Il peso della bellezza: difficile sfuggire all’omologazione


Il peso sociale della bellezza e il pericolo di essere tutti uguali: è sempre più difficile smarcarsi dai modelli imposti, soprattutto per i più giovani, che a fatica riescono a strutturare un’identità propria

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Che cos’è la bellezza? Filosofi, pensatori e artisti di tutte le epoche si sono interrogati intorno all’idea di bellezza, formulando teorie e creando opere d’arte magnifiche proprio ricercando il bello. Ci si interroga sulla sua universalità, sui canoni, sul fatto che sia soggettiva, oggettiva, divina.

Approfondiamo con la dott.sa Rossella Valdrè di Guidapsicologi.it dubbi e dilemmi intorno alla bellezza, per cercare di capire come l’individuo sviluppa in sé il concetto di bellezza, come la bellezza abbia un peso sociale diverso nell’uomo e nella donna, e come la presenza massiccia delle mode e dei media, amplificata dall’avvento dei social network, tenda ad uniformare e imporre i modelli di bellezza: «Siamo nel tempo della bellezza standardizzata, della giovinezza eterna, della salute ad ogni costo». È sempre più difficile smarcarsi dai modelli imposti, soprattutto per i più giovani, che a fatica riescono a strutturare un’identità propria, senza correre il rischio di venire bullizzati o emarginati.

In che modo un individuo sviluppa in sé il concetto di bellezza?

«È un tema molto complesso, e sul quale non vi sono certezze. Le neuroscienze sono più orientate a studiare i meccanismi cerebrali che ci portano a preferire il bello e a ricercarlo fin da bambini; secondo l’evoluzionismo viene selezionato ad esempio un partner più bello perché garantirebbe una specie migliore, e via dicendo… Ma a noi interessa fare delle ipotesi sullo sviluppo psicologico del senso estetico, o senso della bellezza. Intanto bisogna dire che esso è enormemente soggettivo, benché esistano (forse) dei criteri di ‘oggettività’ che spesso gli artisti, fin dall’antica Grecia, hanno cercato di individuare, come caratteristiche di armonia in un volto o in un corpo.

Ma tuttavia ciascuno di noi sviluppa un senso personale del bello, che spesso si associa al buono. Il senso della bellezza, come ogni cosa, nasce nella prima infanzia, strettamente legato al rapporto con la madre, anzi si può dire con il seno. Il seno che nutre dà piacere, e l’anelito verso di esso, verso la ripetizione di questo piacere, è per Freud qualcosa di simile alla bellezza: ciò che dà piacere, è dunque quello che in futuro diventerà il senso della bellezza. Poiché nessun piacere è mai del tutto esaustivo ed esauribile, va da sé che anche la bellezza è una tensione, è un senso di mancanza: cerco in te (in origine la madre, poi i suoi sostituti) quello che manca a me, e questo è il bello. La soggettività del senso della bellezza è dunque dovuta al fatto che le nostre esperienze infantili rispetto al piacere e al rapporto con i primi oggetti d’amore, i genitori, sono diverse per ognuno di noi.

È infine probabile che vi sia nell’essere umano qualcosa di innato nel sentire la bellezza, poiché si è visto che anche bambini molto piccoli sono più propensi a sorridere di fronte ad un volto bello e armonico che ad uno brutto. Nel seguito dello sviluppo, poi, molta importanza avranno i gusti e le inclinazioni dei genitori, del proprio gruppo etnico e culturale, della società nel suo insieme.»

Uomo-donna. Come cambia il peso sociale dell’aspetto fisico

Vi è una discrepanza riguardo alla bellezza che si presenta a tutti i livelli nella società attuale. Alla donna è richiesto compiere con standard di perfezione elevati. Non mancano le offerte di lavoro in cui la ricerca di profili femminili viene accompagnata dalla celebre dicitura “bella presenza”, requisito che per i colleghi di sesso maschile non viene richiesto con la stessa frequenza.

Osserva la dott.sa Valdré: «Come tutti possiamo constatare, il peso sociale sull’uomo e sulla donna è molto diverso, a danno della donna. Basti guardare il mondo del cinema: attori non belli, o grassi, trovano delle parti adatte a loro (si pensi in Italia al nostro simpatico Battiston), ma non è lo stesso per le donne, che vengono escluse sia per età, sia se non sono più belle nel senso giovanile del termine, soprattutto nel cinema hollywoodiano. Cito il cinema perché è un importante specchio della società e dei suoi ideali.

Anche nel linguaggio comune, un uomo non bello può essere ‘affascinante’, o se ne valuta lo status sociale e il potere, può essere anche vecchio e ancora attraente se possiede queste caratteristiche, mentre per la valutazione della donna status e potere non sono considerati elementi di attratibilità, anzi è quasi vero il contrario. »

Un esempio fra tutti? «Il “fat shame” (vergogna dell’esser grassi), che è oggi forse il tabù più violento riguardo i canoni di bellezza, colpisce più le donne degli uomini: ad una donna si perdona poco sia di invecchiare, sia di ingrassare. Infatti la chirurgia estetica è territorio quasi esclusivamente femminile. Se sia sempre stato così, non saprei dire; ma certo oggi la pressione è maggiore.»

La tendenza a omogeneizzare i canoni di bellezza è riconducibile alla tendenza della società a uniformarsi rispetto alle mode?

«Proseguo la fine della precedente risposta. Possiamo dire di sì, benché ogni società abbia avuto i suoi modelli di bellezza, diversi nel tempo (pensiamo alle rotonde donne del Botticelli che oggi sarebbero considerate obese), la presenza massiccia delle mode e dei media, amplificata da quando ci sono i social, tende ad uniformare ed imporre i modelli di bellezza.»

Possiamo affermare che l‘insieme di mode, media e social network abbiano contribuito ad accentuare il fenomeno proprio di ogni epoca di generare modelli di bellezza?

«Mai come oggi, i volti delle presentatrici tv o delle attrici e modelle sembrano tutti uguali; belli, perfetti, ma uguali. Siamo nel tempo della bellezza standardizzata, della giovinezza eterna, della salute ad ogni costo. Questo non giova soprattutto agli adolescenti e alle giovani generazioni, che faticano a trovare un loro personale ideale, e rischiano di venire bullizzati o emarginati se non si uniformano. Kant diceva che la bellezza è inutile, e il nostro tempo sembra dargli ragione».