Metal detector e distubatori contro i cellulari in carcere


Metal detector e “distubatori”: così la Polizia dà la caccia ai cellulari engtrati illegalmente in carcere. Il fenomeno è diffuso da Nord a Sud

Metal detector e "distubatori": così la Polizia dà la caccia ai cellulari engtrati illegalmente in carcere. Il fenomeno è diffuso da Nord a Sud

Metal detector e scanner ai raggi ‘x’, dispositivi in grado di rilevare la presenza di telefoni accesi, ma anche apparecchi ‘disturbatori’, che impediscono la ricezione di messaggi e altre comunicazioni tramite telefono. Il ministero della Giustizia dichiara guerra all’introduzione degli smartphone nelle carceri e fornisce alla Polizia penitenziaria una serie di strumenti tecnologici per dare la caccia ai cellulari che vengono introdotti in modo illegale nelle strutture detentive. Un fenomeno che, ahimè, continua a essere molto diffuso, basti pensare che nel 2019 ne sono stati trovati 1.886 e nella prima metà del 2020 (dati al 20 giugno) già 1.091. Addirittura a Secondigliano, nell’aprile scorso, la Polizia ha bloccato un drone che stava entrando nel cortile del carcere con a bordo sei telefoni cellulari e relative tessere Sim e caricabatterie.

A parlare del tema è stato ieri mattina il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Andrea Giorgis, che alla Camera ha risposto a due interrogazioni parlamentari presentate sull’argomento da Marco Silvestroni (Fdi) e da Stefania Ascari e Sabrina De Carlo (M5s). Il fenomeno dell’introduzione illecita di telefoni cellulari è diffuso nelle carceri di tutta Italia, dal Nord al Sud. I telefonivengono utilizzati per comunicare con l’esterno (grave soprattutto in caso di detenuti rinchiusi in regime di 41 bis) oppure anche per organizzare rivolte o proteste in carcere, come è successo di recente. I numeri parlano da soli.

I CASI RECENTI DI TELEFONI IN CELLA

Per citare qualche episodio segnalato dai deputati al sottosegretario, nel carcere di Velletri ne sono stati scoperti 15 nel corso del 2019 e 11 al 22 giugno del 2020. Nel carcere di Parma, il detenuto Giuseppe Gallo, detto “Peppe ‘o pazzo”, ristretto in regime di 41-bis, nel dicembre del 2019 fu trovato con tre cellulari di cui faceva uso. Telefoni giravano anche ad Avellino, dove alcuni detenuti pubblicarono su un social network immagini scattate all’interno delle celle. A maggio 2020, ancora, “all’interno del carcere di Dozza di Bologna un avvocato fu fermato mentre cercava di consegnare a un detenuto due smartphone completi di Sim e caricabatterie”. Infine poi c’è la clamorosa vicenda del drone dell’aprile 2020, “bloccato dalla polizia penitenziaria all’interno del cortile del carcere”: aveva a bordo sei cellulari e relative Sim card e caricabatterie.

Il sottosegretario Giorgis, nel rispondere ai deputati, ricorda che “la polizia penitenziaria quotidianamente svolge opera di vigilanza per evitare che i detenuti ricevano ovvero utilizzino all’interno degli istituti oggetti non consentiti”. Ma spiega anche che il ministero ha acquistato (e distribuito ai provveditorati regionali) apparecchiature sofisticate proprio per contrastare il fenomeno.

IN ARRIVO RILEVATORI E ANCHE DISTURBATORI

Ecco quali: “200 rilevatori portatili di dispositivi elettronici a breve distanza di telefonia cellulare e dispositivi Bluetooth in grado di rilevare qualunque componente elettronico, anche circuiti stampati, tipo Sim card telefoniche, oltre che metalli classici e cacciaviti o utensili di piccole dimensioni; 65 rilevatori portatili di telefoni cellulari in grado di rilevare telefonate o invio di messaggi in corso (in particolare, rilevano trasmissioni nelle seguente bande: GSM, 3G, 4G, LTE, Bluetooth e WiFi, a distanza, che variano in base alla tipologia della struttura); 40 disturbatori elettronici jammer usati di volta in volta in base alle necessità negli istituti penitenziari presenti nel territorio italiano”.

Lo ‘jammer’, spiega ancora il sottosegretario,  “è uno strumento utilizzato per impedire ai telefoni cellulari di ricevere o trasmettere comunicazioni. Tali apparecchiature sono utilizzate principalmente in luoghi ove l’uso dei cellulari o di comandi a distanza su frequenza possono rappresentare un immediato pericolo. Le leggi italiane e di molti Paesi europei ne consentono l’uso solo alle Forze di Polizia”.

METAL DETECTOR E RAGGI ‘X’ PER CONTROLLARE I BAGAGLI

Nelle carceri italiane, spiega la Dire (www.dire.it), sono stati distribuito anche, con priorità verso le strutture prive di strumenti o con dispositivi malfunzionanti, “ulteriori apparecchiature elettroniche, ovvero: 40 metal detector a portale in grado di intercettare armi da fuoco, armi bianche, ispezionando in modo rapido le persone in transito negli istituti penitenziari; 90 apparecchiature a raggi X per il controllo dei pacchi. Tali apparecchiature, di ridotte dimensioni, a tecnologia avanzata, sono ubicate in genere presso le portinerie degli istituti, e permettono indagini su valigie, bagagli, pacchi, consentendo di rilevare oggetti non consentiti, dispositivi d’innesco, oggetti pericolosi, compresi i telefoni cellulari ed apparecchiature elettroniche”.

I deputati avevano anche domandato se il ministero ragionasse su eventuali interventi di natura normativa volti a contrastare la condotta di introduzione e utilizzo illecito di apparecchi di telefonia. Giorgis ha ricordato che l’agevolazione di strumenti di comunicazione ai detenuti sottoposti al regime 41 bis è punito dall’articolo 391-bis del codice penale, punito con la reclusione da uno a quattro anni, ovvero da due a cinque anni laddove la condotta sia tenuta da pubblico ufficiale ovvero da esercente la professione forense.

AL LAVORO UN POOL DI ESPERTI

Il dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, fa inoltre sapere Giorgis, ha creato uno specifico gruppo di lavoro composto da personale in servizio presso la direzione generale del personale e delle risorse, la direzione generale detenuti e del trattamento e la direzione generale della formazione, “volto proprio ad analizzare la problematica in argomento e a incrementare lo standard delle misure da adottare, sia dal punto di vista tecnologico che organizzativo per un’efficace prevenzione e neutralizzazione del fenomeno. Le attività sono in corso”.