Svelata sensibilità fotorecettori a stimoli meccanici


Non solo luce: svelata la sensibilità dei fotorecettori a stimoli meccanici. Il lavoro è stato pubblicato su PLOS Biology

“Credevamo di sapere quasi tutto sui fotorecettori, ma abbiamo dimostrato che non è così”. Con queste parole Vincent Torre, professore di neurobiologia alla Sissa, commenta i risultati di un nuovo studio di ricercatori dell’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iom), della Sissa e dell’Australian National University che, grazie a un approccio multidisciplinare e all’uso di “optical tweezers”, anche noti come “pinzette ottiche”, rivela per la prima volta la sensibilità delle cellule nervose presenti sulla retina a stimoli di tipo meccanico e apre nuovi interrogativi sul loro funzionamento. Il lavoro è stato pubblicato su PLOS Biology.

Coni e bastoncelli, anche noti come fotorecettori. È grazie a loro che la luce che arriva nei nostri occhi si trasforma in informazione. Si tratta di cellule dalla forma caratteristica, come i nomi fanno intuire, tra loro complementari. Se i coni sono principalmente coinvolti nella visione diurna e nel riconoscimento dei colori, i bastoncelli sono invece molto sensibili alla luce e consentono di vedere anche in condizioni di bassa luminosità. I meccanismi di trasduzione dei segnali luminosi erano noti da tempo, ma lo sviluppo di nuove metodologie sperimentali ispirate alla nanotecnologia ha permesso al gruppo di ricercatori di capire meglio la complessità del loro funzionamento.

Gli studiosi hanno in particolare indagato la sensibilità meccanica dei bastoncelli di rana utilizzando gli “optical tweezers”. “Questa tecnica altamente innovativa sfrutta un fascio laser infrarosso per intrappolare particelle di dimensioni piccolissime e manipolare con estrema precisione sistemi biologici senza danneggiarli” spiega Dan Cojoc, responsabile dell’Optical Manipulation Laboratory di Cnr-Iom. I ricercatori hanno così applicato delle lievi pressioni sulla superficie dei bastoncelli isolati e hanno monitorato la risposta con tecniche di “calcium imaging”, in grado di rilevare la concentrazione di calcio nella cellula attraverso la presenza di molecole fluorescenti. Hanno così osservato consistenti variazioni di fluorescenza dimostrando un’inaspettata sensibilità dei fotorecettori agli stimoli meccanici.

A conferma di questa interpretazione il team di ricerca, di cui facevano parte gli studenti di dottorato della Sissa Ulisse Bocchero, Fabio Falleroni, Simone Mortal e Yunzhen Li, ha appurato la presenza nei fotorecettori di specifiche molecole sensibili alla sollecitazione meccanica. I ricercatori hanno infatti riscontrato una variazione dell’attività elettrica in presenza di sostanze in grado di bloccare la funzionalità di alcune di queste molecole meccano-sensibili. Hanno poi analizzato la loro distribuzione nella retina grazie a specifici marcatori fluorescenti. Infine gli scienziati hanno dimostrato l’esistenza nei vertebrati di un’associazione tra i geni collegati al processo di fototrasduzione e alcuni geni collegati invece alla trasduzione meccanica.

Quali sono gli stimoli meccanici fisiologici in grado di attivare i fotorecettori? “È ancora una domanda aperta”, risponde Torre. “Grazie agli optical tweezers abbiamo dimostrato la sensibilità dei bastoncelli a stimoli meccanici. Ma abbiamo anche potuto osservare una riduzione della lunghezza del loro segmento esterno quando sottoposto a flash luminosi particolarmente intensi, un fenomeno noto come fototropismo. In situazioni come queste è più che plausibile pensare che intervengano stimolazioni di tipo meccanico”.

Indubbiamente sono ancora molti i passaggi da comprendere: “Riteniamo che una sensibilità a stimoli meccanici sia necessaria per garantire sia l’integrità cellulare che il funzionamento ottimale della fototrasduzione” conclude Torre. “Ancora una volta la biologia dimostra che c’è sempre una complessità maggiore ed è incredibile come lo sviluppo di nuove tecnologie ci permetta di scoprire continuamente cose nuove”. 

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