Il Cnr monitora la salute dei boschi lucani


Il Cnr monitora la salute dei boschi lucani

Nei giorni scorsi è partita la prima campagna di rilievi sui boschi lucani, prevista nell’ambito del progetto Pon “OT4CLIMA” (Sviluppo di tecnologie innovative di Osservazione della Terra per lo studio del Cambiamento cLimatico e dei suoi IMpatti su Ambiente e territorio), finanziato dal Ministero della Ricerca nell’ambito del Programma Nazionale della Ricerca, Ricerca&Innovazione 2014-2020 e coordinato dal Consiglio nazionale delle ricerche.

Il progetto intende studiare i diversi impatti a scala locale e regionale dei cambiamenti climatici attraverso lo sviluppo e l’impiego di tecnologie e metodologie innovative di Osservazione della Terra, con un approccio fortemente multi-disciplinare e con una spiccata collaborazione tra ricerca e impresa: responsabile scientifico è Nicola Pergola, dirigente di ricerca dell’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale (Cnr-Imaa).

La campagna di misura – che interesserà il bosco di San Paolo Albanese, ai confini dell’areale del Parco del Pollino – ha lo scopo di raccogliere dati di parametri eco-fisiologici per validare e calibrare indici vegetazionali innovativi, ricavabili da osservazioni satellitari, per poter migliorare il monitoraggio da remoto delle aree forestali caratterizzate da stress legati ai cambiamenti climatici. In particolare, verrà investigato un alto-fusto coetaneo di farnetto (Quercus frainetto), interessato a partire dagli inizi del 2000 da fenomeni estesi di declino e mortalità delle piante causati da eventi climatici estremi. Il farnetto è una specie endemica di grande interesse naturalistico, e riconosciuto come Habitat 9280 nell’ambito di Rete Natura 2000.

Strumentazione aviotrasportata, droni, sistemi satellitari e apparati di misura in sito saranno dispiegati contemporaneamente per raccogliere informazioni dettagliate sullo stato di salute delle piante del bosco, attraverso un innovativo approccio multidisciplinare: una valutazione a 360° su aree test a scala sub-regionale che coinvolge diversi ambiti di ricerca. Si prevede, infatti, il confronto tra misure in situ di potenzialità fotosintetica, dati da satellite (dall’utilizzo di indici legati all’emissività e alla temperatura superficiale all’integrazione con misure in banda ottica e SAR) e rilevazioni da aereo.

Diversi i soggetti coinvolti, con ricercatori provenienti da tutta Italia: Università degli Studi della Basilicata, Università degli Studi di Trento e Consiglio nazionale delle ricerche, che parteciperà anche con l’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri (Cnr-Iret), Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo (Cnr-Isafom), Istituto nazionale di ottica (Cnr-Ino) e Istituto per la bioeconomia (Cnr-Ibe).

“La validazione “in campo” di una metodologia innovativa permetterà di migliorare la capacità di rispondere adeguatamente ad eventi estremi legati al cambiamento climatico e di potenziare le attuali strategie di monitoraggio, su più ampia scala, dei popolamenti forestali interessati da fenomeni di declino e mortalità”, ha dichiarato il prof. Francesco Ripullone, docente della Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali dell’Università della Basilicata e coordinatore, insieme al Prof. Guido Masiello (UNIBAS – Scuola di Ingegneria) della campagna di misura.

Dettaglio delle attività

Nelle ultime decadi è stato riportato un aumento progressivo della vulnerabilità degli ecosistemi forestali, con diverse segnalazioni di declino e deperimento in ogni parte del mondo, inclusa l’area Mediterranea. Per monitorare da remoto le foreste sottoposte a stress climatici si utilizzano numerosi indici vegetazionali, il più utilizzato dei quali è sicuramenti l’NDVI. Per evidenziare la capacità di monitoraggio di detti indici, è importante individuare siti di misura che mostrino evidenti segni di stress vegetativo e seguire tali manifestazioni in almeno due periodi dell’anno: fase di pieno stress (alle nostre latitudini, l’estate) e fase di recovery (primavera).

L’area individuata rientra nel bosco di San Paolo Albanese, in località Capillo: si tratta di un altofusto coetaneo di farnetto (Quercus frainetto), interessato a partire dagli inizi del 2000 da fenomeni estesi di declino. Le attività prevedono il campionamento di coppie di individui contigui, tenendo conto di due categorie sintomatiche principali (deperiente/non deperiente).

Il monitoraggio dei parametri eco-fisiologici, misurati a livello fogliare e derivati dall’analisi della fluorescenza della clorofilla, del contenuto dei pigmenti fotosintetici (clorofille) e degli scambi gassosi, permetterà di disporre di dati rilevati a terra, legati all’andamento stagionale dell’attività vegetativa. Gli isotopi stabili di carbonio e ossigeno forniranno ulteriori informazioni sulle limitazioni stomatiche e non-stomatiche della fotosintesi, sulle interazioni pianta-ambiente e sull’efficienza d’uso idrico, consentendo di integrare i risultati ottenuti tramite le misure di campo non-distruttive. È prevista, inoltre, la misura del potenziale idrico fogliare in diversi momenti della giornata, al fine di evidenziare il livello di stress vegetativo raggiunto dalle piante. Alla fine della stagione vegetativa, su un congruo numero di piante verranno prelevate carote legnose per studiare l’effetto dello stress idrico sulla crescita delle piante: lo studio infatti degli anelli di accrescimento annuale come ‘archivio degli effetti degli agenti stressogeni’ fornirà informazioni sulle risposte della vegetazione.

I risultati ottenuti permetteranno di validare in situ i dati spettrali rilevati e porre le basi per l’ottenimento di nuovi indici che considerano anche parametri come l’emissività delle superfici nell’infrarosso termico e la temperatura superficiale del terreno. Queste informazioni risulteranno molto utili al fine di poter garantire la tutela delle aree forestali mediterranee, considerato l’elevato valore ambientale di questi ecosistemi.