Tumore del seno: veliparib e cisplatino funzionano


Tumore del seno triplo negativo metastatico BRCA-mutato, veliparib aggiunto a cisplatino rallenta la progressione secondo lo studio di fase 2 SWOG S1416

Tumore del seno triplo negativo metastatico BRCA-mutato, veliparib aggiunto a cisplatino rallenta la progressione secondo lo studio di fase 2 SWOG S1416

L’aggiunta dell’inibitore di PARP veliparib alla chemioterapia con cisplatino migliora la sopravvivenza libera da progressione (PFS) nelle pazienti con tumore del seno triplo negativo in stadio avanzato, con fenotipo BRCA-like. È questo il risultato principale dello studio di fase 2 SWOG S1416, presentato al congresso virtuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO).

Nello studio, inoltre, si è osservata una tendenza verso miglioramento della sopravvivenza globale (OS) nelle pazienti di questo gruppo trattate con la combinazione dei due farmaci.

Il fenotipo BRCA-like
È noto che gli inibitori di PARP sono efficaci nel trattamento del carcinoma mammario metastatico associato a mutazioni di BRCA (BRCA 1 o BRCA 2). Finora, tuttavia, non erano mai stati fatti studi in cui sia stata valutata la combinazione di chemioterapia a base di platino più un PARP-inibitore nel tumore al seno triplo negativo con BRCA wild-type.

Nel tumore al seno triplo negativo, circa la metà delle pazienti con BRCA wild-type presenta un deficit del meccanismo di riparazione del DNA mediante ricombinazione omologa (homologous recombination deficiency, HRD) che porta a un fenotipo BRCA-like e che, pertanto, potrebbe renderle sensibili all’azione di un PARP-inibitore.

Lo studio SWOG S1416
Nello studio SWOG S1416 (NCT02595905), gli autori hanno confrontato l’efficacia di del cisplatino combinato con veliparib o un placebo in tre gruppi di pazienti con tumore del seno metastatico: con mutazioni germinali di BRCA (gBRCA+), con fenotipo BRCA-like e con fenotipo non BRCA-like, tutte già sottoposte a non più di un ciclo di chemioterapia per la malattia metastatica.

Le partecipanti sono state assegnate in modo casuale, secondo un rapporto 1:1, a una terapia con cisplatino alla dose di 75 mg/m2 il giorno 1, associato a un placebo oppure a veliparib per via orale alla dose di 300 mg, due volte al giorno, dal giorno 1 al giorno 14. Il ciclo si ripeteva ogni 21 giorni.

Le pazienti sono state arruolate a prescindere dalla presenza di malattia misurabile e potevano essere incluse anche pazienti:

  • precedentemente sottoposte a terapia neoadiuvante o adiuvante con carboplatino, purché conclusa da almeno 12 mesi, mentre non è stato stabilito un tempo minimo tra la fine della terapia neoadiuvante o adiuvante e il momento di inizio dello studio (tranne che per le terapie con carboplatino);
  • precedentemente trattate con l’immunoterapia;
  • con metastasi cerebrali, se trascorsi almeno 14 giorni dalla escissione chirurgica e/o dalla radioterapia.

Sono state, invece, escluse dallo studio le pazienti che avevano già ricevuto una terapia con cisplatino o con un inibitore di PARP, così come quelle con compromissione uditiva di grado superiore o uguale a 2, neuropatia periferica di grado superiore o uguale a 1, o quelle con una storia di disturbo convulsivo incontrollato.

I test genetici
Dopo la randomizzazione, le pazienti sono state sottoposte al test genetico centralizzato per valutare la presenza o assenza di mutazioni germinali di BRCA.

Quelle che non presentavano mutazioni germinali di BRCA, e avevano quindi BRCA wild-type, sono state sottoposte a un ulteriore test per essere suddivise nei due gruppi con fenotipo BRCA-like e fenotipo non-BRCA-like. Il pannello utilizzato per questa seconda valutazione si basa su quattro indicatori: un punteggio dell’HRD nel test myChoice ≥ 42, la presenza di mutazioni somatiche di BRCA1/2, la presenza di metilazione di BRCA1 e la presenza di mutazioni germinali in geni coinvolti nella ricombinazione omologa diversi da BRCA1/2; in caso di positività di uno di essi la paziente veniva assegnata al gruppo con fenotipo BRCA-like.

L’endpoint primario dello studio era la PFS, mentre gli endpoint secondari includevano la sopravvivenza globale (OS), il tasso di risposta obiettiva (ORR) e il tasso di beneficio clinico.

I risultati
Delle 335 pazienti arruolate tra luglio 2016 e giugno 2019, 323 sono state ritenute clinicamente valutabili.

Complessivamente, 37 presentavano mutazioni geminali di BRCA (malattia gBRCA+), 101 avevano un fenotipo BRCA-like e 110 un fenotipo non-BRCA-like, mentre 75 pazienti non hanno potuto essere classificate, perché mancava l’informazione relativa al biomarcatore.

Le caratteristiche di base sono risultate ben bilanciate nei due gruppi di trattamento. L’età mediana è risultata di 56,2 anni, il 58% del campione presentava un performance status ECOG pari a 0 e il 42% pari a 1 o 2.

Il 69% delle pazienti non era mai stato trattato, il 31% aveva ricevuto una precedente terapia per tumore del seno metastatico (il 10% con carboplatino e il 4% con farmaci biologici o inibitori di checkpoint).

Nelle pazienti con fenotipo BRCA-like, la PFS mediana è risultata di 5,9 mesi per il gruppo trattato con l’associazione veliparib-cisplatino e 4,2 mesi per il gruppo di controllo (HR 0,53; IC al 95%: 0,34-0,83; P a 2 code = 0,006), mentre l’OS è risultata rispettivamente di 14 mesi e 12,1 mesi (HR 0,60; IC al 95% 0,35-1,04; P a 2 code = 0,067).

Nelle pazienti con mutazioni germinali di BRCA, la PFS è risultata di 6,2 mesi nel gruppo trattato con la combinazione contro 6,4 mesi nel gruppo di controllo (HR 0,66; IC al 95%: 0,30-1,44; P a 2 code = 0,29), mentre l’OS mediana è risultata di 14,2 mesi nelle pazienti trattate con veliparib e 14,6 mesi nel gruppo di controllo (HR 1,27; IC al 95% 0,57-2,82; P a 2 code = 0,56).

«Nel gruppo delle pazienti con mutazioni germinali di BRCA, anche se l’Hazard Ratio è risultato a favore del gruppo trattato con veliparib, questo non si è tradotto in una differenza della mediana di PFS nei due gruppi. Il valore di 6,4 mesi nel gruppo placebo è risultato in linea con quanto osservato con la monoterapia a base di platino nello studio TNT su pazienti con tumore triplo negativo. Non sono state, inoltre, riscontrate differenze di OS tra i due gruppi» ha dichiarato l’autrice principale dello studio, Priyanka Sharma, dello University of Kansas Medical Center di Kansas City.

Per quanto riguarda, invece, le pazienti con fenotipo non-BRCA-like e quelle non classificabili, non sono stati osservati miglioramenti della PFS aggiungendo l’inibitore di PARP al cisplatino.

Nel gruppo con fenotipo non-BRCA-like, la PFS mediana è risultata di 4 mesi con l’associazione veliparib-cisplatino e 3 mesi con cisplatino in monoterapia, con una riduzione del rischio di progressione di malattia o di morte nel braccio sperimentale pari all’11% (HR 0,89; IC al 95% 0,60-1,32; P a 2 code = 0,56).

Nel gruppo delle pazienti non classificabili, la PFS è risultata di 3,3 mesi con la terapia di combinazione e di 2,3 mesi con la monoterapia con cisplatino (HR 1,00; IC al 95% 0,59-1,70; P a 2 code = 1,00).

Analisi esplorativa su pazienti BRCA-like trattate in prima linea
I ricercatori hanno presentato anche i risultati di una analisi di efficacia esplorativa in pazienti con fenotipo BRCA-like che erano state trattate in prima linea. Anche in questo caso, la PFS è risultata maggiore nel gruppo trattato con veliparib rispetto al gruppo placebo. Infatti, la PFS a 12 mesi è risultata rispettivamente del 23% contro 3%, mentre l’OS a 12 mesi è risultata più che raddoppiata nel braccio sperimentale: 43% contro 20%.

I ricercatori hanno valutato l’impatto del punteggio dell’HRD sull’efficacia di veliparib, che è indipendente dai tre marcatori di fenotipo BRCA-like. In questo sottogruppo di 75 pazienti con punteggio dell’HRD ≥ 42 la PFS è risultata significativamente superiore nel gruppo trattato con veliparib rispetto al gruppo placebo: 6,1 mesi contro 4,2 mesi (HR 0,53; IC al 95% 0,31-0,89; P a due code = 0,016).

I dati di sicurezza
Per quanto riguarda la sicurezza, veliparib è risultato maggiormente associato a tossicità ematologica di grado 3 e 4: anemia (23% contro 7%, rispettivamente), neutropenia (46% contro 19%), leucopenia (27% contro 7%), e trombocitopenia (19% contro 3%).

In ciascuno dei due gruppi è stato riportato un decesso legato al trattamento.

Sono ora in programma diversi studi traslazionali su campioni biologici di questo studio, tra cui la valutazione dell’espressione di PD-L1 nel tumore, la presenza di mutazioni somatiche in geni coinvolti nella ricombinazione omologa e nei geni del pathway della PI3K, nonché analisi su campioni ottenuti mediante biopsia liquida e sul tessuto metastatico.

«La dimostrata efficacia nelle pazienti con tumore al seno triplo negativo con fenotipo BRCA-like rappresenta un passo avanti verso un’estensione del ruolo dei PARP-inibitori, al di là dei casi con mutazioni germinali di BRCA. La combinazione di veliparib e cisplatino merita di essere ulteriormente valutata nell’ambito di studi randomizzati più ampi su pazienti con tumore al seno triplo negativo con fenotipo BRCA-like» ha commentato Sharma.