Ictus ischemico: ruolo chiave dello stress ossidativo


Dopo un ictus ischemico lo stress ossidativo svolge un ruolo importante nella patogenesi della malattia di Alzheimer e delle malattie cerebrovascolari

Dopo un ictus ischemico lo stress ossidativo svolge un ruolo importante nella patogenesi della malattia di Alzheimer e delle malattie cerebrovascolari

Lo stress ossidativo svolge un ruolo importante nella patogenesi della malattia di Alzheimer (AD) e delle malattie cerebrovascolari, specie in seguito a un ictus. Ciò dovrebbe guidare gli appropriati interventi terapeutici, ma la ricerca in questo settore solo di recente sta cominciando a dare i risultati sperati. Un quadro complessivo dello stato dell’arte su questi argomenti è offerto da una review pubblicata su “CNS & Neurological Disorders – Drug Targets”.

«Attualmente ci troviamo di fronte a un’epidemia di demenza, le stime dimostrano che entro il 2050 circa 131 milioni di persone ne saranno colpite. Ogni 7 secondi in tutto il mondo a un paziente ne viene diagnosticata una forma» scrivono gli autori, Anamaria Jurcau e Aurel Simion, entrambi dell’Università di Oradea (Romania).

Poiché le forme comuni di demenza si verificano negli anziani, ritardare l’insorgenza o il peggioramento del danno cognitivo potrebbe tradursi in una significativa riduzione dell’incidenza della malattia, sottolineano. Le stime hanno dimostrato che dell’enorme numero di casi previsti entro il 2050, circa 23 milioni potrebbero essere evitati se l’insorgenza della malattia potesse essere ritardata di 2 anni.

«Nonostante l’ambizione di identificare una terapia che modifichi la malattia o una cura per la demenza entro il 2025 fissata dal vertice sulla demenza del G8 nel 2013, i risultati finora non sono stati molto incoraggianti» sottolineano.

Raddoppio di rischio di danno cognitivo in caso di stroke
«Ad oggi ci sono sempre più prove dell’associazione di fattori di rischio vascolari come l’ipertensione, alti livelli di colesterolo o diabete mellito con danno cognitivo e malattia di Alzheimer (AD). Purtroppo, la semplice gestione di questi fattori di rischio ha avuto scarso effetto nel ridurre l’incidenza della demenza» specificano.

Questi fattori, tuttavia, aumentano fortemente il rischio di un paziente di soffrire di un ictus ischemico e l’incidenza di ictus raddoppia approssimativamente il rischio di demenza. «Dallo studio di Saver pubblicato nel 2006 sappiamo che “ogni ora in cui il trattamento non riesce a verificarsi il cervello perde tanti neuroni come fa in 3,6 anni di invecchiamento normale”» ricordano.

Queste perdite neuronali si verificano attraverso la necrosi ischemica nel nucleo dell’infarto, ma possono essere prolungate fino a 2 settimane dopo l’insulto ischemico nella zona di penombra che circonda il nucleo ischemico attraverso un altro tipo di perdita cellulare, vale a dire l’apoptosi.

Il ruolo delle specie ossidative nell’avvio dell’apoptosi neuronale 
«Nell’iniziare l’apoptosi le specie ossidative hanno un ruolo importante» affermano Jurcau e Simion. «Diversi autori hanno mostrato aumenti costanti dello stress ossidativo dopo un ictus ischemico». Come gli stessi autori della revisione hanno sottolineato in uno studio precedente, lo stress ossidativo aumenta principalmente dopo l’ictus cardioembolico, seguito da ictus lacunare, con un’esplosione meno prolungata di generazione di specie ossidative a seguito di ictus trombotico.

«C’è una notevole sovrapposizione tra la patogenesi ossidativa indotta dallo stress nell’ictus ischemico e l’AD, compresa la disfunzione mitocondriale, il sovraccarico di calcio delle cellule, l’attivazione di diversi enzimi distruttivi in base all’eccesso di calcio intracellulare, una trascrizione ed espressione genica aberrante, l’induzione dell’autofagia e l’attivazione di risposte infiammatorie» precisano i ricercatori.

Nonostante i promettenti risultati delle molecole antiossidanti nei modelli animali di ictus ischemico, gli studi clinici umani sono stati deludenti, forse a causa della somministrazione tardiva e della selezione errata dei pazienti, rilevano Jurcau e Simion.

Primi risultati incoraggianti
Tuttavia, osservano, in uno studio pubblicato nel 2019 edaravone (una molecola antiossidante) dato entro 48 ore dopo la vascolarizzazione endovascolare in ictus ischemico acuto è stato associato con una maggiore indipendenza funzionale alla dimissione ospedaliera, minore mortalità intraospedaliera e riduzione dell’emorragia intracranica dopo il ricovero in uno studio che ha arruolato oltre 10.000 pazienti.

Più recentemente, aggiungono, in un rapporto presentato all’International Stroke Conference 2020, nerinetide o NA1, una molecola che riduce l’ossido nitrico endogeno (anch’esso una specie ossidativa) generato all’interno della cellula durante l’ischemia, ha migliorato il risultato dei pazienti colpiti da ictus ischemico che hanno subito una trombectomia endovascolare. Sfortunatamente, NA1 ha interagito con l’alteplasi, limitando la sua efficienza nei pazienti che erano anche trombolizzati.

«Gli antiossidanti sono stati valutati anche nelle malattie degenerative, incluso l’AD, con risultati promettenti in modelli animali, ma risultati inconcludenti negli studi clinici» aggiungono gli autori.

«Le strategie terapeutiche sono ostacolate dal duplice ruolo delle specie ossidative nell’organismo. Da un lato, l’aumento della produzione di radicali liberi dell’ossigeno contribuisce a condizioni croniche legate all’età e dall’altro, le specie ossidanti funzionano come molecole di segnalazione in percorsi critici per la sopravvivenza delle cellule» sottolineano.

Tuttavia, rilevano, sulla base delle prove convincenti dell’implicazione dello stress ossidativo nella patogenesi dell’AD e del ruolo fondamentale dei mitocondri, molecole che agiscono come antiossidanti mirati ai mitocondri mostrano promesse nei modelli animali di malattie neurogenerative, migliorano la funzione mitocondriale dopo l’ischemia coronaria/riperfusione nei ratti e alcuni sono già stati sviluppati in pazienti diabetici.

In considerazione dell’implicazione dello stress ossidativo nella genesi dell’AD, gli autori ipotizzano che con l’invecchiamento, in presenza di fattori di rischio vascolari ben consolidati, e possibilmente con un contributo genetico, l’AD si sviluppi lentamente senza compromissione cognitiva clinicamente nota.

Tuttavia, dopo un ictus, c’è un’improvvisa esplosione di stress ossidativo che accelera la patogenesi della demenza e porta a un danno cognitivo clinicamente evidente. Se questa ipotesi fosse dimostrata, la ragione per aggiungere il trattamento antiossidante nell’ictus ischemico acuto verrebbe rafforzata. «Sarebbero necessari ulteriori studi in questa direzione con lunghi periodi di follow-up. Tuttavia, tenuto conto dell’elevata incidenza e prevalenza della malattia, i risultati potrebbero essere gratificanti» concludono gli autori.