Disfunzione erettile: la gotta aumenta il rischio


I pazienti con gotta presenterebbero un rischio maggiore di insorgenza di disfunzione erettile (DE) rispetto alla popolazione generale

I pazienti con gotta presenterebbero un rischio maggiore di insorgenza di disfunzione erettile (DE) rispetto alla popolazione generale

Stando ai risultati di una rassegna sistematica della letteratura con annessa metanalisi, pubblicata su Rheumatology International, i pazienti con gotta presenterebbero un rischio maggiore di insorgenza di disfunzione erettile (DE) rispetto alla popolazione generale.

Per valutare la relazione tra gotta e rischio di disfunzione erettile, i ricercatori hanno effettuato, in primo luogo, un’analisi della letteratura esistente sull’argomento mediante ricerca bibliografica condotta sui principali database biomedici in uso (Embase, Medline, Scopus, Web of Science e Cochrane), limitando la ricerca di articoli fino al mese di aprile dello scorso anno.

La ricerca bibliografica ha portato all’identificazione di 8 studi (3 cross-section e 5 di coorte), pubblicati a partire dal 2010, per un totale di 355.761 individui. Di questi, 85.067 erano affetti da gotta. Gli studi utilizzati per la metanalisi erano stati condotti in Inghilterra, a Taiwan, negli Usa e in Corea del sud.

I risultati della metanalisi hanno effettivamente rilevato che i pazienti gottosi presentavano un rischio di DE più elevato rispetto agli individui non affetti da artropatia da cristalli di acido urico (RR= 1,20; IC95%= 1,10-1,31).

Per saggiare la qualità di questi risultati, ciascuno degli studi utilizzati per la metanalisi è stato rimosso e a ciò ha fatto seguito un ricalcolo del rischio. E’ emerso che i valori di RR erano compresi nel range 1,16-1,23.
Non solo: dall’analisi per sottogruppi è emerso anche che il rischio di DE era pressochè sovrapponibile negli uomini di età inferiore o superiore ai 50 anni (RR= 1,21; IC95%= 1,10-1,34 e RR=1,20; IC95%=1,06-1,35; P <0,001 per entrambi, rispettivamente).

La metanalisi, invece, ha rilevato l’esistenza di differenze del rischio di DE in base al luogo di esecuzione degli studi utilizzati; questo è risultato significativo a Taiwan (RR=1,21; P =0,000) e in Inghilterra (RR= 1,18; P =0,01), ma non negli Usa (RR=1,72; P =0,24) o in Corea (RR=0,62; P >0,05).

Da ultimo, i ricercatori hanno osservato una variazione nel calcolo del rischio sulla base del disegno dello studio. In estrema sintesi, è emersa l’esistenza di una correlazione significativa tra il rischio elevato di DE e la gotta negli studi di coorte (RR=1,22; IC95%=1,12-1,32; P =0,000) ma non negli studio cross-section  (RR=1,34; IC95%=0,56-3,22; P =0,51).

Inoltre, non sono stati riportati bias di pubblicazione.

Tra i limiti metodologici ammessi dagli stessi autori della metanalisi si segnalano l’esistenza di possibili bias di selezione, la mancanza di informazioni sulla durata e il trattamento della gotta e il fatto che non è stata presa in considerazione la differenza di rischio di DE in relazione al tipo di gotta (acuta o cronica).

Nel complesso, al di là di questi limiti, lo studio ha chiaramente documentato che i pazienti con gotta mostrano un incremento del rischio di DE rispetto alla popolazione generale.

“I clinici che hanno a che fare con pazienti affetti da gotta non dovrebbero trascurare di chiedere anche lo stato della funzione erettile dei loro pazienti, fornendo loro terapie specifiche quando necessario”.

Andrebbe sempre ricordato, infatti, che un uomo con disfunzione erettile, anche in assenza di sintomatologia cardiaca, è un paziente cardiopatico fino a prova contraria. Inoltre, i pazienti sono spesso reticenti nel manifestare problemi relativi alla sfera sessuale. Pertanto, sarebbe opportuno che i pazienti affetti da gotta fossero sottoposti a screening per la disfunzione erettile, in quanto quest’ultima potrebbe essere spia di problemi più gravi.