Beta-talassemia, trasfusioni ridotte con luspatercept


Beta-talassemia: con luspatercept servono meno trasfusioni, a prescindere dal genotipo, secondo lo studio di fase 3 BELIEVE

Beta-talassemia: con luspatercept servono meno trasfusioni, a prescindere dal genotipo, secondo lo studio di fase 3 BELIEVE

Il trattamento con luspatercept, un farmaco che regola l’ultima fase della maturazione dei globuli rossi, riduce in modo significativo la necessità di trasfusioni di globuli rossi in ogni sottogruppo di pazienti con β-talassemia. Lo dimostrano nuovi risultati dello studio di fase 3 BELIEVE, appena presentati al congresso annuale della European Hematology Association (EHA).

«Nel gruppo trattato con luspatercept, una percentuale maggiore di pazienti ha raggiunto l’endpoint primario, cioè una riduzione pari o superiore al 33% del fabbisogno di trasfusioni di eritrociti rispetto al basale durante le settimane dalla 13 alla 24, rispetto al gruppo trattato con il placebo, e questo risultato è stato ottenuto indipendentemente dal sottotipo di β-globina» ha affermato l’autrice principale dello studio, Maria Domenica Cappellini, Professore Ordinario di Medicina Interna all’Università degli Studi di Milano, presentando i risultati al congresso.

I punti chiave dello studio BELIEVE
Patologiaβ-talassemia trasfusione-dipendente
Tipo di studioStudio multicentrico internazionale di fase 3, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo
Popolazione analizzataPazienti con β-talassemia (o Hb E/β-talassemia) che richiedevano trasfusioni regolari di globuli rossi
N. di pazienti analizzati336
Trattamento valutatoLuspatecept vs placebo, ogni 3 settimane, per almeno 48 settimane
Risultati principaliRiduzione ≥ 33%rispetto al basale del fabbisogno di trasfusioni di eritrociti nelle settimane 13-24 (con una riduzione di almeno 2 unità di eritrociti):
genotipo β0/β0: 13,2% vs 5,7%
genotipo β0/β+: 25,4% vs 3,6%
genotipo β+/β+: 27,6% vs 0,0%
HbE/β-talassemia: 19,4% vs 9,5%
Messaggio chiaveIl trattamento con luspatercept si è associato a riduzioni clinicamente significative del fabbisogno di trasfusioni di globuli rossi in ogni sottogruppo di pazienti con β-talassemia

La β -talassemia
La β-talassemia è una malattia rara del sangue causata da un difetto genetico dell’emoglobina: mutazioni che portano alla sottoregolazione (β+) o al silenziamento (β0) dell’espressione del gene della β-globina, uno dei due tipi di catene (l’altra è l’α-globina) che costituiscono l’emoglobina.

L’espressione ridotta o assente della β-globina normale si associa a un’eritropoiesi inefficace, un’anemia spesso grave e, nei pazienti che sono trasfusione-dipendenti, alla necessità di sottoporsi per tutta la vita a trasfusioni regolari e frequenti di globuli rossi.

Azione sulla fase terminale dell’eritropoiesi
Luspatercept è il capostipite di una nuova classe di farmaci, quella degli agenti della maturazione eritroide (EMA), molecole che si ritiene regolino l’ultima fase della maturazione dei globuli rossi.

«La scoperta che luspatercept può agire sull’eritropoiesi è avvenuta quasi per caso» ha spiegato Cappellini a noi di PharmaStar in un’intervista. «Era stato testato inizialmente come farmaco anti-osteoporosi e si era visto che nelle donne trattate produceva un aumento dell’emoglobina».

«In pratica, il farmaco agisce sulla fase terminale dell’eritropoiesi, a differenza dell’eritropoietina che interviene in una fase precoce del processo; in questo modo luspatercept aumenta la massa di eritrociti che arrivano a maturazione e quindi aumenta l’emoglobina e corregge l’anemia» ha aggiunto la professoressa.

Il nuovo agente è, in effetti, una proteina di fusione ricombinante che lega diversi ligandi endogeni della superfamiglia del TGF-beta, riducendo la trasduzione del segnale aberrante lungo il pathway Smad2/3 e stimolando l’ultima fase dell’eritropoiesi.

Lo studio BELIEVE
Nello studio BELIEVE (NCT02604433), un trial randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, al quale hanno partecipato 65 centri di 15 Paesi, gli autori hanno confrontato luspatercept, associato alla miglior terapia di supporto (Best Supportive Care, BSC), con la sola la BSC più un placebo.

La sperimentazione ha coinvolto 336 pazienti adulti β-talassemici di almeno 18 anni che avevano richiesto trasfusioni regolari di 6-20 unità di eritrociti nelle 24 settimane precedenti la randomizzazione e non erano rimasti senza trasfusioni per più di 35 giorni.

I partecipanti sono stati assegnati secondo un rapporto 2:1 al trattamento con luspatercept 1 mg/kg (aumentabile fino a 1,25 mg/kg) più la BSC oppure un placebo più la BSC per via sottocutanea ogni 3 settimane, per non meno di 48 settimane.

La BSC era definita come un trattamento a base di trasfusioni di globuli rossi più una terapia ferrochelante, per mantenere stabili i livelli basali di emoglobina in ciascun paziente.

L’endpoint primario del trial era rappresentato dalla risposta eritroide, definita come una riduzione di almeno il 33% del fabbisogno di trasfusioni di eritrociti (più una riduzione di almeno 2 unità di eritrociti) nelle settimane dalla 13 alla 24 rispetto al valore basale, riferito al fabbisogno trasfusionale nelle 12 settimane precedenti la randomizzazione.

L’età mediana dei partecipanti era di 30 anni (range 18-66) e il 58% del campione era di sesso femminile. Inoltre, i pazienti avevano ricevuto una mediana di sei unità di globuli rossi nelle 12 settimane prima del trattamento e il 58% dei pazienti in ciascun braccio era stato sottoposto a splenectomia.

Riduzione del fabbisogno trasfusionale in tutti i genotipi
I risultati principali dello studio sono starti pubblicati sul New England Journal of Medicine (Nejm) nel marzo scorso. Al congresso dell’EHA, la professoressa Cappellini ha presentato i risultati di un’analisi nella quale si è valutata l’associazione tra i genotipi della β-globina e la risposta a luspatercept nella popolazione dello studio BELIEVE.

Dei 336 pazienti arruolati nel trial, 103 avevano il genotipo più grave, cioè il β0/β0 (il 30,4% nel braccio luspatercept e il 31,3% nel braccio placebo), 87 il genotipo β0/β+, 84 il genotipo β+/β+, 9 avevano almeno un allele β non mutato (β/β, β+/β, β0/β) e 52 avevano una talassemia HbE/β.

Nel sottogruppo con il genotipo β0/β0, il 13,2% dei pazienti nel braccio sperimentale ha raggiunto l’endpoint primario contro il 5,7% di quelli del braccio placebo (P = 0,271). Allo stesso modo, i pazienti assegnati a luspatercept hanno avuto esiti migliori rispetto ai controlli sia nel sottogruppo con genotipo β0/β+ (rispettivamente 25,4% contro 3,6%; P = 0,015), sia in quello con genotipo β+/β+ (27,6% contro 0,0%; P = 0,004) sia nel sottogruppo con HbE/β-talassemia (19,4% contro 9,5%; P = 0,341). A titolo di confronto, nella popolazione complessiva analizzata, secondo quanto pubblicato sul Nejm, i pazienti che hanno raggiunto la risposta eritroide sono risultati il 21,4% contro 4,5% (P < 0,001).

Luspatercept si è dimostrato superiore al placebo anche quando gli autori hanno valutato la riduzione del fabbisogno trasfusionale in un qualunque periodo di 12 settimane. Infatti, i pazienti che hanno ottenuto una riduzione maggiore o uguale al 33% del carico trasfusionale in questo arco temporale stati il 70,6% nel braccio sperimentale contro il 31,4% nel braccio placebo (P < 0,001) nel sottogruppo con genotipo β0/β0, rispettivamente il 67,8% contro 35,7% (P = 0,005) nel sottogruppo con genotipo β0/β+, il 72,4% contro 26,9%(P < 0,001) nel sottogruppo con genotipo β+/β+, e il 71,0% contro 19,0% (P < 0,001) nel sottogruppo con HbE/β-talassemia.

Riduzione del carico trasfusionale duratura
I pazienti con genotipo β0/β0 che hanno raggiunto una riduzione del carico trasfusionale per un qualsiasi periodo di 24 settimane sono stati il 38,2% nel braccio trattato con luspatercept contro solo il 2,9% nel braccio di controllo (P <.001). Ancora una volta, i risultati sono stati coerenti nel sottogruppo con genotipo β0/β+ (39,0% contro 0,0%; P < 0,001), in quello con genotipo β+/β+ (46,6% contro 0,0%; P < 0,001) e nel sottogruppo con HbE/β-talassemia (38,7% contro 4,8%; P < 0,007).

«Questa sottoanalisi dello studio BELIEVE ha evidenziato riduzioni cliniche significative del carico trasfusionale che sono state mantenute per un lungo periodo di tempo, 24 settimane, in tutti i genotipi della β-globina, incluso il β0/β0, che è quello associato alla forma più grave della malattia» ha sottolineato Cappellini.

Gli sperimentatori hanno anche valutato la percentuale di pazienti che hanno ottenuto una riduzione maggiore o uguale al 50% del carico trasfusionale durante un qualunque periodo di 12 settimane e un qualunque periodo di 24 settimane. Di nuovo, in tutti i casi i pazienti che ricevevano luspatercept hanno ottenuto risultati migliori rispetto ai controlli indipendentemente dal genotipo della β-globina.

«È un risultato importante, perché mostra una risposta persistente e coerente in tutti i sottogruppi» ha sottolineato Cappellini.

Parere positivo europeo e nuovi studi in vista
Oltre che per la β-talassemia, luspatercept viene testato anche per il trattamento dell’anemia associata alla sindrome mielodisplastica nello studio registrativo di fase 3 MEDALIST.

Proprio grazie ai risultati di questo studio e dello studio BELIEVE, a inizio maggio luspatercept ha incassato il parere favorevole all’approvazione del Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell’Agenzia europea del farmaco per il trattamento dei pazienti adulti con anemia trasfusione-dipendente associata a sindromi mielodisplastiche o alla β-talassemia.

Al di là degli studi MEDALIST e BELIEVE sono in corso anche lo studio di fase 2 BEYOND (NCT03342404), nel quale si stanno valutando efficacia e sicurezza di luspatercept in pazienti con β-talassemia non trasfusione-dipendente, e uno studio di fase 2a (NCT04143724) volto a determinare sicurezza e farmacocinetica del farmaco in pazienti pediatrici con β-talassemia trasfusione-dipendente.

Inoltre, sono in corso o allo studio anche altri trial clinici in cui si vuole valutare luspatercept per patologie che vedono compromessa l’eritropoiesi, come le forme di diseritropoiesi ereditaria, più varie altre condizioni in cui questo tipo di approccio potrebbe correggere l’anemia, quali alcune malattie infiammatorie croniche, nelle quali l’anemia rappresenta un problema emergente.