Osteoporosi: denosumab riduce rischio fratture


Osteoporosi post-menopausale: denosumab riduce il rischio di fratture vertebrali anche in pazienti diabetiche secondo un’analisi per sottogruppi dello studio registrativo FREEDOM

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Denosumab, anticorpo monoclonale totalmente umanizzato che inibisce RANKL, aumenta la densità minerale ossea (BMD) e riduce il rischio di fratture vertebrali – ma non quello di fratture non vertebrali – in donne in post-menopausa affette contemporaneamente da osteoporosi (OP) e diabete.

Questo il responso di un’analisi per sottogruppi dello studio registrativo FREEDOM (e della relativa fase di estensione) sull’impiego del farmaco nell’OP in post-menopausa, pubblicata su Bone.

L’incidenza elevata di fratture non vertebrali, osservata soprattutto in corrispondenza con il secondo anno dello studio FREEDOM, è ritornata, tuttavia, ai livelli paragonabili a placebo nel corso dei 7 anni successivi di follow-up.

Perché un’analisi dell’effetto del farmaco in pazienti osteoporotiche con diabete

Le donne diabetiche sono a maggior rischio di fratture rispetto a quelle non diabetiche, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio. Tale osservazione, tuttavia, non comporta necessariamente l’esistenza di una correlazione tra la condizione diabetica e le differenze di BMD.

Di qui l’importanza di valutare l’efficacia dei trattamenti utilizzati per l’OP in pazienti diabetiche.

Su questi presupposti è stata condotta quest’analisi post-hoc, con l’obiettivo di caratterizzare meglio gli effetti dell’anticorpo monoclonale in un sottogruppo di donne in post-menopausa diabetiche, reclutate nel trial registrativo FREEDOM (Fracture Reduction Evaluation of Denosumab in Osteoporosis Every 6 Months), con relativa fase di estensione in aperto.
Su 508 donne diabetiche di età compresa tra i 60 e i 90 anni incluse nell’analisi, 266 (pari al 52,4%) erano state trattate con denosumab e 242 (pari al 47,6%) con placebo.

La BMD era stata misurata mediante esame DEXA a livello della colonna lombare e del femore prossimale, mentre le fratture vertebrali erano state identificate mediante radiografie della colonna lombare e del torace in laterale.

Risultati principali
Nel corso dei 3 anni dello studio FREEDOM, la variazione percentuale rispetto al basale della BMD a livello della colonna lombare (variazione media: 8,6%; IC95%=7,7-9,5), dell’anca in toto (variazione media: 4,2%; IC95%=3,6-4,8) e del collo femorale (variazione media: 4,2%; IC95%=3,5-4,9) è risultata maggiore nel gruppo denosumab rispetto al gruppo placebo (p<0,05 per tutti i siti considerati) nelle pazienti con comorbilità diabetica.

Denosumab ha ridotto anche l’incidenza cumulativa di nuove fratture vertebrali all’1,6% rispetto all’8% del gruppo placebo (RR: 0,2; IC95%=0,07-0,61; p=0,001) nelle pazienti diabetiche.

Tuttavia, lo studio ha documentato anche un’incidenza cumulativa più elevata di fratture non vertebrali nelle pazienti con comorbilità diabetica trattate con denosumab (11,7%) rispetto a quelle del gruppo placebo (5,9%; HR= 1,94; IC95%=1-3,77; p=0,046).

La maggior parte delle fratture non vertebrali è stata osservata durante il secondo anno dello studio, localizzandosi preferibilmente a livello dell’avambraccio e delle costole. Questo trend, invece, non è stato osservato nelle pazienti affette solo da OP  (denosumab vs. placebo: HR= 0,74; IC95%= 0,62-0,89; p=0,001).

Durante i primi 3 anni della fase di estensione del trial FREEDOM, l’incidenza di fratture non vertebrali è diventata paragonabile tra i due gruppi in studio.

Nello specifico, la loro incidenza è risultata simile tra le utilizzatrici di denosumab a lungo termine con o senza diabete e paragonabile all’incidenza osservata nelle donne diabetiche trattate con placebo prima della fase di estensione.

Questo trend si è conservato anche nella fase di estensione, con tassi di frattura vertebrale, aggiustati in base a pari livelli di esposizione, osservati nelle donne diabetiche passate a trattamento attivo durante questa fase (da 1 a 7 anni: 1,51 fratture per 100 persone-anno; IC95%=0,70-2,89) come pure in quelle sempre trattate con il farmaco attivo da 4 a 10 anni(1,72 fratture per 100 persone-anno; IC95%=0,92-2,94).

I tassi sopra osservati sono risultati simili a quelli delle donne diabetiche che erano state trattate con placebo nei primi 3 anni del trial (2 fratture per 100 persone-anno; IC95%= 1,07-3,43).

Riassumendo
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno riconosciuto alcuni limiti metodologici intrinseci del loro lavoro, quali la natura post-hoc dello studio, associata a ridotto numero di pazienti e a bias di selezione.

Ciò si spiega con il fatto che lo studio, nel suo disegno originale, non aveva previsto la valutazione dell’efficacia di denosumab in pazienti diabetiche.

In conclusione “…in pazienti con OP e diabete, il trattamento con denosumab ha portato ad incrementi continui della BMD, riduzione dei tassi di fratture vertebrali e dell’incidenza di fratture nel lungo termine, paragonabili a quanto osservato nel trial originario e nella successiva fase di estensione dello studio FREEDOM”. Quanto alle fratture non vertebrali, la maggiore incidenza di questo tipo di frattura nelle pazienti diabetiche nel corso del secondo anno dello studio FREEDOM si è praticamente annullata durante i 7 anni successivi di follow-up.