Beta-talassemia, meno trasfusioni con luspatercept


Beta-talassemia: il trattamento con luspatercept riduce in modo significativo il fabbisogno trasfusionale nella maggior parte dei pazienti adulti

Beta-talassemia: il trattamento con luspatercept riduce in modo significativo il fabbisogno trasfusionale nella maggior parte dei pazienti adulti

Il trattamento con luspatercept, un farmaco che regola la maturazione degli eritrociti, riduce in modo duraturo e clinicamente significativo il fabbisogno trasfusionale nella maggior parte dei pazienti adulti con beta-talassemia trasfusione-dipendente, quelli che richiedono trasfusioni regolari di globuli rossi. Lo dimostrano i risultati dello studio di fase 3 BELIEVE, un trial multicentrico internazionale appena pubblicato sul New England Journal of Medicine, al quale l’Italia ha dato un contributo molto importante.

Nel trial, la quota di pazienti che hanno ottenuto una riduzione del carico trasfusionale è risultata più che quadruplicata nel gruppo trattato con luspatercept rispetto al gruppo trattato con un placebo, il tutto con un buon profilo di tollerabilità.

«Luspatercept rappresenta il primo approccio farmacologico che potrebbe sostituire la terapia trasfusionale convenzionale nei pazienti talassemici» ha affermato ai nostri microfoni la prima firmataria dello studio, Maria Domenica Cappellini, Professore Ordinario di Medicina Interna all’Università degli Studi di Milano.

«Se sarà approvato e i risultati nella pratica clinica confermeranno quelli del nostro studio, ci troveremo di fronte a una rivoluzione» ha aggiunto l’autrice. «Infatti, rispetto alla terapia convenzionale delle sindromi talassemiche, che si basa su trasfusioni di due unità di sangue ogni 2-3 settimane più una terapia ferrochelante giornaliera per rimuovere il ferro accumulato con le trasfusioni, un farmaco che può sostituirla e che peraltro si somministra sottocute ogni 21 giorni rappresenta un’innovazione terapeutica veramente importante, che impatta sulla qualità di vita del paziente e sulle comorbilità, perché eviterebbe tutti i rischi connessi alla terapia trasfusionale e al sovraccarico di ferro».

Un meccanismo d’azione innovativo
Luspatercept è il capostipite di una nuova classe di farmaci, quella degli agenti della maturazione eritroide (EMA), molecole che si ritiene regolino l’ultima fase della maturazione dei globuli rossi.

«La scoperta che luspatercept può agire sull’eritropoiesi è avvenuta quasi per caso» spiega Cappellini. «Era stato testato inizialmente come farmaco anti-osteoporosi e si era visto che nelle donne trattate produceva un aumento dell’emoglobina».

«In pratica, il farmaco agisce sulla fase terminale dell’eritropoiesi, a differenza dell’eritropoietina che interviene in una fase precoce del processo; in questo modo luspatercept aumenta la massa di eritrociti che arrivano a maturazione e quindi aumenta l’emoglobina e corregge l’anemia» ha aggiunto la professoressa.
Il nuovo agente è in effetti una proteina di fusione ricombinante che lega diversi ligandi endogeni della superfamiglia del TGF-beta, riducendo la trasduzione del segnale aberrante lungo il pathway Smad2/3 e stimolando l’ultima fase dell’eritropoiesi.

Lo studio BELIEVE
Lo studio registrativo BELIEVE (NCT02604433) è uno studio randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, al quale hanno partecipato 65 centri di 15 Paesi, nel quale si è confrontato luspatercept associato alla miglior terapia di supporto (Best Supportive Care, BSC) con la sola la BSC più un placebo.

La sperimentazione ha coinvolto 336 pazienti adulti beta-talassemici di almeno 18 anni che avevano richiesto trasfusioni regolari di 6-20 unità di eritrociti nelle 24 settimane precedenti la randomizzazione e non erano rimasti senza trasfusioni per più di 35 giorni.

«Quasi tutti i pazienti arruolati erano affetti da beta-talassemia trasfusione-dipendente, che è la forma più severa della malattia» ha spiegato Cappellini.
I partecipanti sono stati assegnati in rapporto 2:1 al trattamento con luspatercept 1 mg/kg (aumentabile fino a 1,25 mg/kg) più la BSC o un placebo più la BSC per via sottocutanea ogni 3 settimane, per non meno di 48 settimane.

La miglior terapia di supporto era definita come un trattamento a base di trasfusioni di globuli rossi più una terapia ferrochelante, per mantenere stabili i livelli basali di emoglobina in ciascun paziente.

Valutati la risposta eritroide e altri endpoint
L’endpoint primario del trial era rappresentato dalla risposta eritroide, definita come una riduzione di almeno il 33% del fabbisogno di trasfusioni di eritrociti (più una riduzione di almeno 2 unità di eritrociti) nelle settimane dalla 13 alla 24 rispetto al valore basale, riferito al fabbisogno trasfusionale nelle 12 settimane precedenti la randomizzazione.

Tra gli altri endpoint valutati ci sono il numero di episodi di risposta, la durata del beneficio clinico e la sicurezza nei pazienti che hanno risposto al trattamento con il farmaco sperimentale.

Gli episodi di risposta sono stati definiti come riduzione della trasfusione di globuli rossi rispetto al basale per 24 settimane consecutive, mentre la durata del beneficio clinico è stata definita come il tempo intercorrente tra la prima risposta (riduzione di almeno il 33% del fabbisogno di trasfusioni di globuli rossi nell’arco di 24 settimane) e l’interruzione del trattamento dovuta a qualsiasi causa.

Con luspatercept più pazienti raggiungono l’obiettivo
La durata mediana del trattamento è stata di circa 64 settimane in entrambi i bracci di trattamento.
«Lo studio ha dato risultati estremamente significativi in termini di riduzione del fabbisogno trasfusionale nel gruppo trattato col farmaco» ha detto la Professoressa.

I pazienti che hanno raggiunto la risposta eritroide sono stati significativamente più numerosi nel braccio trattato con luspatercept rispetto quello trattato con il placebo: 21,4% contro 4,5% (P < 0,001).

I risultati relativi alla risposta eritroide sono apparsi a favore di luspatercept in tutti i sottogruppi analizzati, anche se le analisi suggeriscono che l’entità della risposta al farmaco potrebbe essere maggiore nei pazienti con genotipo β0/β0 rispetto a quelli con genotipo diverso.

Inoltre, la percentuale di pazienti che hanno raggiunto una riduzione almeno del 33% rispetto al basale del fabbisogno di trasfusioni di eritrociti in un qualsiasi intervallo di 12 settimane è risultata superiore nel braccio luspatercept rispetto al braccio di controllo – 70,5% contro 29,5%% –, così come quella dei pazienti che hanno raggiunto lo stesso obiettivo per un periodo di 24 settimane: 41,1% contro 2,7%.

Anche la percentuale di pazienti che hanno raggiunto una riduzione almeno del 50% rispetto al basale del fabbisogno trasfusionale in un qualsiasi intervallo di 12 settimane è stata più alta nel gruppo sperimentale rispetto a quello di controllo: 40,2% contro 6,3%.

«Nel gruppo dei pazienti trattati con luspatercept che hanno raggiunto una riduzione almeno del 50%% ci sono anche soggetti che nel corso dell’anno hanno raggiunto l’indipendenza trasfusionale» ha sottolineato Cappellini.

Buona tollerabilità
Il trattamento con luspatercept è risultato ben tollerato e l’incidenza degli eventi avversi frequenti è risultata coerente con il profilo di sicurezza già mostrato dal farmaco nelle analisi precedenti dello studio.

Gli eventi avversi manifestatisi in almeno il 5% dei pazienti trattati con luspatercept e la cui incidenza è stata almeno del 5% superiore in questo gruppo rispetto al gruppo di controllo sono stati il dolore osseo (19,7% contro 8,3%), l’artralgia (19,3% contro 11,9%), le vertigini (11,2% contro 4,6%), l’ipertensione (8,1% contro 2,8%) e l’iperuricemia (7,2% contro 0%).

Il dolore osseo, che è stato più frequente nelle prime 24 settimane dello studio rispetto alle 24 successive, è stato generalmente di breve durata e di basso grado, ed è stato gestito con semplici analgesici.

Lo sviluppo prosegue su vari fronti
Il monitoraggio degli outcome di sicurezza dello studio BELIEVE è prosegue, mentre sono in corso anche lo studio di fase 2 BEYOND (NCT03342404), nel quale si stanno valutando efficacia e sicurezza di luspatercept in pazienti con β-talassemia non trasfusione-dipendente, e uno studio di fase 2a (NCT04143724) volto a determinare sicurezza e farmacocinetica del farmaco in pazienti pediatrici con β-talassemia trasfusione-dipendente.

«Sono in corso o allo studio anche altri trial clinici per patologie che vedono compromessa l’eritropoiesi, come le forme di diseritropoiesi ereditaria, più varie altre condizioni in cui questo tipo di approccio potrebbe correggere l’anemia, quali alcune malattie infiammatorie croniche, nelle quali l’anemia rappresenta un problema emergente» ha detto Cappellini.

Sviluppato da Acceleron Pharma e Celgene (ora parte di Bristol-Myers Squibb), luspatercept è stato approvato nel novembre 2109 dalla Food and drug administration (Fda) per il trattamento dell’anemia in pazienti adulti con beta-talassemia che richiedono regolari trasfusioni di globuli rossi ed è il primo trattamento autorizzato negli Stati Uniti per questa condizione.

Il prodotto è ora al vaglio dell’agenzia regolatoria anche per un’altra indicazione, la sindrome mielodisplastica, sulla base dei risultati dello studio registrativo di fase 3 MEDALIST.