Editing genomico per eliminare l’herpes simplex


Editing genomico per eliminare l’herpes simplex: uno studio statunitense è riuscito a debellare il 90% del virus in modelli animali

Editing genomico per eliminare l'herpes simplex: uno studio statunitense è riuscito a debellare il 90% del virus in modelli animali

Chi ha detto che le terapie geniche possono essere utili solo per curare gravi malattie genetiche rare? Secondo uno studio pubblicato lo scorso 18 agosto su Nature Communications, potrebbe essere efficace anche per combattere l’Herpes simplex virus (HSV), noto principalmente come herpes labiale, con cui una buona parte della popolazione ha avuto – e continua, essendo un’infezione permanente – ad avere a che fare. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) del 2016, infatti, ben il 67% della popolazione mondiale di età inferiore ai 50 anni, con punte fino al 88% in Africa, ha il virus Herpes simplex di tipo 1 (HSV-1).

La ricerca

Contro il virus dell’herpes simplex latente di tipo 1, un team di ricerca guidato da Keith Jerome – del dipartimento di vaccini e malattie infettive del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle (Stati Uniti) – ha messo a punto un approccio di editing genomico, basato su due set di “forbici molecolari”, in grado di danneggiare il DNA del virus e rimuoverlo dalle cellule. I ricercatori hanno poi utilizzato un vettore per trasportare il sistema di editing all’interno delle cellule infette, dove l’HSV si trova in forma dormiente, inattiva. Gli esperimenti sono stati condotti in modelli murini e i risultati hanno mostrato che la strategia ha portato a una diminuzione di almeno il 90% del virus latente, il che, secondo i ricercatori, potrebbe essere sufficiente per impedire il ritorno dell’infezione.

Il virus herpes simplex

I virus Herpes simplex di tipo 1 e 2 sono patogeni umani importanti e diffusi, che causano ulcere orali e genitali, ed herpes neonatale, e che aumentano il rischio di contrarre l’HIV (virus dell’immunodeficienza umana). L’HSV attacca prima la pelle o la mucosa (generalmente si presenta infatti sul labbro, o intorno ad esso, o all’interno del naso), e in seguito si stabilisce permanentemente in una forma latente, sia nei neuroni sensoriali (come i gangli della radice trigemino e dorsale) che autonomi (ad esempio i gangli cervicali superiori e pelvici maggiori) del sistema nervoso periferico. Una volta instauratosi nell’organismo, il virus può risvegliarsi dallo stato latente, causando infezioni recidivanti che si diffondono e provocano lesioni.

Un approccio diverso

Oggi la terapia antivirale è solamente di tipo sintomatico. Mira a ridurre il dolore e la gravità delle infezioni acute e a diminuire la frequenza di riattivazione dell’HSV, senza però mai eliminarlo dall’organismo. Da qui l’idea di utilizzare il sistema di editing genomico basato su meganucleasi – un sistema di editing più vecchio rispetto all’innovativo e ormai famoso CRISPR, che utilizza enzimi modificati geneticamente per tagliare il DNA in punti precisi – per distruggere i genomi latenti del virus e preservare così i neuroni. L’obiettivo finale è quindi di eliminare la possibilità di riattivazione virale e la patogenesi. “È la prima volta che gli scienziati sono stati in grado di entrare dentro le cellule ed eliminare la maggior parte dell’herpes in un organismo”, ha puntualizzato Keith Jerome, che ha ricordato come il suo team stia adottando un approccio completamente diverso concentrandosi su come curare la malattia. “Stiamo prendendo di mira la causa principale dell’infezione: le cellule infette in cui il virus giace dormiente, che sono i semi che danno origine a infezioni ripetute”.

La strategia di editing genomico

Per eliminare l’HSV dai topi, i ricercatori hanno utilizzato due tipi di “forbici molecolari”, ovvero due diverse meganucleasi in grado di tagliare due diversi siti sul DNA. Il gruppo ha prima provato a seguire la ricerca con un solo paio di forbici, notando però che il DNA del virus poteva essere riparato nella cellula infetta. In seguito provando a combinare due meganucleasi sono riusciti a distruggere il virus. “Abbiamo usato una doppia meganucleasi che ha come target due siti differenti sul DNA del virus”, ha spiegato Martine Aubert, ricercatrice presso il Fred Hutchinson Cancer Research Center e prima autrice del lavoro. “Quando ci sono due tagli, le cellule sembrano dire che il DNA del virus è troppo danneggiato per essere riparato. A quel punto entrano in scena altri attori molecolari che si attivano per rimuoverlo dalle cellule.”

Il sistema di trasporto

Come vettore i ricercatori hanno usato un virus adeno-associato (AAV), uno dei principali vettori virali utilizzati in terapia genica, contenente al suo interno il gene che codifica per le meganucleasi. Il vettore è stato quindi iniettato in un modello murino di infezione da HSV-1, dove è stato in grado di arrivare alle cellule bersaglio dopo essere entrato nelle vie nervose. I ricercatori hanno riscontrato una riduzione fino al 92% nel DNA del virus presente nei gangli cervicali superiori, il tessuto nervoso in cui il virus giace dormiente. Le riduzioni sono rimaste tali per almeno un mese dopo il trattamento, il che, secondo i ricercatori, potrebbe essere sufficiente per impedire al virus di riattivarsi. Nonostante i risultati incoraggianti, secondo il team c’è ancora margine di miglioramento. Come si legge nel lavoro infatti, una migliore consegna a tutti i sottoinsiemi neuronali potrebbe ulteriormente perfezionare la strategia portando a un’eliminazione ancora più completa dell’HSV.

Verso gli studi clinici

Prima di arrivare a questo risultato, il gruppo di Jerome aveva anche valutato la tecnica di Crispr-Cas9, che era risultata però meno efficiente delle meganucleasi, e un tipo diverso di AAV. “I nostri risultati forniscono informazioni importanti per l’ottimizzazione della terapia genica in vivo contro l’HSV e suggeriscono che l’editing genomico mediato da meganucleasi rappresenta un percorso plausibile verso la cura dell’HSV”, scrivono gli autori del lavoro. Ora i prossimi passi saranno la messa a punto di una strategia simile per l’herpes simplex 2, che causa l’herpes genitale. Infine, l’obiettivo è di approdare alla sperimentazione clinica sugli esseri umani: la previsione è che, se tutto va bene, si possano avviare i primi studi clinici tra circa tre anni. “Il grande salto è stato passare dal laboratorio agli animali”, ha aggiunto Jerome. “Spero che questo studio apra la strada per poter iniziare a pensare alla cura, piuttosto che al semplice controllo del virus. Questo è infatti un approccio curativo per l’infezione da HSV sia orale che genitale, che entrerà in studi clinici nel prossimo futuro”. I livelli di eliminazione dell’HSV osservati in questi studi, se tradotti nell’uomo, ridurrebbe probabilmente in modo significativo la riattivazione, la diffusione e le lesioni dell’HSV. È probabile che sia necessario un’ulteriore ottimizzazione del rilascio e dell’attività delle meganucleasi, ma il percorso è ormai avviato.