Res4Africa, le rinnovabili sono questione di diritti


Res4Africa: le rinnovabili sono (anche) una questione di diritti. L’associazione fa il punto sulle esigenze energetiche dei Paesi del continente

Res4Africa, le rinnovabili sono (anche) una questione di diritti

Solo il 2% delle energie rinnovabili installate a livello mondiale negli ultimi dieci anni ha visto come protagonista l’Africa: il dato è contenuto in ‘Connecting the Dots. Why Only 2% of Global RE in Africa?’, sviluppato da Res4Africa (Renewable Energy Solutions for Africa) Foundation in collaborazione con Enel Green Power.

LO STUDIO SU OSTACOLI E POTENZIALE IN AFRICA 

Nella ricerca, presentata oggi, si evidenzia che l’Africa è il continente che ha vissuto il minor sviluppo nel settore delle energie rinnovabili a livello mondiale (Europa 22%, Nord America 11%, America Latina 6%, India 5%, Cina 41%, resto del mondo 13%).

La fotografia che si evince mostra un continente caratterizzato da una sostenuta crescita demografica ed economica (dal 2000: popolazione +0,5 miliardi, Pil +1,6 trilioni di dollari), particolarmente dinamica in termini di urbanizzazione (+4% all’anno di popolazione residente in zone urbane) e digitalizzazione (la popolazione che utilizza internet è passata dal 5% nel 2009 al 25% nel 2017).

Secondo gli autori della ricerca, a questa trasformazione non è però corrisposto un incremento energetico, necessario allo sviluppo produttivo. Nonostante in Africa risieda il 16% della popolazione mondiale, la domanda energetica corrisponderebbe solamente al 6%, con uno share ulteriormente inferiore (pari al 3%) se si parla di energia elettrica.

Questo esiguo consumo di energia, si legge nello studio, è legato perlopiù ad attività residenziali: meno di un quarto dei consumi è dovuto ad attività produttive, concentrate per la maggior parte in Sudafrica e nella zona settentrionale del continente.

Gli esperti evidenziano d’altra parte “un incredibile potenziale” in termini di energia pulita. “L’Africa gode di abbondanti risorse di energia rinnovabile, sempre meno costose, rappresentate per la maggior parte da bioenergia, idroelettrico, fotovoltaico ed eolico” si legge nello studio. “Questa potenziale capacità di energia rinnovabile potrebbe generare fino a 24000 TWh di elettricità ogni anno, corrispondente al 90% della produzione mondiale di elettricità nel 2018 e oltre 26 volte quella attualmente generata dal continente”.

ANTONIO CAMMISECRA: “PER ORA SOLO 2 STORIE DI SUCCESSO”

Bisogna rimuovere le barriere che negano a milioni di africani il “diritto umano” all’energia elettrica, fondamentale per l’istruzione, la sanità e altri servizi di base: lo ha sottolineato a margine del webinar Antonio Cammisecra, amministratore delegato di Enel Green Power e presidente di Res4Africa Foundation.

Secondo Cammisecra, a sud del Sahara “non è accaduto niente”. “Ci sono solo due eccezioni, il Marocco e il Sudafrica” ha detto l’amministratore delegato di Enel Green Power: “Si tratta di gocce nell’oceano; in tante capitali ancora oggi milioni di persone vedono negato il proprio diritto all’energia elettrica, fondamentale anche per l’istruzione o la sanità”.

Il manager ha denunciato che a livello internazionale su questo tema c’è “poco dibattito”. Secondo Cammisecra, le rinnovabili rappresentano invece in Africa la fonte più “economica, accessibile e sostenibile”. Scorretto allora, pur nel quadro del contrasto ai cambiamenti climatici e della lotta per la riduzione delle emissioni di CO2, pretendere di far pagare tutto il conto all’Africa. “Non mancano né i soldi né le risorse naturali né tantomeno la domanda, al contrario frustrata dalla mancanza di offerta sul mercato” ha sottolineato Cammisecra. Convinto che, invece, “uno dei problemi è uno sviluppo di progetti ancora inadeguato”.

INTERVISTA A ROBERTO VIGOTTI: “SU RINNOVABILI SERVE SALTO DI QUALITÀ”

L’Africa può fare un salto di qualità nelle rinnovabili come già avvenuto nel campo delle telecomunicazioni, con la rivoluzione dei cellulari e i servizi di “mobile banking”: così all’agenzia Dire Roberto Vigotti, segretario generale di Res4Africa Foundation.

Secondo Vigotti, “bisogna dire forte e chiaro che l’Africa può fare un salto di qualità nell’energia come ha già fatto nel campo delle telecomunicazioni, con l’uso diffuso dei cellulari e i primi servizi al mondo di mobile banking, che sono africani perché nel continente non ci sono filiali di banche“.

L’orizzonte di Res4Africa, una rete associativa fondata da Enel, Intesa San Paolo, Terna, Pwc e Siemens Gamesa, è quello di un’azione in chiave europea. “La Commissione Ue sta per scrivere una strategia per e con l’Africa” dice Vigotti, riferendo di una prossimo confronto a ottobre. “Ci hanno detto chiaramente: ‘Abbiamo bisogno di voi, che rappresentate il cuore dell’industria e degli investimenti privati e potete consigliare al meglio la politica’”.

Secondo il segretario generale della fondazione, “il problema non è la disponibilità di risorse ma il fatto che i soldi vanno in Messico, in Sudamerica o in India invece che in Africa a causa di una percezione del rischio molto forte”.

INTERVISTA A LUCA TRAINI: “CAMBIARE BUSINESS PER LE RINNOVABILI”

Solo due Paesi subsahariani su 39 possono contare su utilities dell’energia che non operano in deficit: lo sottolinea Luca Traini, senior business development and partnership officer presso Res4Africa Foundation, in un’intervista con l’agenzia Dire (www.dire.it).

Secondo Traini, a pesare è stato “un modello di business” non sostenibile. “Solo due Paesi hanno utilities che operano in profitto” sottolinea l’esperto: “Per il resto, dunque nel 95 per cento dei casi, si è in deficit a causa di staff troppo numeroso o di prezzi tariffari offerti ai clienti che non coprono i costi”. Secondo Traini, “queste problematiche fanno sì che le utilities non siano in grado di investire i propri ricavi nello sviluppo del sistema”.

Nello studio si calcola che negli ultimi dieci anni appena il 2 per cento delle rinnovabili di nuovo sviluppo hanno beneficiato l’Africa. In primo piano la differenza tra gli impegni verbali da parte dei governi e ciò che poi viene realizzato. “È facile fare annunci risonanti – sottolinea Traini – ma poi servono target concreti e regolamentazioni che spingano il mercato a muoversi”.

Nella ricerca si evidenzia che sono pochi i Paesi che hanno adottato meccanismi di supporto agli investimenti. “Chi lo ha fatto ha però raccolto i risultati” osserva l’esperto: “Penso alla regione del Nord Africa, ad esempio al Marocco, o al Sudafrica”.

Secondo Traini, a frenare le rinnovabili sono “interconnessioni limitate, scambi scarsi tra diverse regioni o insostenibilità del modello di business”.