Sclerosi multipla: siponimod riduce danni neurologici


Sclerosi multipla, uno studio italiano pubblicato su Frontiers in Immunology dimostra come siponimod contribuisce alla riduzione del danno neurologico

Sclerosi multipla, uno studio italiano pubblicato su Frontiers in Immunology dimostra come siponimod contribuisce alla riduzione del danno neurologico

Siponimod è stato approvato da poco dall’Agenzia europea del farmaco (Ema) e dall’Fda per il trattamento delle forme secondariamente progressive di sclerosi multipla. È un farmaco orale, e agisce principalmente bloccando la migrazione di linfociti nel sistema nervoso centrale, di fatto contrastando il danno prodotto dal sistema immunitario contro le cellule del proprio corpo che si osserva nella sclerosi multipla.

Questo farmaco modula due recettori della sfingosina 1-fosfato (S1P), che sono in realtà espressi da tanti tipi cellulari distinti, incluse alcune cellule del sistema nervoso centrale. Ed è proprio su questo aspetto che il team di ricercatori guidato dalla Dott.ssa Cinthia Farina presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano ha concentrato uno studio, al fine di far luce sugli effetti che la molecola ha a livello delle cellule gliali e della loro interazione con il neurone.

Lo studio è stato cofinanziato da AISM e la sua Fondazione FISM e Novartis ed è pubblicato su Frontiers in Immunology.

Gli studi clinici condotti con il siponimod hanno mostrato come questo farmaco produca una riduzione del danno neurologico, per esempio impedendo l’estensione delle lesioni neurologiche e l’atrofia cerebrale.

Per capire se le cellule della glia, sistema di difesa e supporto dei neuroni, contribuissero a questo effetto protettivo, gli scienziati hanno allestito una serie di esperimenti in vitro. In particolare hanno osservato gli effetti della somministrazione del siponimod su una particolare popolazione gliale, gli astrociti.

E lo hanno fatto riproducendo in laboratorio queste cellule, a partire dai fibroblasti, riconvertiti grazie alla tecnica delle cellule staminali pluripotenti indotte. Di fatto si tratta di far tornare indietro nel tempo alcune cellule (i fibroblasti) e spingerle – tramite opportuni sistemi e stimolazioni in vitro – a intraprendere un nuovo destino cellulare, a diventare altro (astrociti). Una volta ottenuti questi astrociti, e aver dimostrato che sono simili a quelli che si osservano nelle lesioni di sclerosi multipla, i ricercatori hanno osservato quali effetti producesse sulla loro funzione la presenza del siponimod (gli astrociti esprimevano infatti recettori per S1P).

Questo farmaco può contrastare l’azione infiammatoria delle cellule della glia e contribuire a proteggere il sistema nervoso? Sì, secondo quanto osservato negli esperimenti in vitro. In questo  lavoro i ricercatori descrivono le vie molecolari tramite cui questo avviene, suggerendo che siponimod da una parte stimoli vie antiinfiammatorie e antiossidanti nella glia e dall’altra deprima quelle proinfiammatorie e neurotossiche.

L’effetto sul neurone è importante poiché gli astrociti reattivi non sono più in grado di indurre neurodegenerazione se trattati con il farmaco. Quindi, concludono gli esperti, lo studio conferma come l’utilizzo di cellule prodotte in laboratorio dai fibroblasti possano diventare un modello per studiare il contributo della glia in condizioni patologiche e per il test di nuovi farmaci.