Spondilite anchilosante: bimekizumab efficace


Bimekizumab sembra essere efficace e sicuro nel trattamento della spondilite anchilosante secondo i risultati di uno studio di fase 2

Bimekizumab sembra essere efficace e sicuro nel trattamento della spondilite anchilosante secondo i risultati di uno studio di fase 2

Bimekizumab, un anticorpo monoclonale anti-IL17A e anti-IL17F, sembra essere efficace e sicuro nel trattamento della spondilite anchilosante. Lo dimostrano i risultati di uno studio di fase 2 che sono stati recentemente pubblicati su ARD e che, se confermati in fase 3, prefigurano un possibile ampliamento del ventaglio di opzioni terapeutiche dirette contro questa malattia.

Razionale e disegno dello studio

Il pathway biochimico che vede coinvolta IL -17 rappresenta un bersaglio terapeutico ormai riconosciuto nell’AS, grazie agli studi di efficacia effettuati con due antagonisti di IL-17A (ixekizumab e secukinumab).

Studi in vitro, però, hanno anche suggerito che l’inibizione di IL-17A e di IL-17F, due citochine in grado entrambe di aumentare i processi infiammatori e presenti a livelli elevati nei pazienti con AS, potrebbe dar luogo a benefici anti-infiammatori più spiccati rispetto alla sola inibizione di IL-17A.

Bimekizumab è un inibitore sperimentale di IL-17A e IL-17F messo a punto da UCB e attualmente oggetto di studi clinici non solo nell’AS, ma anche nella psoriasi (PsO) e nell’artrite psoriasica (PsA).

Su questi presupposti è stato concepito questo trial di fase 2 che ha reclutato 303 pazienti adulti con sacroileite confermata per via radiografica, e li ha randomizzati al trattamento mensile con il farmaco (alla posologia di 16 mg, 64 mg, 160 mg o 320 mg) o con placebo per 12 settimane.

Alla fine di questa fase del trial in doppio cieco, i pazienti inizialmente randomizzati al trattamento con bimekizumab 16 mg o 64 mg oppure a trattamento con placebo sono stati sottoposti a trattamento mensile con 160 mg o 320 mg del farmaco fino a 48 settimane, mentre quelli inizialmente randomizzati a trattamento con 160 mg o 320 mg di bimekizumab hanno continuato il trattamento con la stessa posologia.

I pazienti reclutati avevano un’età media di 42 anni ed erano in maggioranza di sesso maschile ed etnia Caucasica. La durata di malattia dall’insorgenza dei primi sintomi era stimata pari a 15 anni, mentre il punteggio medio ASDAS (Ankylosing Spondylitis Disease Activity Score) di attività di malattia era pari a 3,9, indicativo di AS conclamata ad elevata attività.

L’endpoint primario di efficacia era rappresentato dal soddisfacimento della risposta ASAS40 a 12 settimane.

Risultati relativi all’endpoint primario

Dai dati è emerso che l’endpoint primario di efficacia è stato raggiunto da una proporzione maggiore di pazienti trattati con bimekizumab rispetto al placebo. Nello specifico, le percentuali di pazienti che hanno raggiunto questo obiettivo sono state pari al:
– 29,5% nel gruppo trattato con bimekizumab 16 mg
– 42,6% nel gruppo trattato con bimekizumab 64 mg
– 46,7% nel gruppo trattato con bimekizumab 160 mg
– 45,9% nel gruppo trattato con bimekizumab 320 mg
– 13,3% nel gruppo trattato con placebo

Pertanto, alla dose di bimekizumab di 160 mg, l’odd ratio di soddisfacimento della risposta ASAS40 a 12 settimane, rispetto al placebo, è stato pari a 5,5 (IC95%= 2,3-13,5).

Le risposte ottenute al trattamento sono state rapide, essendosi manifestate già ad una settimana dall’inizio del trattamento assegnato in una percentuale di pazienti compresa tra l’8,2% e il 19,7% dei pazienti sottoposti a trattamento attivo vs. lo 0% dei pazienti del gruppo placebo.

Risultati di efficacia relativi agli endpoint secondari

Bimekizumab è risultato più efficace del placebo anche in riferimento ad una serie di endpoint secondari considerati. Ad esempio, la risposta BASDAI50 è stata documentata nel 37,9% dei pazienti del gruppo trattato con il farmaco al dosaggio di 160 mg e dal 47,5% di quelli trattati con il farmaco al dosaggio di 320 mg.

Quanto alla valutazione globale del paziente dell’attività di malattia, al dolore spinale, alla fatigue, alla rigidità mattutina e alla qualità della vita percepita dal paziente, il farmaco ha migliorato tutti questi aspetti rispetto al placebo.

Risultati di efficacia a lungo termine (48 settimane)

La proporzione di pazienti che ha soddisfatto la risposta ASAS40 è ulteriormente cresciuta fino alla fine del periodo di osservazione dello studio (48 settimane).

Nello specifico, le percentuali di pazienti che hanno raggiunto questo obiettivo sono state pari al:
– 58,6% nel gruppo trattato con bimekizumab a 160 mg
– 62,3% nel gruppo trattato con bimekizumab 320 mg
– 54,2% nel gruppo originariamente trattato con placebo e randomizzato nuovamente a 160 mg di bimekizumab
– 50% nel gruppo originariamente trattato con placebo e randomizzato nuovamente a 320 mg di bimekizumab

I livelli complessivi di infiammazione, misurati sulla base dei livelli di CRP, sono scesi rapidamente per mantenersi stabili fino a 48 settimane.

Quanto agli outcome riferiti dai pazienti, è continuato il loro miglioramento con bimekizumab vs. placebo fino alla conclusione dello studio.

Risultati di safety

Nella fase in doppio cieco della durata di 12 settimane, sono stati riferiti eventi avversi dal 37,9% dei pazienti sottoposti a trattamento attivo e dal 43,3% di quelli trattati con placebo.
La nasofaringite è stato l’evento avverso legato al trattamento di più frequente riscontro (11,2% pazienti) nel corso delle 48 settimane di follow-up.

Quanto agli eventi avversi seri, questi si sono manifestati nell’1,2% dei pazienti trattati con bimekizumab nella fase un doppio cieco (12 settimane) e nel 4,3% dei pazienti a 48 settimane.

Sono stati registrati casi di candida orale di grado lieve-moderato nel 4,3% dei pazienti trattati con il farmaco al dosaggio più elevato e nel 5,3% dei pazienti trattati, indipendentemente dal dosaggio.

Sono stati documentati anche 4 casi di malattia infiammatoria intestinale. Due di questi erano attribuibili a malattia di Crohn (un caso considerato legato al trattamento), mentre altri due erano ascrivibili a colite ulcerosa (nessun caso legato al trattamento). La loro incidenza-101″ style=”color:#333;box-shadow: inset 0 0px 0 white, inset 0 -2px 0 #333;” class=”glossario”>incidenza è risultata in linea con le osservazioni disponibili per altri farmaci biologici.

Riassumendo

Lo studio suggerisce che bimekizumab “potrebbe rappresentare un’opzione terapeutica promettente nell’AS, con miglioramenti rapidi e sostenuti relativi a molteplici aspetti di malattia. Pertanto, questi risultato suffragano il proseguimento in fase 3 degli studi sul farmaco.