Tumore prostatico: con olaparib 30% di decessi in meno


Tumore prostatico resistente alla castrazione, con olaparib rischio di decesso ridotto del 31% secondo lo studio di fase 3 PROfound

Tumore prostatico resistente alla castrazione, con olaparib rischio di decesso ridotto del 31% secondo lo studio di fase 3 PROfound

Il trattamento con il PARP-inibitore olaparib prolunga in modo statisticamente e clinicamente significativo la sopravvivenza globale (OS) rispetto a enzalutamide o abiraterone più prednisone negli uomini affetti da carcinoma prostatico resistente alla castrazione metastatico (mCRPC) con almeno una mutazione dei geni BRCA1, BRCA2, o ATM – geni coinvolti nella riparazione dei danni del DNA mediante il meccanismo della ricombinazione omologa (HRR) – e andati incontro a progressione dopo un precedente trattamento con un agente ormonale di nuova generazione (enzalutamide e/o abiraterone).

Lo dimostrano i risultati finali dello studio di fase 3 PROfound, presentati durante un Presidential Symposium al Congresso virtuale della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) e contestualmente pubblicati sul New England Journal of Medicine.

In particolare, il trattamento con olaparib si è associato a una riduzione del rischio di decesso del 31% rispetto a enzalutamide o abiraterone, nonostante una quota sostanziale di pazienti durante lo studio sia passata dal braccio di controllo a quello trattato con il PARP-inibitore.

«PROfound è il primo studio di fase 3 a dimostrare una rilevante efficacia clinica dei PARP inibitori in questo setting e pone le basi per l’adozione di un approccio basato sulla medicina di precisione, che auspichiamo permetterà, attraverso l’esecuzione di un test, di poter offrire un trattamento personalizzato anche ai pazienti affetti da tumore della prostata» ha dichiarato Giuseppe Procopio, coordinatore nazionale dello studio PROfound e responsabile dell’Oncologia Medica Genitourinaria della Fondazione IRCCS – Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

Sulla stessa linea il commento dell’autore che ha presentato i risultati, Joaquin Mateo, dell’Hospital Universitario Vall d’Hebron di Barcellona: «PROfound è il primo studio randomizzato a dimostrare in modo prospettico il miglioramento della sopravvivenza globale in un sottogruppo di pazienti con cancro alla prostata definito molecolarmente, il che pone le basi per l’implementazione di test genomici nella pratica clinica quotidiana».

I punti chiave dello studio PROfound
PatologiaCarcinoma prostatico resistente alla castrazione metastatico (mCRPC)
Tipo di studioStudio multicentrico internazionale di fase 3, randomizzato, in aperto
Popolazione analizzataPazienti con mCRPC con almeno una mutazione in uno tra 15 geni coinvolti nell’HRR, in progressione dopo una precedente terapia con farmaci ormonali di nuova generazione
N. di pazienti trattati387
Trattamento valutatoOlaparib verso enzalutamide o abiraterone (più prednisone)
Risultato principaleOS mediana nella coorte con mutazioni di BRCA1/2 o ATM: 19,1 mesi vs 14,7 mesi
Riduzione del 31% del rischio di morte con olaparib (HR 0,69; IC al 95% 0,50-0,97; P = 0,02)
Messaggio chiaveNella popolazione analizzata, olaparib prolunga l’OS e riduce in modo significativo il rischio di morte rispetto a enzalutamide o abiraterone


Lo studio PROfound
Lo studio PROfound è un trial multicentrico internazionale, randomizzato e in aperto, nel quale si è valutato olaparib rispetto a enzalutamide o abiraterone più prednisone in pazienti con mCRPC già trattati in precedenza e con alterazioni in uno qualsiasi dei 15 geni con un ruolo diretto o indiretto nell’HRR che sono risultati associati alla risposta agli inibitori di PARP come olaparib. Queste mutazioni sono presenti in circa il 20-30% dei pazienti con mCRPC. Potevano partecipare al trial uomini che erano andati in progressione a seguito di un precedente trattamento con nuovi farmaci ormonali.

I partecipanti sono stati suddivisi in due coorti a seconda dello stato mutazionale di questi 15 geni coinvolti nell’HRR. La coorte A comprendeva pazienti con alterazioni dei geni BRCA1/2 o ATM ed è quella in cui si è valutato l’endpoint primario, perché al momento queste alterazioni sono quelle prevalenti e meglio caratterizzate. La coorte B, esplorativa, comprendeva, invece, i pazienti che presentavano alterazioni in uno qualsiasi degli altri 12 geni implicati nell’HRR, tra cui BRIP1, BARD1, CDK12, CHEK1, CHEK2, FANCL, PALB2, PPP2R2A, RAD51B, RAD51C, RAD51D o RAD54L.

Dei 4425 pazienti sottoposti a screening per analizzare la presenza di alterazioni dei geni convolti nell’HRR, 245 sono stati inclusi nella coorte A e 142 nella coorte B; da notare che il 65,6% di tutti i pazienti era stato trattato in precedenza con taxani.

In ognuna delle due coorti i partecipanti sono stati assegnati in rapporto 2:1 al trattamento con olaparib 300 mg due volte al giorno oppure con enzalutamide 160 mg una volta al giorno oppure abiraterone acetato 1000 mg una volta al giorno, in combinazione con prednisone 5 mg due volte al giorno, a scelta dello sperimentatore.

Miglioramento significativo della sopravvivenza libera da progressione radiografica con olaparib
L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione radiografica (rPFS) nella coorte A, mentre l’OS era un endpoint secondario chiave.

Lo studio PROfound ha già dimostrato di aver centrato il suo endpoint primario. Al congresso ESMO dello scorso anno, infatti, sono stati presentati i primi risultati del trial, che hanno evidenziato come il trattamento con olaparib abbia più che raddoppiato l’rPFS rispetto al trattamento di confronto nei pazienti con mutazioni di BRCA1/2 o ATM: 7,39 mesi contro 3,55 mesi (HR 0,34; P < 0,0001).

Sulla base di questo risultato, olaparib ha ottenuto di recente il parere positivo del Committee for Medicinal Products for Human Use (CHMP) per il trattamento del tumore alla prostata metastatico nei pazienti con mutazioni di BRCA1/2, in progressione dopo un precedente trattamento con nuovi agenti ormonali.

Inoltre, il PARP-inibitore è risultato superiore a enzalutamide o abiraterone anche su endpoint secondari quali l’rPFS nell’intera popolazione dello studio, il tasso di risposta obiettiva (33,3% contro 2,3%; OR 20,86; P <0,0001) e il tempo alla progressione del dolore (mediana non raggiunta contro 9,92 mesi; HR 0,44; P = 0,0192).

In un’analisi ad interim dell’OS era già emersa una tendenza a favore di olaparib. Al congresso ESMO di quest’anno sono stati presentati i dati finali relativi a questo endpoint, per i quali c’era grande attesa e che hanno confermato in pieno e consolidato il beneficio del farmaco.

Beneficio di sopravvivenza con olaparib, nonostante l’elevato crossover
Il PARP-inibitore ha prolungato l’OS e ridotto il rischio di decesso rispetto a enzalutamide o abiraterone sia nella coorte A sia nell’intera popolazione analizzata.

Nella coorte A, l’OS mediana è risultata pari 19,1 mesi con olaparib contro 14,7 mesi con i nuovi agenti ormonali (HR, 0,69; IC al 95% 0,50-0,97; P = 0,02), un vantaggio significativo, nonostante l’alta percentuale di cross over dal braccio sperimentale al braccio di confronto.

Gli sperimentatori hanno effettuato anche un’analisi dell’OS che teneva conto di questo elemento. L’analisi aggiustata in base al crossover ha riguardato 86 (il 66%) dei 131 pazienti del braccio assegnato a enzalutamide o abiraterone che sono passati al trattamento con olaparib, di cui 56 (il 67%) nella coorte A. I partecipanti potevano effettuare il crossover se mostravano una progressione radiografica della malattia, se dopo tale progressione non erano stati sottoposti a nessun altra terapia antitumorale, se non avevano sviluppato tossicità di grado superiore a 1 a seguito della precedente terapia e se accettavano di continuare con il programma delle visite previste dal protocollo dello studio.

Nella coorte A, l’analisi di sensibilità aggiustata tenendo conto del crossover a olaparib ha evidenziato una riduzione del rischio di morte del 58% nel braccio trattato con il PARP-inibitore (HR 0,42; IC al 95% 0,19-0,91).

Un’ulteriore analisi esplorativa condotta sulla popolazione complessiva dello studio ha mostrato un miglioramento dell’OS, non statisticamente significativo, nel braccio trattato con olaparib. L’OS mediana è risultata, infatti, di 17,3 mesi con il PARP-inibitore contro 14 mesi con i farmaci di confronto, con una riduzione del 21% del rischio di morte nel braccio assegnato a olaparib (basato su un HR di 0,79; IC 95% 0,61-1,03). Aggiustando i dati in modo da tenere conto del crossover al braccio sperimentale, tuttavia, nell’intera popolazione analizzata la riduzione del rischio di decesso associata al PARP-inibitore è risultata del 45% (HR 0,55; IC al 95% 0,29-1,06).

La durata mediana del trattamento è stata di 4,8 mesi nei pazienti che hanno effettuato il passaggio a olaparib e 3,9 mesi nel braccio trattato con anzalutamide o abiraterone; tuttavia, nei pazienti passati al trattamento con olaparib la durata mediana di esposizione al PARP-inibitore è stata più breve rispetto ai pazienti assegnati al braccio sperimentale dall’inizio (7,6 mesi). Pertanto, hanno osservato gli autori, trattare i pazienti con olaparib più precocemente potrebbe avere un vantaggio rispetto al suo utilizzo più avanti nel corso della malattia.

Profilo di sicurezza confermato
Il profilo di sicurezza e tollerabilità di olaparib è apparso coerente con quello riscontrato nell’analisi primaria e in studi precedenti, e non si sono osservati effetti tossici cumulativi durante l’esposizione prolungata al farmaco.

Gli eventi avversi più comuni nel braccio trattato con olaparib sono stati anemia (50% di qualsiasi grado e 23% di grado ≥ 3), nausea (rispettivamente 43% 2%), affaticamento/astenia (42% e 3%), diminuzione dell’appetito (31% e 2%), diarrea (21% e 1%) e vomito (20% e 2%).

I pazienti in trattamento con olaparib che hanno dovuto interrompere il trattamento a causa di eventi avversi sono stati il 20%.

Prospettive per il futuro
In futuro, ha detto Mateo al termine della sua presentazione, potrebbero essere necessari ulteriori analisi per delineare ulteriormente gli indicatori genomici della risposta ai PARP-inibitori, in particolare nei pazienti con alterazioni geniche meno comuni.

Lo sviluppo di olaparib come terapia per il tumore della prostata non si ferma, comunque, allo studio PROfound. Sono in corso, infatti, diversi trial, fra cui lo studio di fase 3 PROpel, nel quale si testa olaparib in combinazione con abiraterone rispetto al solo abiraterone come trattamento di prima linea in pazienti con mCRPC.

Bibliografia
J.S. de Bono, et al. Final overall survival (OS) analysis of PROfound: Olaparib vs. physician’s choice of enzalutamide or abiraterone in patients (pts) with metastatic castration-resistant prostate cancer (mCRPC) and homologous recombination repair (HRR) gene alterations. Annals of Oncology (2020) 31 (suppl_4): S507-S549. 10.1016/annonc/annonc275.

Hussain, J. Mateo, K. Fizazi, et al. Survival with Olaparib in Metastatic Castration-Resistant Prostate Cancer. N Engl J Med. 2020; doi:10.1056/NEJMoa2022485