DNA fetale: ecco cos’è e a cosa serve


DNA fetale: ecco cos’è e a cosa serve. Il test può essere effettuato a partire dalla decima settimana di gravidanza

DNA fetale: ecco cos’è e a cosa serve

La gravidanza è un periodo della vita in cui si susseguono diverse emozioni, talvolta contrastanti, ma il pensiero costante rimane la salute del bambino. La gestante può sottoporsi a un test DNA fetale per conoscere il rischio di eventuali anomalie nel feto.

I test prenatali comprendono esami diagnostici, quali villocentesi e amniocentesi, che sono più invasivi e test di screening non invasivi, come il test del DNA fetale.

Ma come funziona il test del DNA fetale? Innanzitutto, viene prelevato un campione di sangue della gestante e si va a ricercare e analizzare il DNA fetale libero circolante (cffDNA, cell-free fetal DNA) presente nel prelievo ematico della madre.

Nel sangue materno è infatti possibile ritrovare dei frammenti di DNA fetale (circa l’11-13% del DNA totale), che si formano dal trofoblasto, un tessuto embrionale che dà origine alla placenta. Può succedere che piccole particelle della placenta si stacchino durante la gestazione e vadano a finire nel circolo sanguigno materno1,2. Alcuni studi hanno dimostrato che già dalla quinta settimana di gestazione il DNA fetale è presente nel sangue materno3.

La dimensione dei frammenti del DNA materno è diversa da quella dei frammenti del DNA fetale, questo ne permette la separazione in base alla dimensione, dopo centrifugazione1,2.

Una volta separato dal sangue e dal DNA materno, il cffDNA viene sequenziato. Per queste analisi sono impiegate tecniche quali massively parallel shotgun sequencing (MPSS), targeted massive parallel sequencing (t-MPS), single nucleotide polymorphism (SNP) analysis4.

Le sequenze di DNA ottenute dal sequenziamento verranno valutate per ricercare eventuali evidenze di alterazioni genetiche e cromosomiche. Il test del DNA fetale permette anche di conoscere il fattore Rh del sangue fetale e il sesso del nascituro3,5.

Il test del DNA fetale può essere effettuato a partire dalla decima settimana di gravidanza. L’affidabilità del test nel rilevare le principali anomalie cromosomiche, come la sindrome di Dowm, la sindrome di Edwards, la sindrome di Patau, è superiore al 99% e presenta una percentuale bassa di falsi positivi (ovvero casi in cui sembra che il feto sia affetto da una patologia ma non lo è).

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www.testprenataleaurora.it

 

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Fonti:

  1. Alberry M, Maddocks D, Jones M, Abdel Hadi M, Abdel-Fattah S, Avent N, Soothill PW. “Free fetal DNA in maternal plasma in anembryonic pregnancies: confirmation that the origin is the trophoblast”. 2007. Prenatal Diagnosis. Wiley-Blackwell. 27 (5): 4158.
  2. Chan KC, Zhang J, Hui AB, Wong N, Lau TK, Leung TN, Lo KW, Huang DW, Lo YM. “Size distributions of maternal and fetal DNA in maternal plasma”. 2004. Clinical Chemistry. American Association for Clinical Chemistry (AACC). 50 (1): 88–92.
  3. T. R. Everett and L. S. Chitty. “Cell‐free fetal DNA: the new tool in fetal medicine.” Ultrasound Obstet Gynecol. 2015 May; 45(5): 499–507
  4. Jiang P, Peng X, Su X, et al. : FetalQuant SD: accurate quantification of fetal DNA fraction by shallow-depth sequencing of maternal plasma DNA. NPJ Genom Med. 2016;1:16013.10.1038/npjgenmed.2016.13
  5. Lo YM, Hjelm NM, Fidler C, Sargent IL, Murphy MF, Chamberlain PF, Poon PM, Redman CW, Wainscoat JS. “Prenatal diagnosis of fetal RhD status by molecular analysis of maternal plasma”. 1998. New England Journal of Medicine (NEJM/MMS). 339 (24): 1734–8.