Tumori gastrointestinali: in un anno 89mila casi in Italia


I tumori gastrointestinali nel 2019 hanno colpito circa 89.400 italiani (49.000 colon-retto, 14.300 stomaco, 13.500 pancreas, 12.600 fegato)

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I tumori gastrointestinali nel 2019, in Italia, hanno colpito circa 89.400 persone (49.000 colon-retto, 14.300 stomaco, 13.500 pancreas, 12.600 fegato). La diminuzione maggiore si registra nel cancro del colon-retto, conseguenza diretta dell’efficacia dei programmi di screening (ricerca del sangue occulto nelle feci, SOF), che permettono di individuare in fase iniziale lesioni sospette. In 5 anni (2014-2019) il calo è stato di 2.800 diagnosi.

Nel nostro Paese, vi sono però ancora nette differenze territoriali sia nell’adesione che nella copertura del test per i tumori gastrointestinali, che è in grado di ridurre la mortalità per questa neoplasia di circa il 20%. In particolare, al Nord e al Centro la copertura è quasi completa (92% Nord, 95% Centro), il Sud invece è ancora sotto il 50%. Nette anche le discrepanze nell’adesione (52% Nord, 35% Centro, 24% Sud). A Vicenza (Palazzo delle Opere Sociali, Piazza Duomo, ore 9-15), l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) nei giorni scorsi ha organizzato il convegno “News in GI Oncology”, dedicato proprio alle neoplasie gastrointestinali, e lanciato un appello alle Istituzioni perché il test SOF sia esteso fino ai 74 anni (oggi è garantito dal Servizio Sanitario Nazionale dai 50 ai 69 anni), scelta adottata finora solo da alcune Regioni.

“Il 65% dei pazienti colpiti da tumore del colon-retto è vivo a 5 anni dalla diagnosi – spiega Giordano Beretta, Presidente Nazionale AIOM e Responsabile dell’Oncologia Medica all’Humanitas Gavazzeni di Bergamo –. Lo screening è in grado di individuare, oltre alla presenza di un tumore ogni 850 persone asintomatiche, anche adenomi, cioè polipi, potenzialmente in grado di trasformarsi in cancro ogni 150 individui analizzati. La loro rimozione prima della trasformazione in neoplasia consente una riduzione di nuovi casi di tumore negli anni seguenti. Per questo, è importante che il test sia esteso anche agli over 70. Così potremo salvare più vite”. Nel 2017, sono stati 277.930 i cittadini con oltre 70 anni invitati allo screening colorettale (4,5% del totale). L’attività principale è stata svolta dai programmi del Lazio (125.026 invitati, pari al 45% del totale nazionale), Lombardia (69.221 invitati, 25%), Campania (41.831 invitati, 15%), Toscana (17.046 invitati, 6%) e Umbria (14.980 invitati, 5%). In Lazio e in Umbria, l’estensione dell’invito fino ai 74 anni è sistematica.

“Il tumore del colon-retto in Italia è la seconda neoplasia più frequente dopo quello della mammella – sottolinea Giuseppe Aprile, Direttore Dipartimento Oncologia Clinica Ospedale San Bortolo di Vicenza -. In Veneto, nel 2019, sono stati diagnosticati 3.900 nuovi casi (2.100 uomini, 1.800 donne). Fra i fattori di rischio, ricordiamo gli stili di vita scorretti, in particolare il sovrappeso, la sedentarietà e un’alimentazione squilibrata e troppo ricca di grassi. La prevenzione primaria risulta fondamentale, così come riuscire ad ottenere l’eliminazione dei precursori e una diagnosi in stadio iniziale. Se individuiamo la neoplasia durante le prime fasi, possiamo intervenire tempestivamente e raggiungere i migliori risultati in termini di guarigione. Il 20% dei casi è scoperto tardi, quando sono già sviluppate metastasi. La prognosi di questi pazienti è migliorata sensibilmente negli ultimi anni, con una sopravvivenza di circa 30 mesi. Questi passi in avanti sono legati da una parte alle nuove conoscenze biologiche, dall’altra all’individuazione di particolari bersagli molecolari controllabili con terapie mirate”.

Il convegno di Vicenza è focalizzato sugli avanzamenti terapeutici in tutti i tumori gastroenterici. “La medicina di precisione ha rappresentato una svolta anche nel carcinoma epatico – conclude il presidente Beretta -. È recente l’approvazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) di una terapia mirata che ha dimostrato, per la prima volta in dieci anni, di offrire in prima linea, cioè in pazienti mai trattati prima, più benefici rispetto allo standard di cura. E nel tumore del pancreas metastatico, particolarmente difficile da trattare, per la prima volta un trattamento di mantenimento, nei pazienti con mutazione dei geni BRCA1 e/o BRCA2, ha migliorato la sopravvivenza libera da progressione. Si apre così, finalmente anche in questa malattia, una strada già percorsa con successo in altri tipi di neoplasie, in cui i pazienti ricevono terapie in base alle rispettive mutazioni nel profilo genico-molecolare del tumore”.