Fibrosi: frammento di proteina batterica è letale


Un frammento di una proteina batterica induce l’apoptosi delle cellule del tessuto polmonare in pazienti affetti da fibrosi dell’organo respiratorio

Un frammento di una proteina batterica induce l'apoptosi delle cellule del tessuto polmonare in pazienti affetti da fibrosi dell'organo respiratorio

Un frammento di una proteina batterica induce l’apoptosi delle cellule del tessuto polmonare in pazienti affetti da fibrosi dell’organo respiratorio. Queste le conclusioni di uno studio giapponese recentemente pubblicato su Nature Communications.

Nelle persone affette da fibrosi polmonare, il polmone tende progressivamente a perdere la sua elasticità in ragione della sostituzione del tessuto polmonare normale con tessuto fibrotico, con conseguente deterioramento degli scambi gassosi e ripercussioni negative sulla circolazione sanguigna e sul cuore (prognosi di solo 3-5 anni di vita dopo la diagnosi).

Alcuni fattori ambientali, come pure alcune infezioni e alcune sostanze chimiche sono legate all’insorgenza di malattia; comunque, la maggior parte dei casi è di origine sconosciuta, dando luogo alla cosiddetta fibrosi polmonare idiopatica (IPF).

La malattia progredisce fino ad un punto in cui i paziente sperimenta un rapido peggioramento del respiro e la perdita della funzione respiratoria (esacerbazione acuta di malattia. Ancora oggi non sono noti i fattori critici responsabili dell’induzione di questa fase di malattia in un paziente stabilizzato.

“Più della metà dei pazienti con IPF va incontro a decesso a causa dell’esacerbazione acuta di malattia – ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio -. Tra quelli che sopravvivono ad un episodio di riacutizzazione acuta di malattia, solo un paziente su due sopravvive per più di 4 mesi”.

Razionale dello studio e risultati principali

Alcuni studi già presenti in letteratura hanno dimostrato come alcuni batteri, ad esempio ceppi di Halomonas, Staphylococcus e Streptococcus, proliferino nei polmoni dei pazienti con IPF probabilmente in ragione della presenza di livelli elevati di sale che tappezzano i polmoni dei pazienti.

A questo punto, gli autori del nuovo studio si sono chiesti se i batteri in questione giocassero un ruolo negli episodi di riacutizzazione di IPF; di qui la messa in coltura dei batteri associati con il tessuto polmonare fibrotico in un ambiente salino, allo scopo di studiare il materiale da loro secreto.

In questo modo hanno scoperto un piccolo peptide, secreto da Staphylococcus nepalensis, che uccide rapidamente le cellule polmonari, al quale hanno dato il nome di corisina.

Per confermare che questo frammento proteico era legato agli eventi di riacutizzazione di malattia, i ricercatori hanno effettuato degli studi su un modello sperimentale murino di IPF. Nello specifico, hanno messo a confronto un gruppo di topi ai quali era stata somministrata corisina con un gruppo di topi infettati con S. nepalensis secernente corisina, un gruppo infettato con un ceppo di Staphylococcus non secernente corisina e con un gruppo di controllo non trattato.

I risultati hanno mostrato che i topi che erano stati trattati con corisina e quelli infettati con il ceppo batterico responsabile della sua secrezione mostravano segni molto marcati di riacutizzazione acuta di malattia.

I ricercatori hanno preso in considerazione, successivamente, campioni di tessuto polmonare provenienti da pazienti ed hanno osservato che quelli che erano andati incontro ad episodi di riacutizzazione acuta di malattia mostravano livelli più elevati di corisina a livello polmonare.

Da ultimo, hanno analizzato il genoma di S. nepalensis per verificare la provenienza di corisina ed hanno scoperto che la corisina è un frammento di una proteina di maggiore dimensioni.

Analizzando gli effetti della proteina in toto, hanno osservato che questa non era in grado di riprodurre gli effetti nocivi del frammento.

Implicazioni future dello studio
I ricercatori sperano di identificare l’enzima responsabile della generazione del frammento proteico “corisina” a partire dalla proteina originale e di implementari degli agenti farmacologici in grado di bloccare questo frammento.

Inoltre, è intenzione dei ricercatori approfondire le conoscenze sull’esistenza possibile di altri ceppi batterici in grado di produrre la corisina o frammenti peptidici simili e di studiarne gli effetti anche su altri tipi di fibrosi, come quella a carico dei reni e la fibrosi epatica, per verificare un possibile ruolo della corisina o di altri agenti batterici sulle patologie summenzionate.

“L’aver compreso che una delle cause di esacerbazione acuta di IPF è un fattore di derivazione batterica ci mette finalmente di fronte ad un nemico noto contro il quale combattere – scrivono i ricercatori nelle conclusioni del lavoro -. Se, dal lato del paziente, questa nuova scoperta potrebbe mitigare lo stress psicologic derivante dal lottare contro un nemico sconosciuto, dal lato medico può stimolare, invece, lo sviluppo di nuove strategie per il trattamento dell’IPF e di nuovi farmaci in grado di controllare l’evoluzione della malattia”.