Carcinoma uroteliale: terapia con avelumab efficace


Carcinoma uroteliale: la terapia di mantenimento con avelumab migliora la sopravvivenza in diversi sottogruppi secondo lo studio JAVELIN

Carcinoma uroteliale: la terapia di mantenimento con avelumab migliora la sopravvivenza in diversi sottogruppi secondo lo studio JAVELIN

Il trattamento di mantenimento di prima linea con avelumab in associazione alle migliori cure di supporto (best supportive care, BSC) ha migliorato la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e la sopravvivenza globale (OS) rispetto alle sole BSC in diversi sottogruppi di pazienti con carcinoma uroteliale avanzato o metastatico, che non avevano mostrato una progressione di malattia dopo la chemioterapia di prima linea a base di platino, in una sotto-analisi dello studio di fase 3 JAVELIN Bladder 100, presentata al congresso virtuale ESMO 2020.

Nello studio, il beneficio in termini di PFS e OS si è mantenuto più a lungo con avelumab in associazione a BSC rispetto alle sole BSC, indipendentemente dal tipo di regime chemioterapico di induzione somministrato e indipendentemente dal grado di risposta alla chemioterapia di prima linea.

“Nello studio JAVELIN Bladder 100, avelumab ha prolungato in modo significativo la OS e la PFS e il beneficio è stato osservato indipendentemente dalla chemioterapia di induzione che il paziente ha ricevuto o dalla risposta alla chemioterapia”, ha spiegato Petros Grivas, professore di Oncologia Medica alla Washington School of Medicine e autore dello studio.

Lo scorso giugno, l’Fda ha approvato avelumab come trattamento di mantenimento dei pazienti con carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico che non avevano mostrato una progressione di malattia dopo la chemioterapia di prima linea a base di platino, sulla base dei risultati complessivi dello studio JAVELIN Bladder 100, presentati durante il congresso ASCO 2020. I risultati dello studio avevano mostrato un miglioramento di 7,1 mesi della OS con avelumab come trattamento di mantenimento di prima linea in associazione alle BSC rispetto alle sole BSC.

Nel complesso, la OS mediana è stata di 21,4 mesi con avelumab (IC al 95%, 18,9-26,1) contro i 14,3 mesi con le sole BSC (IC al 95%, 12,9-17,9), il che ha portato a una riduzione del 31% del rischio di morte nella popolazione complessiva di pazienti (HR, 0,69; IC al 95%, 0,56-0,86; P =0,001).

“Sulla base di questi dati, l’Fda ha approvato avelumab come terapia di mantenimento di prima linea […] e successivamente sono state modificate le linee guida NCCN e ESMO, dimostrando che questo studio stava cambiando completamente la pratica”, ha detto Grivas.

Lo studio JAVELIN Bladder 100
Nello studio multicentrico, internazionale, in aperto, a bracci paralleli, randomizzato, di fase 3, JAVELIN Bladder 100, i ricercatori hanno valutato la terapia di mantenimento di prima linea con avelumab in combinazione con BSC (n = 350) rispetto alle sole BSC (n = 350) in un totale di 700 partecipanti con carcinoma uroteliale non resecabile, localmente avanzato o metastatico, la cui malattia non aveva mostrato progressione dopo 4-6 cicli di chemioterapia standard con gemcitabina più cisplatino o carboplatino.

I pazienti arruolati nello studio avevano ottenuto una risposta completa (CR), parziale (PR) o la stabilizzazione della malattia (SD) dopo la chemioterapia. Il trattamento con avelumab è stato somministrato tra le 4 e le 10 settimane dopo la chemioterapia di induzione. Il 51% dei pazienti aveva tumori PD-L1-positivi.

Avelumab è stato somministrato per via endovenosa alla dose da 10 mg/kg ogni 2 settimane, in cicli di trattamento di 4 settimane. Le BSC comprendevano antibiotici, supporto nutrizionale, correzione dei disturbi metabolici, così come il controllo dei sintomi e la gestione del dolore, e il regime chemioterapico somministrato era costituito da gemcitabina/ cisplatino (n = 389) o gemcitabina/carboplatino (n = 269).

Gli endpoint primari dello studio erano la OS in tutti i pazienti randomizzati e in quelli con tumori PD-L1-positivi. Gli endpoint secondari dello studio includevano PFS, attività antitumorale, sicurezza, farmacocinetica, immunogenicità, biomarcatori predittivi e outcome riportati dai pazienti (PRO).

I sottogruppi sono stati suddivisi in base alla scelta del medico riguardo il regime chemioterapico di prima linea. L’età mediana nel gruppo trattato con gemcitabina/cisplatino era 66,5 anni rispetto ai 72,5 anni nella coorte trattata con gemcitabina/carboplatino. Un numero superiore di pazienti trattati con gemcitabina/cisplatino aveva un ECOG status pari a 0 (mediana, 67%) rispetto si soggetti trattati con gemcitabina/carboplatino (mediana, 52%).

In particolare, un numero superiore di pazienti trattati con gemcitabina/cisplatino (64%) aveva una clearance della creatinina di 60 o più mL/min rispetto ai soggetti che avevano ricevuto gemcitabina/carboplatino (40%). Più della metà dei pazienti in entrambi i gruppi aveva metastasi viscerali (57,5% vs 51%, rispettivamente), e circa la metà in entrambi i gruppi avevano tumori positivi a PD-L1 (51% vs 47%). La migliore risposta alla chemioterapia è stata nel 72% dei pazienti trattati con gemcitabina/cisplatino rispetto al 70% dei soggetti trattati con gemcitabina/carboplatino.

Il follow-up mediano era di 19,6 mesi con avelumab e di 19,2 mesi con le sole BSC. Nella popolazione complessiva, la PFS mediana era di 3,7 mesi con avelumab più BSC, rispetto ai 3,7 mesi con le sole BSC (HR, 0,62; IC al 95%, 0,52-0,75; P <0,001). Inoltre, l’HR per la PFS ha favorito avelumab anche nel sottogruppo PD-L1-positivo (HR, 0,56; IC al 95%, 0,43-0,73).

Risultati per sottogruppi
Per i pazienti con tumori PD-L1-positivi trattati con avelumab la OS mediana non era ancora stata raggiunta al momento dell’analisi. Nei pazienti con tumori PD-L1-positivi che avevano ricevuto le BSC da sole, la OS mediana era pari a 17,1 mesi (HR, 0,56; IC al 95% 0,40-0,79; P = 0,0003).

Dopo aver stratificato i pazienti in base al regime chemioterapico di prima linea, è stato osservato che il beneficio in termini di OS e PFS con avelumab era indipendente dalla chemioterapia di induzione utilizzata.

Con gemcitabina/cisplatino più avelumab, la PFS mediana era di 4,6 mesi (IC al 95%, 3,6-6,8) contro i 2,0 mesi (IC al 95%, 1,9-3,6) con la sola chemioterapia (HR, 0,63; IC al 95%, 0,50-0,81). L’OS mediana era di 25,3 mesi (IC al 95%, 18,6 non stimabile [NE]) con avelumab contro 16,5 mesi (95% IC, 0,51-0,94) senza il farmaco (HR, 0,69; IC al 95%, 0,51-0,94).

Per i pazienti che hanno ricevuto una chemioterapia di prima linea con gemcitabina/carboplatino più avelumab, la PFS mediana era di 3,0 mesi (IC al 95%, 2,0-3,7) contro 1,9 mesi (IC al 95%, 1,9-2,0) con la sola chemioterapia (HR, 0,59; IC al 95% 0,44-0,80). L’OS mediana è stata di 19,9 mesi (IC al 95%, 16,0-24,0) e 12,9 mesi (95% IC, 9,4-16,2), rispettivamente (HR, 0,66; 95% IC, 0,47-0,91).

Inoltre, i benefici in termini di sopravvivenza, con il mantenimento di prima linea con avelumab più BSC sono stati osservati indipendentemente dalla risposta alla chemioterapia di induzione. Per i pazienti che hanno ottenuto una CR (n = 179), la PFS mediana era di 7,4 mesi (IC al 95%, 4,3-16,5) e 3,8 mesi (IC al 95%, 2,1-5,6) per avelumab/BSC e le sole BSC, rispettivamente (HR, 0,65; IC al 95%, 0,45-0,96). L’OS mediana non era stimabile in entrambi i bracci (HR, 0,81; IC al 95%, 0,47-1,38).

La PFS mediana nel braccio avelumab in coloro che avevano ottenuto una PR (n = 326) era di 3,1 mesi (IC al 95%, 2,0-3,7) e 1,9 mesi (IC al 95%, 1,9-1,9) con le sole BSC (HR, 0,58; IC al 95%, 0,44-0,75). La OS mediana era di 19,2 mesi (IC al 95%, 15,4-24,7) e 12,1 mesi (IC al 95%, 10,1-14,3), rispettivamente (HR, 0,62; IC al 95%, 0,46-0,83).

Infine, per i pazienti che avevano raggiunto la SD (n = 195), la PFS mediana era di 3,7 mesi (95% IC, 2,0-7,4) e 2,1 mesi (IC al 95%, 1,9-3,6) nel braccio avelumab e BSC, rispettivamente (HR, 0,61; IC al 95%, 0,42-0,87). La OS era di 19,9 mesi (IC al 95%, 18,2-NE) per i pazienti trattati con avelumab e di 14,0 mesi (IC al 95%, 10,7-19,4) per quelli che avevano ricevuto le sole BSC (HR, 0,70; 95% IC, 0,46-1,05).

Il beneficio in termini di OS con l’aggiunta di avelumab come terapia di mantenimento di prima linea è stato osservato in ulteriori sottogruppi, indipendentemente dal fatto che i pazienti fossero più giovani di 65 anni (HR, 0,79) o più anziani (HR, 0,63), avevano un ECOG status di 0 (HR, 0,64) o 1 (HR, 0,74), una clearance della creatinina inferiore o superiore a 60 mL/min (HR, 0,68) e se erano PD-L1 positivi (HR, 0,56), negativi (HR, 0,86), o non si conosceva lo status del biomarcatore (HR, 0,69). Per quanto riguarda la sede delle metastasi al basale, l’HR per i pazienti con metastasi viscerali era 0,82 e 0,54 per i pazienti con metastasi non viscerali; l’HR era 0,86 e 0,63 rispettivamente nei soggetti con e senza lesioni polmonari al basale.

Un modesto beneficio in termini di sopravvivenza è stato osservato in pazienti con lesioni epatiche al basale (HR, 0,92), anche se il beneficio era maggiore nei soggetti senza questo tipo di metastatsi (HR, 0,65).

Riferimenti

Grivas P, et al. Avelumab 1L maintenance + best supportive care (BSC) vs BSC alone with 1L chemotherapy for advanced urothelial carcinoma: subgroup analyses from JAVELIN Bladder 100. 2020 Virtual ESMO Congress; Abstract 704MO.