Caso Pilarski: animalisti chiedono liberazione del cane Curtis


Elisa Pilarski, 29 anni e al sesto mese di gravidanza, fu sbranata nella foresta di Retz. Animalisti chiedono la liberazione del suo cane Curtis

Caso Pilarsky: animalisti chiedono liberazione del cane Curtis

“Salvare la vita del cane Curtis” e “fare chiarezza” sulle responsabilità della terribile morte di Elisa Pilarski. Lo chiedono l’Ente nazionale per la Protezione degli Animali e la Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente in una lettera all’ambasciatore francese in Italia firmata dai presidenti Massimo Pigoni e Michela Vittoria Brambilla, destinatari di molti appelli su un caso che ha avuto eco anche fuori dai confini francesi.

I fatti risalgono al 16 novembre 2019. La vittima è una donna di 29 anni, Elisa Pilarski, al sesto mese di gravidanza. “Mentre passeggiava nei boschi accompagnata dal suo fedele compagno Curtis, uno staffordshire americano, nella foresta di Retz, 80 chilometri a Nordest di Parigi, – ricorda la lettera – Elisa ha perduto la vita per dissanguamento a causa delle numerose ferite riportate da morsi di animali. Nell’area si teneva una battuta di “chasse à courre”, caccia al cervo, con decine di bracchi”. Risulterebbe che la donna avesse telefonato al compagno dicendo che era impaurita perché circondata da molti cani. Il compagno, arrivato sul posto ha visto venire verso di lui circa trenta cani e ha fatto marcia indietro. Seguendo i latrati dell’animale della compagna è riuscito a trovarla. La povera Elisa, già morta, aveva i vestiti stracciati, presentava molte ferite da morso di cane; lo stesso Curtis presentava molte ferite anche alla testa. Sembrerebbe, inoltre, che alla battuta di caccia partecipasse il comandante del gruppo dipartimentale della gendarmeria dell’Aisne, il tenente colonnello Jean-Charles. Attualmente il cane è sotto sequestro, in canile da dieci mesi, e rischia di essere eutanasizzato. I cacciatori infatti lo accusano della morte di Elisa adducendo la “pericolosità della razza” e segni di aggressività dopo il fatto (ben spiegabili con il trauma subito e mesi di detenzione nell’isolamento di un canile). Compagno e parenti della vittima escludono che la morte di Elisa Pilarski possa esser stata provocata da Curtis, che anzi l’avrebbe difesa, e logicamente puntano l’indice contro la muta di cani dei cacciatori. Si attendono lumi dagli esami del DNA eseguiti su Curtis e su decine di cani da caccia. I risultati saranno resi noti a fine agosto, circa 9 mesi dopo la tragedia.

“Sono molti, troppi – ricordano il vicepresidente Enpa e la presidente Leidaa – gli interrogativi e le criticità sulla dinamica dell’evento. Dal semplice esame dei fatti, come sopra riportati e così appresi dalla stampa, non si ravvisa alcuna responsabilità del cane Curtis. Anzi, il medesimo sembrerebbe essere anch’esso vittima di aggressione: non si comprende, altrimenti, come mai presentasse ferite alla testa. Inoltre, la povera Elisa aveva chiamato il compagno allarmata dalla presenza di molti cani che la circondavano e non ha fatto minima menzione di comportamenti aggressivi del proprio cane (peraltro la donna era una esperta cinofila e possedeva cinque cani, sapendo bene quando valutare una situazione allarmante e pericolosa). Senza contare che lo stesso compagno della vittima ha constatato la presenza minacciosa di circa trenta cani e che le ferite riportate dalla donna erano numerosissime ed aveva le vesti stracciate: difficilmente opera di un solo cane. L’Oise Hebdo ha ricordato che sabato 16 novembre si era parlato di un test del DNA sui 92 cani ma poi, il Lunedì 18 novembre i media hanno parlato di 62 cani e 5 da Elisa. Sull’esame del DNA va considerato che Curtis era il cane della povera Elisa ed è ovvio che tracce del medesimo animale si possano trovare sul corpo della vittima. Inoltre, il cane Curtis ha tentato di salvare la vita alla padrona contrattaccando i cani inferociti e ripotando lesioni, ne discende che tracce fisiologiche di Curtis possono essere state agevolmente portate dalla bocca degli altri cani che hanno prima morso Curtis e poi si sono avventati sul corpo della donna”.

Alla luce di questi dubbi e criticità, concludono Pigoni e Brambilla, “deve ritenersi insostenibile l’accusa al povero cane Curtis che, quindi, dovrà essere dissequestrato e restituito al proprietario”. Anche se fosse dichiarato “colpevole” (ma non si vede perché) “la vita dell’animale dovrà essere risparmiata ed, eventualmente, affidato ad una struttura per il recupero e, laddove non fosse possibile, bisognerà provvedere al contenimento dell’animale in vita”.