Sclerosi sistemica: buoni risultati con romilkimab


Sclerosi sistemica: risultati promettenti per romilkimab in fase 2. Riscontrati benefici significativi sulla fibrosi cutanea

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I risultati di un trial di fase 2 recentemente pubblicato su ARD suggeriscono che romilkimab, un farmaco anti-IL 4 e IL 13 sarebbe in grado di indurre benefici significativi sulla fibrosi cutanea in pazienti affetti da sclerosi sistemica (Ssc).

Essendo “proof-of-concept”, lo studio suffraga l’ipotesi del razionale fisiopatologico derivante dal blocco di IL-4 e IL-13 della Ssc diffusa cutanea.

Razionale e disegno dello studio
Come è noto, la Ssc è una malattia orfana di trattamenti che ne possano prevenire la progressione. Le opzioni attuali a disposizione sono, purtroppo, ancora oggi inadeguate, con una mortalità a 10 anni che raggiunge quasi il 20%.

Studi recenti pubblicati hanno suggerito che sia IL-4 che IL-13 sono coinvolte nella Ssc, mediando le alterazioni a carico del sistema immunitario che coinvolgono una risposta T-helper di tipo 2. Fino ad ora, però, non esistevano terapie dirette specificamente contro le due citochine in questione per il trattamento di questa malattia.

Romilkimab è un nuovo anticorpo monoclonale umanizzato bispecifico in grado di legare e neutralizzare sia IL-4 che IL-13.

Per esplorare la possibilità di adottare questo farmaco biologico sperimentale nel trattamento della Ssc diffusa cutanea, i ricercatori hanno reclutato 97 pazienti provenienti da 51 centri dislocati in 13 Paesi diversi. Questi avevano un’età media di 50 anni ed una durata media di malattia pari a 21 mesi. La maggioranza dei pazienti del trial era rappresentata da donne di etnia Caucasica, con un punteggio modificato di Rodnan al basale pari a 20,6.

Il protocollo dello studio prevedeva che i pazienti reclutati, in trattamento concomitante con o senza farmaci immunosoppressivi di background (ciclofosfamide, azatioprina, metotressato,mofetil micofenolato) fossero randomizzati (secondo uno schema 1:1) a trattamento con romilkimab 200 mg o placebo una volta/settimana per 24 settimane. L’endpoint primario era rappresentato dalla variazione del punteggio mRSS dal basale a 24 settimane.

Risultati principali
Endpoint primario
A 24 settimane, la variazione quadratica media del punteggio mRSS è risultata pari, rispetto a placebo, a -4,76 per i pazienti randomizzati a romilimab rispetto a -2,45 per quelli randomizzati a placebo, per una differenza media pari a -2,31 (-4.32; -0,31; p=0,0291).

I punteggi medi cutanei a 24 settimane sono risultati pari, rispettivamente, a 15,43 per il gruppo romilkimab e a 18,25 per il gruppo placebo.

Sia nel gruppo romilkimab che in quello placebo è stato registrato un miglioramento iniziale di questo punteggio a 12 settimane; questo miglioramento, tuttavia, si è perso successivamente nel tempo nel gruppo placebo. Secondo i ricercatori il miglioramento iniziale osservato in entrambi i gruppi in studio è dipeso, probabilmente, dall’impatto iniziale della terapia di background.

Effetto della terapia di background sull’endpoint primario
I risultati hanno documentato miglioramenti di entità maggiore dell’endpoint primario (mRSS) nei pazienti in terapia concomitante di background rispetto a quelli senza (-5.81 vs. 3,64).

Endpoint secondari
Il trial prevedeva anche la valutazione di alcuni endpoint secondari; a questo proposito, romilkimab si è rivelato efficace anche su questi ma le differenze rispetto a quanto osservato nel gruppo placebo non hanno raggiunto la significatività statistica.

Ad esempio, per quanto concerne la FVC  a 24 settimane, le variazioni osservate tra il gruppo romilkimab e placebo sono state pari a -10 ml e a -80 ml, per una differenza media di 70 ml (IC95%: -40; 190; p=0,10).

Quanto alla DLCO, le variazioni osservate, invece, sono state pari, rispettivamente, a -0,12 e a -0,27, per una differenza pari a 0,15 (IC95%= -0,12; 0,42; p=0,14).

Passando al punteggio di disabilità HAQ-DI, questo è migliorato leggermente in entrambi i gruppi (-0,09 per romilkimab e -0,12 per placebo), per una differenza media pari a 0,03 (IC95%: -0,19; 0,24; p=0,4).

Analisi per sottogruppi
Dai dati è emerso che i pazienti con maggior coinvolgimento cutaneo di malattia (mRSS al basale uguale o superiore a 15) mostravano una risposta significativamente maggiore all’inibitore sperimentale di IL-4 e IL-13, con una differenza media pari a -3,42 IC95%= -6.21; -0,64; p=0,0083) tra il gruppo romilkimab e il gruppo placebo.

Safety
Eventi avversi (AE) sono stati osservati frequentemente in entrambi i gruppi: la tipologia di AE di più frequente riscontro era rappresentata dalle ulcere cutanee (17% nel gruppo romilkimab e 31% nel gruppo placebo), dalle nasofaringiti (13% e 12%, rispettivamente) e dalla diarrea (15% e 8%, rispettivamente).

Riassumendo
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso alcuni limiti metodologici intrinseci dello studio (breve durata del trial in primis).

Ciò premesso, il trial è il primo ad aver sottolineato le potenzialità di romilkimab nella Ssc diffusa cutanea, suffragando il ruolo che IL-4 e IL-13 potrebbero giocare nella malattia.

Bibliografia

Allanore Y, et al “A randomized, double-blind, placebo-controlled, 24-week, phase II, proof-of-concept study of romilkimab (SAR156597) in early diffuse cutaneous systemic sclerosis” Ann Rheum Dis 2020; DOI: 10.1136/annrheumdis-2020-218447.
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