Tumore della prostata avanzato, relugolix funziona


Tumore della prostata avanzato: relugolix possibile nuovo standard per la soppressione del testosterone secondo lo studio di fase 3 HERO, presentato al meeting ASCO

Tumore della prostata avanzato: relugolix possibile nuovo standard per la soppressione del testosterone secondo lo studio di fase 3 HERO, presentato al meeting ASCO

Nei pazienti con cancro alla prostata in stadio avanzato, la terapia di deprivazione androgenica (ADT) con il farmaco sperimentale relugolix si è dimostra superiore rispetto all’ADT con leuprolide nel mantenere la soppressione del testosterone per 48 settimane, permettere un recupero più rapido del testosterone dopo l’interruzione della terapia e nell’ottenere una riduzione del 50% degli eventi avversi cardiovascolari maggiori (MACE).

È quanto emerge dai risultati dello studio di fase 3 HERO, presentato al meeting (quest’anno virtuale) dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) e pubblicato contemporaneamente sul New England Journal of Medicine.

Inoltre, relugolix ha ottenuto la castrazione già dal quarto giorno, suggerendo il potenziale di questo agente per diventare un nuovo standard per la soppressione del testosterone in questa popolazione di pazienti.

«Relugolix è un nuovo antagonista orale del recettore del GnRH che ottiene la soppressione sia dell’LH sia dell’FSH grazie al suo effetto inibitorio diretto sui recettori ipofisari del GnRH» ha spiegato in un comunicato stampa il primo firmatario dello studio, Neal D. Shore, direttore medico del Carolina Urologic Research Center di Myrtle Beach. «Questa inibizione diretta non si traduce in un aumento del testosterone. Relugolix ha il potenziale per diventare un nuovo standard per l’ADT nel carcinoma della prostata avanzato».

Relugolix: che cos’è e come agisce
Relugolix è stato sviluppato come antagonista orale, altamente selettivo, del GnRH. Il farmaco si somministra una volta al giorno e ha un’emivita effettiva di 25 ore.

Bloccando i recettori del GnRH, relugolix inibisce rapidamente il rilascio dell’LH e dell’FSH da parte dell’ipofisi, riducendo così la produzione a valle di estrogeni e progesterone dalle ovaie nelle donne e di testosterone dai testicoli negli uomini. In vari studi di fase 1 e fase 2 si è dimostrato in grado di abbassare i livelli di testosterone.

Nell’aprile 2020, Myovant, l’azienda californiana che sta sviluppando il farmaco, ha presentato alla Food and Drug Administration la domanda di registrazione per relugolix come trattamento per il carcinoma prostatico.

Lo studio HERO
HERO (NCT03085095) è uno studio multicentrico internazionale della durata di 48 settimane, randomizzato e in aperto, che ha coinvolto 934 pazienti con carcinoma prostatico avanzato, sensibile agli androgeni, assegnati in rapporto 2:1 al trattamento con relugolix 120 mg per via orale una volta al giorno, dopo una dose di carico una tantum di 360 mg, o un’iniezione di leuprolide acetato ogni 3 mesi.

L’endpoint primario dello studio era il raggiungimento e il mantenimento della soppressione dei livelli di testosterone nel siero a livelli di castrazione (< 50 ng/dl) per 48 settimane. Gli endpoint secondari principali comprendevano i tassi di castrazione al giorno 4, i tassi di castrazione profonda (< 20 ng/dl) al giorno 4 e al giorno 15, il tasso di risposta del PSA il giorno 15 e i livelli di FSH alla settimana 25. In un sottogruppo di 184 pazienti gli autori hanno valutato anche il recupero dei livelli di testosterone.

Per essere inclusi nello studio, i pazienti dovevano avere un adenocarcinoma prostatico avanzato, ed essere candidabili ad almeno un anno di terapia di deprivazione androgenica (ADT), avere livelli di PSA sierico > 2 ng/ml e un performance status ECOG di 0 o 1. Erano invece esclusi dall’arruolamento i pazienti che, a giudizio dello sperimentatore, probabilmente avrebbero dovuto sottoporsi alla chemioterapia o a un intervento chirurgico per la gestione dei sintomi della malattia entro 2 mesi dall’inizio dell’ADT, avevano già fatto una precedente ADT per almeno 18 mesi, erano già stati sottoposti a una precedente terapia citotossica sistemica per il cancro alla prostata, avevano metastasi cerebrali o gravi condizioni di rischio cardiovascolare o avevano avuto MACE nei 6 mesi precedenti l’inizio del trial.

Caratteristiche dei pazienti ben bilanciate nei due gruppi
Dei 624 pazienti assegnati al braccio trattato con relugolix, 563 (il 90,2%) hanno completato il trattamento, contro 276 (l’89%) dei 310 a cui è stato somministrato il leuprolide. Inoltre, rispettivamente, 59 su 624 (il 9,5%) e 32 su 310 (il 10,3%) hanno terminato anticipatamente il trattamento. I restanti pazienti sono stati randomizzati, ma non trattati.

Le caratteristiche dei pazienti al basale erano ben bilanciate tra i due gruppi di trattamento. Inoltre, il 50,2% degli uomini arruolati ha avuto una recidiva biochimica dopo il trattamento definitivo per il cancro alla prostata, il 28,9% è stato arruolato in Nord America e l’11,5% in Giappone. Oltre il 90% dei pazienti aveva anche almeno un fattore di rischio cardiovascolare.

Relugolix meglio di leuprolide nella soppressione del testosterone
Complessivamente, il 96,7% (IC al 95% 94,9%-97,9%) degli uomini trattati con relugolix ha raggiunto e mantenuto la castrazione per 48 settimane rispetto all’88,8% con leuprolide. In particolare, la differenza del 7,9% (IC al 95% 4,1%-11,8%) ha dimostrato la non inferiorità (margine -10%) e la superiorità (P <0,0001) di relugolix rispetto a leuprolide.

Relugolix si è dimostrato superiore a leuprolide anche riguardo a tutti i principali endpoint secondari testati (P < 0,0001).

Nel sottogruppo dei pazienti nei quali si è valutato anche il recupero dei livelli di testosterone, i livelli mediani di testosterone sono risultati pari a 288,4 ng/dl nel gruppo trattato con relugolix contro 12,26 ng/dl nel gruppo di confronto 90 giorni dopo l’interruzione della terapia.

Profili di sicurezza e di tollerabilità
Per il resto, i profili di sicurezza e di tollerabilità dei due agenti sono apparsi generalmente simili.

Gli eventi avversi riportati in più del 10% dei pazienti trattati con relugolix o leuprolide sono stati: vampate di calore (rispettivamente 54,3% contro 51,6%,), affaticamento (21,5% contro 18,5%), costipazione (12,2% contro 9,7%), diarrea (12,2% contro 6,8%), artralgia (12,1% contro 9,1%) e ipertensione (7,9% contro 11,7%). In particolare, la diarrea è stata di grado 1 o 2 e non ha comportato l’interruzione dello studio.

Gli eventi fatali sono stati rari e hanno avuto un’incidenza dell’1,1% nel braccio relugolix e 2,9% nel braccio leuprolide.

Anche se i trattamenti orali sono ora comunemente usati dai pazienti con cancro alla prostata avanzato e resistente alla castrazione, l’aderenza alle terapie orali continua a essere un problema. Tuttavia, l’aderenza al trattamento con relugolix orale nello studio HERO è risultata del 99% e simile a quella riscontrata con leuprolide iniettabile.

«Relugolix una volta al giorno è stato ben tollerato, mostrando un profilo di eventi avversi coerente con la soppressione del testosterone» ha detto Shore. «In particolare, il rischio di eventi cardiovascolari avversi importanti è stato inferiore del 54% nel gruppo relugolix rispetto a leuprolide».

Sicurezza cardiovascolare
Oltre il 90% degli uomini arruolati nello studio HERO presentava almeno un fattore di rischio cardiovascolare, inclusi fattori di rischio legati allo stile di vita come il consumo di tabacco e l’obesità, comorbilità come diabete e ipertensione e una storia pregressa di MACE.

«Il 14% degli uomini ha riferito una precedente storia di eventi avversi cardiovascolari maggiori come un attacco di cuore o un ictus, una percentuale inferiore al 30% atteso in una popolazione tipica di uomini con cancro alla prostata avanzato, dati i criteri di esclusione cardiovascolare dello studio» ha detto Shore.

«Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte negli uomini con cancro alla prostata» ha aggiunto l’autore. «Un’opzione terapeutica orale molto efficace che riduca anche il rischio cardiovascolare rispetto a quello di un agonista convenzionale del GnRH rappresenterebbe un risultato fondamentale per gli uomini con cancro alla prostata avanzato».

L’analisi della sicurezza cardiovascolare era prevista nello studio HERO per valutare i MACE (definiti come infarto miocardico non fatale, ictus non fatale e decesso per qualsiasi causa). Dopo 48 settimane di trattamento, l’incidenza del MACE è risultata inferiore nel gruppo trattato con relugolix rispetto al gruppo trattato con leuprolide: 2,9% contro 6,2%.

Tra i pazienti con una storia di MACE (circa il 15% del campione), il rischio di un evento è risultato del 3,6% nel gruppo trattato con relugolix contro 17,8% nel gruppo di confronto. «Questa differenza si traduce in un aumento di quasi cinque volte della probabilità di andare incontro a un MACE negli uomini con una storia precedente di MACE trattati con leuprolide rispetto a relugolix» ha sottolineato Shore.

Agonista o antagonista?
In un editoriale di accompagnamento, Celestia Higano, della Seattle Cancer Care Alliance della Washington University, ha evidenziato la questione degli effetti collaterali cardiovascolari dell’ADT.

L’ADT con agonisti del GnRH (come leuprolide) e l’aggiunta all’ADT dei bloccanti della via di trasduzione del segnale degli androgeni di seconda generazione, ha dimostrato di aumentare gli eventi cardiovascolari negli uomini con malattie cardiovascolari preesistenti.

«Presi nel loro insieme, questi studi sollevano la questione se l’uso di un antagonista del GnRH, che sia orale sottocutaneo, possa portare a un miglioramento degli esiti cardiovascolari, soprattutto per i pazienti a più alto rischio» scrive la Higano. «A tal fine, potrebbe essere il momento di considerare la possibilità di trattare gli uomini che hanno preesistenti fattori di rischio cardiovascolare con un antagonista del GnRH anziché con un agonista».

Sebbene non esistano dati con livello di evidenza 1 a favore della superiorità di un antagonista del GnRH rispetto a un agonista del GnRH ai fini degli eventi cardiovascolari o dei decessi per cause cardiovascolari, quelli che riguardano la superiorità degli antagonisti del GnRH per la soppressione del testosterone hanno il livello di evidenza 1.

«Pertanto, è probabile che gli effetti antitumorali di un antagonista del GnRH non siano inferiori a quelli di un agonista del GnRH e possano offrire anche un beneficio in termini di eventi cardiovascolari che potrebbero limitare la vita» conclude l’esperta a questo riguardo.