Bronchiettasie: risultati incoraggianti con brensocatib


Bronchiettasie non dovute a fibrosi cistica: arrivan risultati molto incoraggianti con brensocatib da uno studio di fase 2

Bronchiettasie non dovute a fibrosi cistica: arrivan risultati molto incoraggianti con brensocatib da uno studio di fase 2

l trattamento con brensocatib per 24 settimane ha prolungato in modo significativo il tempo alla prima riacutizzazione  polmonare rispetto a placebo in pazienti con bronchiettasia non dovuta a fibrosi cistica (NCFBE).

Questo uno dei risultati principale dello studio di fase 2 WILLOW, pubblicato poche ora fa su NEJM (1) e contemporaneamente presentato in una delle sessioni online del congresso dell’European Respiratory Society (ERS) (2).

I risultati assumono una rilevanza particolare in quanto questo è il primo studio che abbia documentato l’efficacia di una molecola non antibiotica, brensocatib, nel ridurre le riacutizzazioni polmonari da bronchiettasia, dimostrandosi in grado di colpire direttamente l’infiammazione neutrofila che risulta coinvolta in questa condizione.

Informazioni sulle Bronchiettasie non dovute a fibrosi cistica (NCFBE)
“Le bronchiettasie – spiega a Pharmastar il prof. Francesco Blasi (Ordinario di malattie dell’apparato respiratorio, Università degli Studi di Milano, Fondazione IRCCS Policlinico Milano) sono una dilatazione permanente dell’albero bronchiale, caratterizzate da una infiammazione cronica. Si distinguono in bronchiettasie da fibrosi cistica e in bronchettasie non dovute a fibrosi cistica. (…) Quelle non legate a fibrosi cistica (NCFBE) possono essere causate da infezioni croniche,   Tb o da “errori” nella risposta immunitaria (es. deficit IgG)”.

La NCFBE è caratterizzata da frequenti esacerbazioni polmonari che richiedono una terapia antibiotica e/o ricoveri ospedalieri. I sintomi includono tosse cronica, eccessiva produzione di espettorato, respiro corto e ripetute infezioni respiratorie, che possono peggiorare la condizione di fondo. Negli Stati Uniti le NCFBE colpiscono da 340.000 a 520.000 pazienti Attualmente, non ci sono terapie specificamente mirate alle NCFBE.

Informazioni su brensocatib
Brensocatib (questo il nome del farmaco sperimentale inizialmente conosciuto con la sigla INS1007) è un inibitore sperimentale orale, selettivo e reversibile, della dipeptidil peptidase I (DPP1, detta anche catepsina G), sviluppato da Insmed per il trattamento di pazienti NCFBE.  La DPP1 è un enzima responsabile dell’attivazione delle serin proteasi dei neutrofili (NSP), come l’elastasi neutrofila.

I neutrofili sono il tipo più comune di globuli bianchi e svolgono un ruolo essenziale nella distruzione degli agenti patogeni e nel mediare i processi infiammatori. Nelle malattie polmonari infiammatorie croniche, però, i neutrofili si accumulano nelle vie aeree e provocano un eccesso di NSP che causano la distruzione e infiammazione dei polmoni.

Si ritiene che brensocatib  riduca gli effetti dannosi delle malattie infiammatorie come l’NCFBE mediante l’inibizione della DPP1 e della sua attivazione degli NSP, riducendo l’attività dei neutrofili.

Brensocatib ha di recente ottenuto dalla Food and Drug Administration Usa la designazione di  “ breakthrough therapy” ed è attualmente anche oggetto di studio come possibile trattamento di Covid-19.

I presupposti e gli obiettivi dello studio WILLOW
Le Linee guida vigenti per il trattamento delle bronchiettasie raccomandano il ricorso a terapie di clearance delle vie aeree respiratorie e mucoattive per contrastare la clearance anomala disordinata che le contraddistingue, nonché il ricorso ad antibiotici per via inalatoria per contrastare la colonizzazione batterica o l’infezione. Tuttavia, ad oggi, non esistono trattamenti aventi come bersaglio diretto l’infiammazione sostenuta da neutrofili, che rappresenta il tratto distintivo delle bronchiettasie.

Su questi presupposti è stato concepito lo studio WILLOW, un trial di fase 2 randomizzato, in doppio cieco, controllato vs. placebo, per gruppi paralleli, si è proposto di valutare l’efficacia e la sicurezza di brensocatib in pazienti con NCFBE.

Disegno dello studio
Lo studio ha reclutato 256 pazienti con bronchiettasie che avevano sperimentato almeno due episodi documentati di riacutizzazione polmonare nel corso dell’anno precedente all’ingresso nel trial.

Ottantasette pazienti (età media: 64 anni; 63,2% di sesso femminile) sono stati randomizzati a trattamento con placebo; 82, invece, sono stati trattati con brensocatib 10 mg (età media: 64,6 anni; 69,5% di sesso femminile)  , mentre 87 pazienti (età media: 63,7 anni; 71,3% di sesso femminile) con il farmaco al dosaggio di 25 mg per 24 settimane.

L’endpoint primario era rappresentato dal tempo al primo episodio di riacutizzazione nel corso delle 24 settimane di durata dello studio.
Tra gli endpoint secondari vi erano il tasso di riacutizzazioni a 24 settimane e la variazione dei dell’attività dell’elastasi neutrofila nell’espettorato dei pazienti (dalla fase di pre-trattamento a quella di trattamento in corso).

Sia il tempo alla prima riacutizzazione polmonare che il tasso di riacutizzazioni sono stati analizzati in sottogruppi di pazienti sulla base delle caratteristiche iniziali, dell’anamnesi, della severità di malattia e della concentrazione iniziale di neutrofili nell’espettorato.

Risultati principali
Endpoint primario e analisi per sottogruppi
Alla fine delle 24 settimane di trattamento, il 31,7% e il 48,3% dei pazienti trattati, rispettivamente, con brensocatib 10 mg e 25 mg ha sperimentato almeno una riacutizzazione di malattia rispetto al 48,3% dei pazienti del gruppo placebo.

Lo studio ha documentato il soddisfacimento dell’endpoint primario: i risultati hanno mostrato che brensocatib, al dosaggio di 10 mg (HR=0,58; IC95%=0,35-0,95; p=0,029) e di  25 mg (HR=0,62; IC95%=0,38-0,99; p=0,046), è stato in grado di prolungare in modo statisticamente significativo il tempo alla prima riacutizzazione nel corso delle 24 settimane dello studio rispetto al gruppo placebo.

Nell’analisi per sottogruppi relativa a questo endpoint, in quasi tutti i sottogruppi di pazienti considerati si è avuto un vantaggio di brensocatib vs. placebo, indipendentemente dal dosaggio utilizzato.

Endpoint secondario e analisi per sottogruppi
Il trattamento con brensocatib 10 mg ha ridotto in modo statisticamente significativo il tasso di riacutizzazioni vs. placebo; il rapporto tra tassi di incidenza è stato pari a 0,64 (IC95%=0,42-0,98; p=0,041) per brensocatib 10 mg e pari a 0,75 (IC95%=0,50-1,13; p=0,167) per brensocatib 25 mg. Ciò equivale a dire che il tasso annuale di riacutizzazione è stato pari a 1,37 eventi per paziente per anno nel gruppo placebo rispetto a 0,88 eventi per paziente per anno nel gruppo brensocatib 10 mg e a 1,03 eventi per paziente per anno nel gruppo brensocatib 25 mg.

Anche in questo caso l’analisi per sottogruppi ha mostrato un vantaggio di brensocatib vs. placebo, indipendentemente dal dosaggio utilizzato (rate ratio <1).

Ospedalizzazioni dovute a riacutizzazioni polmonari
Lo studio ha documentato una percentuale maggiore di pazienti del gruppo placebo (11,5%) che ha sperimentato almeno una riacutizzazione severa di malattia (necessitante di ospedalizzazione) rispetto a quanto osservato nei pazienti trattati con brensocatib 10 mg (6,1%) o 25 mg (4,6%).

I tassi di ospedalizzazione legata alle riacutizzazioni polmonari (che rappresentano la causa primaria di ospedalizzazione di questi pazienti) sono stati pari all’8% nel gruppo placebo e al 6,1% e 4,6% nei pazienti trattati con brensocatib 10 mg e 25 mg, rispettivamente.

Dati su concentrazioni elastasi
Brensocatib, ad entrambi i dosaggi, è stato in grado di ridurre in modo significativo le concentrazioni di elastasi, rispetto al placebo. Tale situazione si è mantenuta durante tutto lo studio, a suffragare la capacità del farmaco di inibire l’attività infiammatoria dei neutrofili a livello polmonare.

Safety
Gli eventi avversi più frequentemente osservati nei pazienti trattati con brensocatib sono stati tosse, cefalea, incremento di produzione di espettorato edispnea, riacutizzazioni infettive di bronchiettasie, diarrea, fatigue e infezioni a carico del tratto respiratorio superiore.

I tassi di eventi cutanei, compresa l’ipercheratosi, sono stati pari all’11,8% nel gruppo placebo, al 14,8% nel gruppo brensocatib 10 mg e al 23,6% nel gruppo brensocatib 25 mg. I tassi di infezioni (considerati eventi avversi di interesse speciale) sono stati pari al 17,6%, al 13,6% e al 16,9% nei tre gruppi di pazienti sopra considerati, rispettivamente.

Quanto agli eventi odontoiatrici, questi sono stati pari, invece, al 3,5%, al 15% e al 10,1% rispettivamente. A tal proposito, i ricercatori hanno sottolineato come lo studio WILLOW prevedesse un’accurata valutazione della safety dentale e che i risultati ottenuti non hanno evidenziato l’emersione di rischi particolari in termini di malattia parodontale.

Riassumendo
“Lo studio WILLOW – spiega ai nostri microfoni il prof. Blasi – mette in evidenza per la prima volta come l’agire sulla infiammazione bronchiale renda possibile l’induzione di una riduzione significativa del tempo alla prima riacutizzazione, del numero totale di riacutizzazioni insieme ad una riduzione effettiva dell’infiammazione delle vie aeree, con conseguente miglioramento della storia naturale delle bronchiettasie”.

I dati del trial – continua Blasi – hanno evidenziato che il farmaco prolunga il tempo alla prima riacutizzazione, con una riduzione percentuale statisticamentem significativa di questo tempo (pari a circa il 40%) rispetto al placebo. L’altro punto è che si riducono in maniera significativa, dimezzandosi, le riacutizzazioni gravi, quelle che necessitano di ricovero ospedaliero”.

Tali risultati, pertanto sembrano suffragare il trattamento dell’infiammazione mediata da neutrofili in pazienti affetti da bronchiettasie.

“La speranza – conclude Blasi –  è che i trial futuri confermino l’efficacia e la sicurezza del farmaco, perchè ciò vorrebbe dire che, dato che la riacutizzazione è il fattore fondamentale di morbi- mortalità delle bronchiettasie, brensocatib potrebbe rendere possibile un cambiamento favorevole della storia naturale del paziente in termini di outcome finale”.

Riferimenti

1) Chalmers JD et al. Phase 2 Trial of the DPP-1 Inhibitor Brensocatib in Bronchiectasis. NEJM 2020. Leggi

2) Chalmers JD et al. Late Breaking Abstract – Efficacy of DPP1 inhibition with brensocatib in subgroups of patients with bronchiectasis- the WILLOW study. ERS2020; E-poster #4135. Leggi