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Ipertensione: amlodipina riduce rischio gotta

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L’incidenza di ipertensione arteriosa è in aumento in tutta Europa: interessa un cittadino su tre del Vecchio Continente

Amlodipina riduce il rischio di gotta a lungo termine in pazienti ipertesi rispetto ad altri due farmaci comunemente prescritti per abbassare la pressione arteriosa

L’amlodipina, calcio-antagonista diidropiridinico impiegato per il trattamento dell’ipertensione, riduce il rischio di gotta a lungo termine rispetto ad altri due farmaci comunemente prescritti per abbassare la pressione arteriosa. È quanto dimostra un nuovo studio condotto da ricercatori del Beth Israel Deaconess Medical Center (BIDMC) di Boston e i cui risultati sono stati pubblicati online sul “Journal of Hypertension”.

In particolare, gli studiosi hanno dimostrato che l’amlodipina è associata a un minor rischio di gotta rispetto al clortalidone (diuretico) o al lisinopril (ACE-inibitore), un dato che non era mai stato riportato in precedenza. «Questa scoperta può essere utile nei casi in cui il rischio di gotta è una delle principali preoccupazioni tra i pazienti in trattamento per ipertensione» commentano gli autori, coordinati da Stephen P. Juraschek, docente di Medicina dell’Harvard Medical School presso il BIDMC.

Inoltre, aggiungono i ricercatori, «il nostro studio è clinicamente rilevante poiché la prevalenza della gotta è in aumento negli Stati Uniti e il numero di americani che raggiungono le soglie diagnostiche recentemente rivedute per l’ipertensione è raddoppiato».

Finora mancanza di prove per guidare la scelta del farmaco più appropriato
La gotta, ricordano gli autori, si caratterizza per un improvviso inizio di dolore, gonfiore e rigidità delle articolazioni ed è causata dalla formazione di cristalli di urato in piccoli spazi tra le articolazioni che si accumulano quando circolano elevate quantità di acido urico nel sangue.

«Se è appurato che la gotta è legata al consumo di alcuni alimenti (tra cui carne rossa, frutti di mare e alcol), è anche vero che si tratta di una comune complicazione della gestione della pressione arteriosa e una causa spesso citata di non aderenza ai farmaci» spiegano Juraschek e colleghi. «Tuttavia, pochi studi, e quindi poche prove, forniscono una guida per i medici che devono scegliere un farmaco antipertensivo per pazienti con rischio di gotta.

Analisi secondaria dei dati generati dallo studio ALLHAT
Juraschek e colleghi hanno condotto un’analisi secondaria dei dati generati dal trial ALLHAT (Antihypertensive and Lipid-Lowering Treatment to Prevent Heart Attack Trial).
Questo studio clinico randomizzato ha valutato l’effetto della terapia di ipertensione di prima linea con amlodipina, clortalidone o lisinopril su esiti cardiovascolari (cardiopatia coronarica fatale o infarto miocardico non fatale) in oltre 20.000 partecipanti trattati in 623 centri medici in Nord America tra il 1994 e il 2002.

I partecipanti alla sperimentazione sono stati collegati a richieste per gotta (ICD9 274.XX) negli archivi dei Centers for Medicare and Medicaid Services (CMS) e dell’United States Department of Veteran Affairs (VA).

«Abbiamo determinato sia l’effetto dell’assegnazione ai farmaci sulla gotta con modelli di regressione di Cox sia l’associazione aggiustata dell’uso di atenololo auto-riferito (accertato alla visita a 1 mese per indicazioni diverse dall’ipertensione) con la gotta» specificano gli autori.

I risultati, per punti-chiave
Le richieste (claims) sono state collegate a 23 964 partecipanti (età media 69,8 +/- 6,8 anni, 45% donne). L’uso di atenololo è stato segnalato da 928 partecipanti nella visita a 1 mese. Nel corso di un follow-up medio di 4,9 anni, sono state documentate 597 richieste per gotta. Questi i risultati principali:

«Sono necessarie ulteriori ricerche per confermare questi risultati» affermano Juraschek e coautori. «Inoltre, ai fini della scelta di un farmaco antipertensivo, dovrebbero essere considerati altri esiti sulla salute, come per esempio una condizione di insufficienza cardiaca».

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