Tumore esofago: combinazione allunga la vita


Tumore dell’esofago: pembrolizumab più chemioterapia ha dimostrato un vantaggio in termini di sopravvivenza globale e sopravvivenza libera da progressione

Tumore dell’esofago: pembrolizumab più chemioterapia ha dimostrato un vantaggio in termini di sopravvivenza globale e sopravvivenza libera da progressione

L’immunoterapia in combinazione con la chemioterapia è efficace nel trattamento in prima linea dei pazienti con tumore dell’esofago e della giunzione gastroesofagea. Lo dimostrano i dati, presentati per la prima volta al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) che si è svolto recentemente, relativi allo studio di Fase 3 KEYNOTE-590 che ha valutato pembrolizumab, terapia anti PD-1 di MSD, in combinazione con chemioterapia a base di platino (cisplatino più 5-fluorouracil [5-FU]) per il trattamento di prima linea dei pazienti con tumore localmente avanzato o metastatico dell’esofago e della giunzione gastroesofagea (GEJ). Nello studio, pembrolizumab in combinazione con la chemioterapia ha migliorato in modo significativo la sopravvivenza globale (OS), riducendo il rischio di morte del 27% [HR=0,73 [CI 95%, 0,62-0,86]; p<0,0001], rispetto alla chemioterapia in tutti i pazienti in trattamento. Pembrolizumab in combinazione con chemioterapia ha inoltre migliorato significativamente la sopravvivenza libera da progressione (PFS), riducendo il rischio di progressione della malattia o di morte del 35% [HR=0,65 [CI 95%, 0,55-0,76]; p<0,0001] in tutti i pazienti in trattamento. Con questi risultati pembrolizumab è la prima terapia anti PD-1 che, in combinazione con chemioterapia, mostra un vantaggio in termini di sopravvivenza globale, sopravvivenza libera da progressione e tasso di risposta obiettiva (ORR) rispetto alla chemioterapia, attuale standard di cura per questi pazienti, indipendentemente dall’istologia e dall’espressione di PD-L1. Nel 2019, in Italia, sono stati stimati oltre 2.500 nuovi casi di tumore dell’esofago.

“Questo studio rappresenta una nuova arma nel trattamento dei pazienti con carcinoma dell’esofago – afferma Carmine Pinto, Direttore Unità Operativa di Oncologia Medica, Clinical Cancer Center di Reggio Emilia -. È una neoplasia aggressiva che, nel 2015 in Italia, ha provocato circa 1.800 decessi. La combinazione di pembrolizumab con la chemioterapia standard, indipendentemente dall’istotipo tumorale e dall’espressione di PD-L1, determina un vantaggio relativo di sopravvivenza del 27%. È la prima volta che si osserva un passo in avanti così importante nel tumore dell’esofago. I clinici possono così disporre di una strategia terapeutica più articolata per entrambi gli istotipi, squamocellulare e adenocarcinoma, indipendentemente dall’espressione di PD-L1, con una buona tollerabilità, anche in relazione alle condizioni generali dei pazienti colpiti da questa neoplasia. Il beneficio risulta ancora maggiore nei pazienti ad istologia squamosa che esprimono PD-L1 (CPS ≥10), dove riscontriamo una riduzione del rischio di morte del 43%”.

Questi dati rilevanti sono stati presentati lunedì 21 settembre durante il Simposio Presidenziale al Congresso Virtuale 2020 della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) (Abstract #LBA51). Come annunciato, al Congresso sono stati presentati i dati che comprendono più di 15 tipi di tumori che fanno parte dell’ampio portfolio di oncologia e della pipeline sperimentale di MSD. Un riassunto delle presentazioni e dei poster degli studi condotti da MSD è disponibile qui. Segui MSD su Twitter @MSDSalute e informati sulle novità e gli aggiornamenti di ESMO con l’hashtag #ESMO20.

MSD condividerà questi dati con le autorità regolatorie di tutto il mondo. Pembrolizumab attualmente è approvato negli Stati Uniti, in Cina e in Giappone come monoterapia nel trattamento di seconda linea dei pazienti con carcinoma dell’esofago a cellule squamose recidivante, localmente avanzato o metastatico, con espressione PD-L1 (Combined Positive Score [CPS] ≥10). MSD continua lo studio di pembrolizumab in molteplici setting terapeutici e nei diversi stadi del tumore gastrointestinale – compresi il tumore gastrico, epatobiliare, esofageo, del pancreas, colorettale e anale – attraverso il suo vasto programma clinico.

 

Struttura dello studio KEYNOTE-590 e dati addizionali (Abstract #LBA8)

KEYNOTE-590 è uno studio randomizzato di Fase 3, in doppio cieco (ClinicalTrials.gov, NCT03189719) che ha arruolato 749 pazienti per la valutazione di pembrolizumab in combinazione con chemioterapia, rispetto a placebo e chemioterapia (cisplatino più 5-FU), per il trattamento di prima linea dei pazienti con carcinoma esofageo localmente avanzato o metastatico (compresi il carcinoma esofageo a cellule squamose [ESCC] e l’adenocarcinoma dell’esofago) o tumore della giunzione gastroesofagea di tipo 1 secondo la classificazione Siewert. Endpoint primari sono la sopravvivenza globale (OS) nei pazienti con ESCC con espressione di PD-L1 (CPS ≥10) e la sopravvivenza globale (OS) e la sopravvivenza libera da progressione (PFS) nei pazienti con ESCC, in tutti i pazienti randomizzati con espressione di PD-L1 (CPS ≥10), e in tutti i pazienti randomizzati. Endpoint secondari comprendono ORR (secondo Response Evaluation Criteria in Solid Tumors [RECIST] v1.1 esaminato dallo sperimentatore) in tutti i pazienti, durata della risposta (DOR) e profilo di sicurezza. OS e PFS sono state definite attraverso una strategia gerarchica, così che le valutazioni sono state effettuate prima nei pazienti con ESCC con espressione PD-L1 (CPS ≥10), con alfa parziale come conferma dell’ipotesi, poi nei pazienti con ESCC, e successivamente nei pazienti con espressione PD-L1 (CPS ≥10), e infine in tutti i partecipanti.

Alla prima analisi ad interim, dopo un follow-up mediano a 10,8 mesi, la combinazione pembrolizumab e chemioterapia ha dimostrato una OS superiore versus chemioterapia in tutti i pazienti randomizzati nello studio (HR=0,73 [CI 95%, 0,62-0,86]; p<0,0001), nei pazienti con ESCC con espressione PD-L1 (CPS ≥10) (HR=0,57 [CI 95%, 0,43-0,75]; p<0,0001), nei pazienti con ESCC (HR=0.72 [CI 95%, 0,60-0,88]; p=0,0006), e in quelli con espressione di PD-L1 (CPS ≥10) (HR=0,62 [CI 95%, 0,49-0,78]; p<0.0001). In tutti i pazienti randomizzati nello studio, la OS mediana era di 12,4 mesi (CI 95%, 10,5-14,0) nel braccio di combinazione con pembrolizumab versus 9,8 mesi (CI 95%, 8,8-10,8) nel braccio con chemioterapia. Nei pazienti con ESCC con espressione PD-L1 (CPS ≥10), la OS mediana era di 13,9 mesi (CI 95%, 11,1-17,7) nel braccio di combinazione con pembrolizumab versus 8,8 mesi (CI 95%, 7,8-10,5) in quello con chemioterapia. Nei pazienti con ESCC, la OS mediana era di 12,6 mesi (CI 95%, 10,2-14,3) nel braccio di combinazione con pembrolizumab versus 9,8 mesi (95% CI, 8,6-11,1) in quello con chemioterapia. Nei pazienti con espressione PD-L1 (CPS ≥10), la OS mediana era di 13,5 mesi (CI 95%, 11,1-15,6) nel braccio di combinazione con pembrolizumab versus 9,4 mesi (CI 95%, 8,0-10,7) in quello con chemioterapia.

Pembrolizumab associato a chemioterapia ha mostrato PFS superiore versus chemioterapia in tutti i pazienti randomizzati nello studio (HR=0,65 [CI 95%, 0,55-0,76]; p<0,0001), nei pazienti con ESCC (HR=0,65 [CI 95%, 0,54-0,78]; p<0,0001), e nei pazienti con espressione PD-L1 (CPS ≥10) (HR=0,51 [CI 95%, 0,41-0,65]; p<0,0001). In tutti i pazienti randomizzati nello studio la PFS mediana era di 6,3 mesi (CI 95%, 6,2-6,9) nella combinazione con pembrolizumab versus 5,8 mesi (CI 95%, 5,0-6,0) nel braccio con chemioterapia. Nei pazienti con ESCC, la PFS mediana era di 6,3 mesi (CI 95%, 6,2-6,9) nel braccio di combinazione con pembrolizumab versus 5,8 mesi (95% CI, 5.0-6.1) nel braccio con chemioterapia. Nei pazienti con espressione PD-L1 (CPS ≥10), la PFS mediana era di 7,5 mesi (CI 95%, 6,2-8,2) per la combinazione con pembrolizumab versus 5,5 mesi (CI 95%, 4,3-6,0) nel braccio con chemioterapia.

Pembrolizumab associato a chemioterapia ha dimostrato un ORR superiore versus chemioterapia in tutti i pazienti randomizzati nello studio. ORR era 45,0% (CI 95%, 39,9-50,2) nel braccio di combinazione con pembrolizumab versus 29,3% (CI 95%, 24,7-34,1) nel braccio con chemioterapia (p<0,0001). Inoltre, la DOR era di 8,3 mesi (range, 1.2+ – 31.0+) nella combinazione con pembrolizumab versus 6,0 mesi (range, 1.5+ – 25.0+) nel braccio con chemioterapia.

Gli eventi avversi legati al trattamento (TRAEs) hanno portato all’interruzione della terapia nel 19,5% dei pazienti nel braccio di combinazione con pembrolizumab e nell’11,6% in quelli del braccio con chemioterapia. TRAEs di Grado 3-5 si sono verificati nel 71,9% dei pazienti della combinazione con pembrolizumab e nel 67,6% dei pazienti nel braccio con chemioterapia. Nel braccio di combinazione con pembrolizumab sono stati registrati nove decessi dovuti al trattamento e cinque nel braccio con chemioterapia. Gli eventi avversi immuno-mediati di qualsiasi grado sono stati osservati nel 25,7% dei pazienti nella combinazione con pembrolizumab e nell’11,6% dei pazienti nel braccio con chemioterapia.

Il tumore dell’esofago

Il tumore esofageo, un tipo di tumore particolarmente difficile da trattare, ha origine nello strato interno dell’esofago (mucosa) e si sviluppa verso l’esterno. I due tipi di tumore dell’esofago sono il carcinoma a cellule squamose e l’adenocarcinoma. Il tumore esofageo è la settima neoplasia più comunemente diagnosticata e la sesta causa di morte per cancro nel mondo. A livello globale, si stima che siano stati diagnosticati più di 572.000 nuovi casi di tumore esofageo e si siano verificati circa 509.000 decessi per questa malattia nel 2018. Nel 2019, in Italia, sono stati stimati oltre 2.500 nuovi casi di tumore dell’esofago.