Colf in crisi senza deducibilità e regolarizzazioni


La crisi delle colf: deducibilità, regolarizzazioni e protocolli di sicurezza per superarla. Le indicazioni di Andrea Zini, vicepresidente di Assindatcolf

Colf in crisi senza deducibilità e regolarizzazioni

Deducibilità totale del costo sostenuto dalle famiglie per colf, badanti e collaboratori familiari nella dichiarazione dei redditi, regolarizzazione dei lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno e condono degli ultimi due-cinque anni per le famiglie che colgono l’occasione per regolarizzare un rapporto di lavoro nato a nero. Vanno nel senso di un’emersione totale dei rapporti di lavoro sommerso e della “necessità di tenerli emersi” nel tempo le proposte che Assindatcolf sta preparando per sottoporle all’attenzione del Governo, in particolare delle ministre del Lavoro, Nunzia Catalfo, e dell’Interno, Luciana Lamorgese, come spiega all’agenzia di stampa Dire (www.dire.it) Andrea Zini, vicepresidente di una delle associazioni di categoria dei datori di lavoro domestico più rappresentative del settore, che sottoscrive, tramite Fidaldo (Federazione Italiana Datori Lavoro Domestico), il contratto collettivo di lavoro.

PRIMA METÀ DI APRILE +38% LICENZIAMENTI

Secondo i dati Inps di giugno 2019 i lavoratori domestici regolari in Italia nel 2018 erano 859.233, di cui l’88,4% donne, tra le lavoratrici che stanno pagando un costo più alto dall’inizio dell’emergenza coronavirus.

“I nostri dati di aprile ci dicono che abbiamo avuto un +30% di licenziamenti rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, che salgono a un +38% se aggreghiamo i dati di strutture diverse dalla nostra- fa sapere Zini- Parliamo solo della prima metà del mese, le rilevazioni per la seconda le cominceremo ad avere in questi giorni. Questo vuol dire che le famiglie, avendo paura di dover essere chiamate a pagare anche l’inattività dei lavoratori che hanno lasciato a casa o che sono voluti rimanere a casa per paura del contagio, ha fatto sì che si procedesse alla cessazione del rapporto”.

In particolare, a risentire maggiormente della crisi sono stati i lavoratori non conviventi, “quelli che ogni mattina si spostano dalla propria abitazione per andare in quella del datore di lavoro. Questi lavoratori, che sono più o meno il 55-56% del totale- chiarisce Zini- hanno avuto un blocco quasi totale e sostanzialmente sono rimasti a casa da metà marzo. Fino alla fine di marzo sono stati retribuiti o con ferie già maturate o, quando c’erano poche ore settimanali, pagati di tasca propri dalle famiglie o, in alcuni casi sporadici, non retribuiti”.

Dati che non tengono conto del lavoro in nero, vera piaga di un settore in cui, in base ai dati Istat, “6 lavoratori su 10 sono irregolari”. E tutti, nei due mesi di lockdown, sono rimasti senza sostegno.

IN ARRIVO MISURE DI SOSTEGNO AL REDDITO  PER LE COLF

“Nell’incontro del 6 aprile, abbiamo segnalato questi dati alla ministra Catalfo, che aveva fatto una dichiarazione, ribadita poi da Conte il 26 sera quando ha fatto l’annuncio della fase 2, e al Parlamento dal ministro Gualtieri. Siamo certi che nel decreto aprile, che ormai è diventato decreto maggio, ci sarà un sostegno. Dalle notizie trapelate sembra che ci siano due fasce- fa sapere il vicepresidente di Assindatcolf- fino a 20 ore settimanali 400 euro, oltre le 20 ore 600 euro, per i mesi di aprile e maggio. Questo solo per i lavoratori non conviventi, perché anche il ministero ha dato per buono il fatto che il rapporto di lavoro convivente non sia stato interrotto”, visto che il lavoro domestico era stato inserito nella tabella delle attività esentate dal blocco.

Anche sui territori comincia a muoversi qualcosa. “Diverse regioni, come Lazio, Sardegna, Lombardia e Friuli Venezia Giulia, si stanno facendo carico a livello territoriale di questo fabbisogno. Giovedì scorso- sottolinea Zini- la Regione Lazio ha fatto una delibera regionale che prevede un intervento economico una tantum per colf, badanti e baby sitter in regola che hanno avuto una riduzione dell’attività” (http://www.regione.lazio.it/rl/nessuno-escluso/, ndr).

Diverse le previdenze specifiche relative al Covid-19 previste poi da Cas.sa.colf che “le parti sociali hanno deciso di finanziare con 6 milioni di euro”. Dalle indennità per i positivi alle prestazioni di genitoralità, “che stiamo disquisendo in questi giorni se siano solamente per le lavoratrici o anche per i lavoratori dipendenti, ma crediamo possano essere attivate anche per gli uomini”, specifica Zini. Per arrivare alle prestazioni psicologiche e psicoterapeutiche e alla diaria per la quarantena.

LA SICUREZZA PER COLLABORATORI E FAMIGLIE

Altro grande tema, poi, è quello della sicurezza di collaboratori domestici e famiglie. “Il numero dei lavoratori contagiati dal coronavirus non sono disponibili, da un lato per la privacy, dall’altro perché purtroppo non sono monitorati”, fa sapere Zini. Un problema tanto più urgente se si pensa che nel lavoro di assistenza agli anziani o ai malati autosufficienti il distanziamento sociale del metro-metro e mezzo non può essere messo in atto- sottolinea- ma ci vuole un contatto ravvicinato e, da questo punto di vista, il rischio potenzialmente esiste”. Per questo motivo, Assindatcolf chiede “che venga definito un protocollo serio e che lo Stato, per lo meno per determinate figure, se ne assuma l’onere, che preveda oltre alla misurazione della temperatura del lavoratore e di tutte le persone presenti in famiglia, anche delle verifiche più approfondite con tamponi periodici. Perché un portatore sano- osserva Zini- potrebbe nascondersi all’indagine della temperatura”. A modello potrebbero essere presi gli altri Paesi europei: “In Portogallo hanno regolarizzato i lavoratori senza permesso di soggiorno, in Spagna, Francia e Germania hanno dato aiuti economici per chi ha ridotto o perso il posto lavoro. In Francia le famiglie possono andare a ritirare i dpi settimanalmente o mensilmente, gratuitamente a carico dello Stato”.

IL LAVORO DOMESTICO È UNA FETTA DI WELFARE 

Il punto sta, per Assindacatcolf, nel considerare il lavoro domestico come una fetta importante del welfare italiano. “Noi riteniamo che sia necessario per determinate categorie: parlo dei neonati, bimbi piccoli, ammalati e anziani- sostiene Zini- Abbiamo accolto con estremo favore la misure del bonus baby sitter, credo che questi bonus vadano pensati anche per la gestione residenziale dei neonati anche quando riapriranno gli asili, i nido, perché, con la destrutturazione dell’orario di lavoro dei genitori, molto probabilmente l’offerta pubblica o privata delle strutture non coprirà per intero la giornata lavorativa dei genitori, quindi occorre pensare ad un’integrazione all’offerta collettiva”.

Ancora più centrale il lavoro domestico potrà essere nella “gestione residenziale di malati non autosufficienti, cronici o disabili e degli anziani non più autosufficienti”, che sarebbe “meno traumatica, più economica e, in questi giorni, anche più sicura- conclude il vicepresidente di Assindatcolf- perché un focolaio in ambito domestico coinvolge due, tre, quattro persone al massimo. Un focolaio di infezione in Rsa abbiamo visto che disastri ha prodotto”.