Angioedema ereditario, dati positivi per garadacimab


Angioedema ereditario: bene in fase II garadacimab, nuovo anticorpo monoclonale. Il trattamento prevede che si darà sottocute una volta al mese

Angioedema ereditario, bene in fase II garadacimab

CSL Behring ha comunicato i risultati di uno studio clinico di fase 2 condotto con garadacimab (noto come CSL312), un anticorpo monoclonale sperimentale che agisce come inibitore del fattore XIIa (FXIIa mAb), in sviluppo come trattamento preventivo nell’angioedema ereditario (HAE).

I dati, presentati al congresso digitale 2020 dell’Accademia Europea di Allergia e di Immunologia Clinica (EAACI), hanno mostrato che lo studio ha raggiunto il suo endpoint primario, dimostrando un minor numero di attacchi rispetto al placebo nei pazienti con HAE. Le riduzioni percentuali medie di attacchi sono state dell’88,68%, del 98,94% e del 90,50% nei tre gruppi di trattamento con garadacimab – 75mg, 200mg e 600 mg sottocute (SC) – rispetto al placebo.

Lo studio ha anche mostrato che garadacimab è ben tollerato.

L’HAE è una patologia genetica rara e potenzialmente letale che provoca episodi dolorosi, debilitanti e imprevedibili di gonfiore dell’addome, della laringe, del viso e delle estremità, oltre che di altre parti del corpo. Garadacimab inibisce la proteina plasmatica FXIIa. Il FXIIa avvia la cascata di eventi che portano alla formazione di edema. Mirando specificamente al FXIIa, garadacimab può impedire l’avvio di questa cascata.

Inoltre, il mese scorso, l’Fda ha concesso la designazione di farmaco orfano a garadacimab come terapia sperimentale per la prevenzione dell’angioedema mediato dalla bradichinina, che comprende sia l’angioedema ereditario sia quello non ereditario (acquisito).
Gli attacchi di HAE possono verificarsi all’improvviso, con poco preavviso e colpiscono circa una persona su 40.000-50.000 a livello globale. Molte persone con HAE necessitano sia di trattamenti preventivi sia di terapie su richiesta (in acuto) per curare un attacco in corso; in entrambi i casi c’è necessità di dosi frequenti.

Per capire meglio il possibile ruolo del farmaco, una volta approvato, abbiamo rivolto qualche domanda alla Dr.ssa Deborah Cocorullo,  Medical Affairs Manager Specialty Products, di CSL Behring S.p.A.
 
Quali sono gli unmet medical need della patologia?
L’angioedema ereditario è una patologia la cui ezio-patogenesi non è chiara in tutti i suoi aspetti. Questo espone i pazienti ad attacchi non prevedibili altamente invalidanti, raramente preceduti da sintomi prodromici, con rischio di asfissia se è interessata la laringe. La terapia acuta degli attacchi prevede infusioni endovenose o sottocutanee, con la necessità di recarsi in pronto soccorso qualora il farmaco non sia disponibile al domicilio, e il rischio di una gestione non ottimale se non ci si rivolge a un centro di riferimento per l’angioedema ereditario. In caso di attacchi frequenti, seguire un regime di profilassi a lungo termine (LTP) rappresenta un notevole beneficio per il paziente, con una riduzione della frequenza degli attacchi e un miglioramento della qualità di vita. Tuttavia, le alternative terapeutiche attualmente in commercio per la LTP non sono ideali poiché, anche se orali, non sono adatte a tutti i pazienti e possono avere diversi effetti collaterali, oppure prevedono una somministrazione endovenosa bisettimanale poco conveniente per il paziente. Vari sono i farmaci in studio per la LTP che saranno resi prossimamente disponibili con un profilo di efficacia, sicurezza e convenienza migliori.
  
Cosa ha di diverso e di specifico questo farmaco, rispetto alle terapie esistenti? 
Rispetto alle terapie attualmente in commercio per la LTP, questo farmaco offre un’alternativa, agendo su un nuovo target che si trova a monte della cascata di attivazioni enzimatiche che portano al rilascio di un mediatore responsabile della vasodilatazione con edema. Dai risultati dello studio di fase 2, si è visto che agire su questo target è di comprovata efficacia, con una significativa riduzione della frequenza degli attacchi, oltre a essere sicuro e ben tollerato dai pazienti.

Quali sono i potenziali vantaggi del farmaco?
Si tratta di un farmaco non solo efficace, con un aumento significativo dei pazienti cosiddetti attack free (che non presentano più attacchi), ma anche estremamente conveniente grazie alla somministrazione sottocutanea che permette, dopo un training iniziale in ospedale, la gestione della somministrazione in completa autonomia da parte del paziente presso il proprio domicilio. Inoltre, la frequenza di somministrazione, a cadenza mensile, comporta un basso impatto sulla quotidianità del paziente, che può così contare su una ritrovata normalizzazione della propria vita.

Informazioni sullo studio di fase 2
Nello studio di Fase 2, un totale di 32 adulti con HAE sono stati randomizzati e hanno ricevuto garadacimab (75 mg, 200 mg o 600 mg) o placebo ogni quattro settimane per 12 settimane. I ricercatori hanno osservato quanto segue:
Meno attacchi mensili – in misura significativa – in tutti e tre i gruppi che assumevano garadacimab; i tassi medi di attacco si riducevano rispettivamente di 88,68%, 98,94% e 90,50% con garadacimab, rispetto al placebo. In particolare, i tassi di attacco mensili erano 0,48, 0,05 e 0,40 per le tre dosi di garadacimab rispetto a 4,24 per il placebo. Come confronto, i pazienti avevano manifestato un tasso medio di attacchi mensili di 5,17 prima dell’inizio dello studio.

Nel corso dello studio, gran parte dei pazienti che assumevano garadacimab erano privi di attacchi. In particolare, il 55,56%, l’87,5% e il 42,86% dei pazienti che assumevano garadacimab nei tre gruppi corrispondenti, non hanno avuto attacchi rispetto allo zero % nel gruppo placebo.

Tutti gli eventi avversi sono stati lievi o moderati, con una percentuale di pazienti che ha manifestato almeno un evento avverso correlato al trattamento (TEAE) simile in tutti i gruppi. Il TEAE più comune era un eritema nel sito di iniezione da lieve a moderato (12,5%).