Sindrome coronarica acuta, prasugrel ok per anziani


Sindrome coronarica acuta, prasugrel a metà dose efficace e sicuro nei pazienti anziani o a basso peso secondo i dati di un nuovo studio

Sindrome coronarica acuta, prasugrel a metà dose efficace e sicuro nei pazienti anziani o a basso peso secondo i dati di un nuovo studio

Un’analisi per sottogruppi dello studio ISAR-REACT 5, che ha confrontato prasugrel e ticagrelor in pazienti affetti da sindrome coronarica acuta (ACS) gestiti con un approccio invasivo, mostra che l’uso di una dose dimezzata di prasugrel in pazienti più anziani o a basso peso conserva la capacità del farmaco di prevenire gli eventi ischemici evitando il sanguinamento in eccesso. I risultati sono stati pubblicati sugli “Annals of Internal Medicine”.

Nei pazienti di età pari o superiore a 75 anni o che pesavano meno di 60 kg, il tasso dell’endpoint composito primario di morte, infarto miocardico (IM) o ictus a 1 anno era del 12,7% con prasugrel a dose ridotta e del 14,6% con ticagrelor a dose standard (HR 0,82; IC al 95% 0,60-1,14). I tassi di sanguinamento BARC di tipo da 3 a 5 sono stati rispettivamente dell’8,1% e del 10,6% (HR 0,72; IC al 95% 0,46-1,12), riportano l’autore principale Maurizio Menichelli, dell’Ospedale Fabrizio  Spaziani di Frosinone e colleghi.

Tra i pazienti che non rientravano in una di queste categorie, prasugrel a dose piena era più efficace nel prevenire eventi ischemici rispetto a ticagrelor (4,8% vs 7,3%; HR 0,65; IC al 95% 0,48-0,88), senza alcuna differenza nel sanguinamento maggiore (3,7% vs 3,8%; HR 0,98; IC al 95% 0,65-1,47).

Alla base i confronti indiretti tra gli studi PLATO e TRITON-TIMI 38
Ticagrelor ha ottenuto una maggiore accettazione nella pratica clinica rispetto a prasugrel, basato almeno in parte su problemi di sicurezza derivanti da confronti indiretti effettuati tra gli studi PLATO e TRITON-TIMI 38, che hanno stabilito il vantaggio di due inibitori P2Y12 rispetto a clopidogrel nei pazienti sottoposti a intervento coronarico percutaneo (PCI).

Nel TRITON-TIMI 38, nessun beneficio clinico netto è stato visto per prasugrel su clopidogrel in pazienti di età pari o superiore a 75 anni a causa di un aumento del rischio di sanguinamento intracranico e fatale; un eccesso di rischio di sanguinamento è stato osservato anche nei pazienti più giovani con basso peso corporeo.

Dopo lo studio, la Food and Drug Administration degli Stati Uniti ha avvertito di un aumento dei rischi di sanguinamento e successivamente – in queste categorie di pazienti – è stata raccomandata una ridotta dose di mantenimento di prasugrel 5 mg. D’altra parte, un’analisi per sottogruppi del PLATO aveva mostrato che l’efficacia e la sicurezza del ticagrelor rispetto a clopidogrel non era influenzata dall’età del paziente.

Lo studio ISAR-REACT 5, condotto in 23 centri in Germania e in Italia, ha confrontato i due farmaci testa a testa, dimostrando che, contrariamente alla credenza prevalente basata su confronti indiretti, prasugrel era più efficace di ticagrelor nel prevenire la morte, l’IM o l’ictus senza aumentare il rischio di sanguinamento maggiore. Una dose dimezzata di prasugrel è stata utilizzata nei pazienti più anziani e in quelli con basso peso corporeo.

«Lo studio complessivo ha già indicato la superiorità di prasugrel su ticagrelor» scrivono gli autori «e questo attuale sottostudio è il primo confronto dei due farmaci in queste categorie ad alto rischio, eliminando le preoccupazioni circa l’uso di prasugrel se usato a una dose ridotta».

«Queste evidenze rendono le cose più facili. Basta usare prasugrel nelle ACS indipendentemente dall’età del paziente e dal peso del paziente se si riduce la dose in questa categoria di pazienti» specificano.

Le specificità della sottopopolazione esaminata
Questa sottoanalisi  di ISAR-REACT 5 ha confermato che i pazienti che erano più anziani o avevano un basso peso corporeo – circa il 27% dell’intera popolazione di studio – avevano aumentati rischi di eventi ischemici ed emorragici rispetto al resto dei pazienti, non importa quale inibitore P2Y12 avessero ricevuto, sottolineano gli autori.

I risultati suggeriscono anche che il regime con prasugrel a dose ridotta utilizzato nello studio in questi pazienti ad alto rischio spiega il tasso di complicanze emorragiche «inferiore al previsto» rilevato nell’intero braccio prasugrel, spiegano Menichelli e colleghi.

Infatti, in un’analisi di sensibilità che ha valuta il rischio di tutte le emorragie BARC di tipo da 1 a 5, c’era un rischio numericamente inferiore con prasugrel contro ticagrelor nei pazienti più anziani e a basso peso (29,5% vs 32,9%) ma un rischio numericamente maggiore con prasugrel nel resto dei pazienti (19,8% vs 16,5%).

«Così, l’adattamento della dose di prasugrel basata sull’età e sul peso può almeno in parte spiegare perché prasugrel non ha aumentato il rischio di sanguinamento in tutta la popolazione, anche se ha ridotto significativamente le complicanze ischemiche rispetto al ticagrelor nello studio ISAR-REACT 5» scrivono gli autori.

«Un’ulteriore spiegazione potrebbe essere che la dose di carico di prasugrel è stata somministrata per la prima volta dopo l’angiografia diagnostica nella maggior parte dei partecipanti allo studio, mentre il ticagrelor è sempre stato somministrato sotto forma di precarico. Questo potrebbe aver avuto un effetto differenziale sull’immediato sanguinamento postprocedurale, che è un importante contributo all’incidenza complessiva del sanguinamento» aggiungono.

Riconoscono, tuttavia, che queste analisi dei sottogruppi sono state sottoalimentate per i risultati di efficacia o sicurezza, pertanto i risultati «dovrebbero essere considerati esplorativi e generatori di ipotesi».

Risultati smentiti dallo studio testa a testa
Questa  sottoanalisi  «conferma l’algoritmo di riduzione della dose di prasugrel a 5 mg al giorno» nei pazienti più anziani e in quelli con basso peso corporeo, commentano David Conen e P.J. Devereaux, entrambi della Population Health Research Institute e McMaster University, Hamilton (Canada), in un editoriale di accompagnamento.

ISAR-REACT 5, proseguono, è «uno dei pochi studi randomizzati prospettici che hanno effettivamente utilizzato tale schema dopo che lo studio randomizzato iniziale aveva suggerito un aumentato rischio di sanguinamento in quella popolazione». Esistono limitazioni alle analisi dei sottogruppi, aggiunono, «ma questo non indica alcun problema nell’utilizzo di tale dosaggio specifico in questi sottogruppi».

Lo studio evidenzia anche che in questi pazienti anziani e sottopeso, i tassi di eventi sono ancora molto più alti rispetto a coloro che non sono anziani e sono normopeso» scrivono gli editorialisti. Ma soprattutto, «si evidenzia davvero l’importanza di grandi studi testa a testa, ben alimentati» aggiungono, facendo notare che l’uso del prasugrel è diminuito così tanto sulla base di preoccupazioni di sicurezza derivanti da confronti indiretti con il ticagrelor da essere stato ritirato dal mercato in alcuni paesi.

Questo confronto diretto «mostra che prasugrel non è così pericoloso come  si era supposto e sembra essere abbastanza sicuro quando usato correttamente» evidenziano Conen e Devereaux. «Dovremmo davvero sostenere confronti diretti, grandi studi ben alimentati che forniscano davvero una risposta chiara. Pensiamo che questo sia il principale contributo di ISAR-REACT 5: che ha fornito una risposta a una domanda clinica importante» concludono.