Favismo: rischio crisi con 2 farmaci anti-Coronavirus


Favismo: rischio di crisi emolitiche con due farmaci anti-Coronavirus. L’Istituto Superiore di Sanità avverte: evitare l’uso di clorochina e idrossiclorochina

Favismo: rischio di crisi emolitiche con due farmaci anti-Coronavirus. L'Istituto Superiore di Sanità avverte: evitare l'uso di clorochina e idrossiclorochina

Nonostante la ricerca non conosca tregua e alcune sperimentazioni abbiano ottenuto risultati incoraggianti, ancora non esistono farmaci specifici contro il Coronavirus: perciò i pazienti vengono trattati con diversi farmaci indicati per altre patologieautorizzati dall’AIFA per l’uso off-label. Due di questi possono essere molto pericolosi per le persone che hanno un deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD), più comunemente chiamato favismo: il primo è la clorochina, utilizzata per la prevenzione e il trattamento della malaria, che ha poi dimostrato di avere un’attività antivirale contro la SARS e l’influenza aviaria; il secondo è l’idrossiclorochina (in commercio col nome di Plaquenil), destinata alla cura dell’artrite reumatoide e del lupus eritematoso.

Per informare i medici di questo rischio, il gruppo di lavoro “Malattie rare e COVID-19” dell’Istituto Superiore di Sanità, lo scorso 14 aprile, ha pubblicato un documento che fornisce delle indicazioni ad interim (nel senso che in futuro potranno essere aggiornate) per fornire un appropriato sostegno alle persone con enzimopenia G6PD. A illustrare il documento, a nome del gruppo, sono state le dottoresse Domenica Taruscio e Patrizia Caprari, nel corso di un webinar organizzato recentemente dall’ISS.

Il favismo è l’enzimopatia più diffusa al mondo, con circa 500 milioni di soggetti portatori. “Non è decisamente una patologia rara, anzi è una condizione endemica nel nostro Paese: per questo motivo, in seguito alle numerosissime richieste ricevute dall’Istituto, abbiamo deciso di elaborare questo documento, molto snello e naturalmente tutto basato sulle evidenze scientifiche”, ha spiegato la dr.ssa Domenica Taruscio. “Le persone con questo deficit sono quasi sempre asintomatiche ma possono avere, in seguito a determinati fattori scatenanti, delle crisi emolitiche. Nell’attuale scenario emergenziale provocato dal COVID-19, queste crisi possono essere scatenate anche da alcuni farmaci utilizzati per fronteggiare la pandemia. Questi prodotti, che sono stati autorizzati dall’AIFA in assenza di un trattamento di comprovata efficacia, sono la clorochina e l’idrossiclorochina. Le raccomandazioni sono dirette agli operatori sanitari, affinché prestino la dovuta attenzione all’utilizzo di questi due farmaci in presenza di enzimopenia G6PD, e alle associazioni perché siano informate. La Commissione Europea ha avuto un grande interesse per il documento, e ci ha richiesto anche la versione in inglese”.

Le manifestazioni cliniche più rilevanti di questo difetto, legato al cromosoma X, si hanno nel periodo neonatale: il bambino può presentare un ittero anche persistente, che se non trattato può causare danni importanti, fino al ritardo mentale. Nel report dell’ISS si chiarisce, fra l’altro, che le crisi emolitiche possono essere scatenate da diversi fattori, il primo dei quali è l’ingestione di fave: non vengono nominati altri alimenti o bevande. Ciò nonostante, c’è chi ritiene rischioso anche il consumo di piselli, fagioli, ceci, lenticchie, lupini, soia, mirtilli, vino rosso e bevande che contengono chinino, come l’acqua tonica e alcuni amari: un’ipotesi già smentita e definita fantasiosa due anni fa, nella nostra intervista al prof. Lucio Luzzatto, fra i maggiori esperti al mondo di deficit di G6PD. Ora c’è anche la conferma del massimo organo di consulenza scientifica dello Stato, ma molti portatori continuano a persistere in queste inutili rinunce, a volte supportate anche dalle associazioni.

Come ha spiegato la dr.ssa Patrizia Caprari, “le crisi emolitiche vengono scatenate in primis dall’ingestione di fave (anche se in realtà non tutte le varianti hanno questo problema, perché non tutti i portatori del difetto sono fabici), e in secondo luogo dall’assunzione di farmaci ad azione ossidante [qui l’elenco di quelli proibiti, N.d.R], dall’esposizione a sostanze come naftalina o henné, e dalle infezioni batteriche o virali medio-gravi. Le crisi si manifestano dopo alcuni giorni (da 2 a 7) dall’esposizione all’agente scatenante, e la gravità delle manifestazioni cliniche è molto variabile, e dipende sia da caratteristiche individuali (tipo di variante, presenza di altre malattie, presenza di infezioni) che dal farmaco (potere ossidante, dose, durata dell’esposizione). Quando la crisi emolitica è molto importante ci può essere insufficienza renale acuta e si ha la necessità di trasfusioni”.

Ad oggi non ci sono dati che indichino una particolare suscettibilità delle persone con enzimopenia G6PD all’infezione da SARS-CoV-2. Non ci sono dati a sufficienza neppure per poter dire se clorochina e idrossiclorochina siano o meno adatti ai fabici, ma è nota la loro azione ossidante: in condizioni normali e in monoterapia non danno emolisi, ma in condizioni particolari quali la presenza di infezioni batteriche o virali o la concomitante terapia con altri farmaci, potrebbero provocarla. Entrambi, ad ogni modo, possono avere effetti indesiderati gravi e sono tra i farmaci sconsigliati per i fabici: il medico, quindi, nel prescriverli dovrà valutare caso per caso il rapporto fra rischi e benefici.

Dato che il favismo è molto diffuso in Italia e che potrebbero esserci persone non consapevoli di essere portatori, è necessario assicurarsi dello status G6PD del paziente prima di iniziare il trattamento con clorochina o idrossiclorochina. “In certi casi può essere sufficiente considerare il deficit all’anamnesi, perché in alcune zone endemiche come la Sardegna si esegue il test neonatale o scolastico e quindi quasi tutti sanno già di essere portatori; in caso contrario occorre fare un test di screening o quantitativo dell’attività”, sottolinea la dr.ssa Caprari. “Però può succedere di trovarsi in emergenza, e che questo trattamento sia già stato somministrato: allora bisogna osservare con attenzione i livelli di emoglobina, e se si osserva una drastica diminuzione dei valori, con presenza di urine scure, bisogna sospendere la terapia ed eventualmente effettuare un’emotrasfusione”.