascoltarlo

Il nostro corpo si esprime e comunica continuamente con noi, il problema è che spesso non siamo in grado di riconoscerne i segnali: come ascoltarlo

Il nostro corpo si esprime e comunica continuamente con noi, il problema è che spesso non siamo in grado di riconoscerne i segnali, e ci fermiamo solo quando ci grida “basta” e si blocca. Ed è proprio lì quando decidiamo di chiedere aiuto, perché ci rendiamo conto che qualcosa non va. Ci rechiamo dal medico e ci sorprende scoprire che non ci sia nulla che non va. Nessuna causa fisica. I sintomi che il nostro corpo manifesta non rispondono ad alcuna spiegazione medica: dietro a questo malessere vi è una causa emozionale. L’ultima cosa che vorremmo sentirci dire in queste circostanze è che “è tutto nella nostra testa”, eppure è così.

Come possiamo tornare a stare bene? Riuscire a entrare in connessione con noi stessi, imparare ad ascoltare il nostro dialogo interiore, sviluppare la nostra intelligenza emotiva e coltivare la nostra crescita personale sono passi importantissimi per la riconquista del nostro benessere interiore. Troppo spesso ci angoscia l’assenza di rumore, la sensazione di noia, ci risulta strano ascoltare il nostro respiro. Invece è proprio da questo che dobbiamo cominciare. Insieme alla dott. ssa Patrizia Mattioli di Guidapsicologi.it, cerchiamo di capire come imparare ad ascoltare il nostro corpo e a prendercene cura.

In che modo il corpo chiede aiuto? I segnali più frequenti

Con psicosomatica ci riferiamo ai sintomi fisici provocati da motivi psicologici. Un esempio? Arrossire quando si parla in pubblico o ci troviamo in presenza di una persona che ci piace, oppure il pianto che esplode in caso di tristezza o ira, di gioia e allegria. In questi casi si tratta di manifestazioni normali, che non implicano nessun tipo di disturbo. È solo in caso in cui i sintomi psicosomatici eccedono la normalità compromettendo la nostra capacità di funzionare, e, nei casi più gravi, arrivando a mettere in pericolo la nostra salute, che possiamo parlare di malattia. I disturbi psicosomatici sono quindi malattia per la persona che ne soffre, perché causano dolore e incapacità reale, che non trovano corrispettivo nei risultati di esami e analisi mediche. Non seguono schemi fissi e possono colpire qualsiasi parte del corpo provocando dolore.

«Il corpo è lo specchio del nostro stato di salute e canale privilegiato per l’espressione del disagio psicologico quando questo non riesce ad essere elaborato a livelli più alti di consapevolezza. In assenza di una causa organica, segnali più frequenti, i sintomi, possono assumere le forme più varie: mal di testa, tachicardia, problemi nell’alimentazione e nella digestione, nausee… La malattia che colpisce il corpo, dal punto di vista psicologico è un segnale preciso che attraverso di esso, ci esorta a fermarci, a rallentare, a riprendere il contatto con noi stessi. Anche un’influenza, seppur legata all’aggressione di un organismo esterno, può manifestarsi in modi diversi a seconda delle proprie condizioni generali e del proprio momento di vita.» spiega Mattioli.

Esempi di questi disturbi sono attacchi di panico, agorafobia, prodotti da episodi ripetuti di attacchi d’ansia e la conseguente paura che possano ripetersi creando così un loop di paura della paura. Altro esempio è l’ipocondria, per cui una persona può convincersi di soffrire di una determinata malattia e provare esattamente gli stessi sintomi che proverebbe se realmente avesse tale malattia. Nei casi di bullismo, ad esempio, è frequente che le vittime soffrono di mal di pancia.

Cosa possiamo fare per imparare ad ascoltare i messaggi che il corpo ci manda

«I messaggi che il nostro corpo ci manda non vanno sottovalutati. Considerare i segnali del corpo come il campanello di allarme di un disagio che si è sottovalutato o non considerato. Utilizzare i messaggi del corpo in modo costruttivo significa soprattutto rimettersi al centro della propria attenzione» raccomanda Mattioli.

Come risolvere i sintomi

«Se i disturbi psicosomatici sono l’espressione fisica di un disagio psicologico – continua Mattioli – il percorso migliore per risolverli è riuscire a conoscere e riconoscere questo disagio, a partire dalla ricostruzione della storia dei sintomi stessi e degli eventi di vita che li hanno accompagnati.»

Esistono soggetti maggiormente predisposti?

«Le attuali condizioni di vita con i ritmi serrati, i forti stimoli e le routine quotidiane impersonali dall’altra, aumentano il rischio generale di perdere il contatto con se stessi e sviluppare sintomi tra cui i disturbi psicosomatici, forse a parità di condizioni generali è più predisposto chi ha minore consapevolezza dei propri vissuti emotivi, delle proprie ansie, dei propri stati interni.»

Millennials e centennials. Le generazioni più esposte a disturbi psicosomatici

«Ci sono studi che affermano che i Millennials sono più soggetti a problemi di salute in generale e quindi anche a problemi psicologici e a disturbi psicosomatici. I Centennials d’altra parte sono grandi utilizzatori della rete attraverso la quale gestiscono le relazioni interpersonali senza confini spaziali e temporali, il che restringe lo spazio per l’articolazione e la crescita individuale. Identità meno definite e articolate hanno meno strumenti per affrontare gli inevitabili passaggi della vita e più probabilità di rispondere ad essi in maniera sintomatica» conclude Mattioli.

Vi è la tendenza a dare le spalle a realtà come la vecchiaia, la malattia, la morte… Siamo sempre più edonisti, e di conseguenza più nevrotici, viviamo nella società del benessere e questo genera “necessità”, crediamo che per essere felici abbiamo bisogno di cose che in realtà non necessitiamo, e questo induce a paure irrazionali, insoddisfazione cronica, che sfocia facilmente in disturbi come ansia, dipendenze, depressione… Purtroppo i valori che imperano attualmente nella nostra società non favoriscono la forza emozionale, né abilità come la tolleranza alla frustrazione, il valore dello sforzo e la ricompensa a lungo termine.