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La risposta agli antipertensivi varia: verso una cura personalizzata

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Nuovo studio ha mostrato una variazione sostanziale tra i singoli individui in termini di risposta della pressione arteriosa a vari farmaci antipertensivi

Un nuovo studio, pubblicato su “JAMA”, ha mostrato una variazione sostanziale tra i singoli individui in termini di risposta della pressione arteriosa a vari farmaci antipertensivi, aumentando la possibilità di una futura terapia personalizzata.

«Abbiamo scoperto che l’uso del farmaco antipertensivo ottimale per un particolare paziente ha comportato una riduzione media della pressione arteriosa maggiore di 4,4 mm Hg rispetto a una scelta casuale di altri antipertensivi. Si tratta di una differenza piuttosto sostanziale e potrebbe essere considerata equivalente all’aggiunta di un altro farmaco» riferiscono gli autori, guidati da Johan Sundström, dell’Ospedale Universitario di Uppsala (Svezia).

«Questi risultati preliminari suggeriscono che alcune persone possono essere trattate meglio con un farmaco antipertensivo piuttosto che con un altro. Ciò sta aprendo il campo dell’ipertensione verso la medicina personalizzata» aggiungono.

Monoterapia, migliore aderenza rispetto all’uso di più farmaci
I ricercatori osservano che, nonostante l’accesso globale a più classi di farmaci altamente efficaci per ridurre la pressione arteriosa, solo una donna su quattro e un uomo su cinque con ipertensione raggiungono gli obiettivi di trattamento. Mentre la maggior parte delle linee guida sull’ipertensione sostengono la farmacoterapia di combinazione, molti pazienti in cure di routine continuano a essere trattati con una monoterapia, comportando importanti problemi clinici quali effetti avversi e scarsa aderenza alla terapia stessa.

«Un solo farmaco spesso non offre una sufficiente riduzione della pressione arteriosa, ma i pazienti sono spesso riluttanti ad aumentare il trattamento ricorrendo a due farmaci» scrivono Sundström e colleghi. «Mentre è noto che le quattro classi raccomandate di antipertensivi abbassano la pressione arteriosa in media altrettanto bene, non è invece chiaro se la loro efficacia è la stessa nei singoli pazienti».

«Ci siamo chiesti se ci potessero essere diversi farmaci ottimali per le diverse persone, e se, qualora si potesse identificare il farmaco ottimale per ogni persona, più pazienti potessero forse raggiungere i livelli target con un solo farmaco» spiegano.

Studio randomizzato, in doppio cieco, con crossover ripetuti
I ricercatori hanno condotto uno studio randomizzato, in doppio cieco, trasversale ripetuto in una clinica ambulatoriale di ricerca, studiando 280 pazienti di entrambi i sessi con ipertensione di grado 1 a basso rischio di eventi cardiovascolari. Per ogni partecipante è stato programmato un trattamento di 2 mesi in ordine casuale con ciascuna delle quattro diverse classi di farmaci antipertensivi:

Ci sono stati quindi periodi di trattamento ripetuti per due classi di farmaci per cercare di tenere conto di qualsiasi effetto di un particolare evento che avrebbe potuto influenzare la pressione arteriosa in un determinato momento. La pressione arteriosa sistolica ambulatoriale diurna è stata misurata alla fine di ogni periodo di trattamento.

Con il trattamento individualizzato, valori pressori ridotti in media di oltre 4 mm Hg
I risultati hanno mostrato che la variazione della pressione arteriosa sistolica era, in media, ampia tra i trattamenti, tra i partecipanti, all’interno dei partecipanti che assumevano lo stesso trattamento e tra i trattamenti nello stesso partecipante. Nel complesso, il trattamento personalizzato utilizzando la monoterapia ottimale ha portato a una pressione arteriosa sistolica inferiore di 4,4 mm Hg nella popolazione in studio rispetto a una scelta casuale di una qualsiasi delle altre classi di farmaci.

Tenendo conto che il lisinopril è risultato essere in media il più efficace dei farmaci alle dosi selezionate, il trattamento personalizzato rispetto al lisinopril ha comunque portato a una riduzione di 3,1 mm Hg della pressione arteriosa sistolica.

I ricercatori osservano che la riduzione media aggiuntiva della pressione arteriosa ottenibile utilizzando l’agente ottimale era in media di una grandezza doppia rispetto a quella ottenuta raddoppiando la dose di un primo farmaco e più della metà di quella dell’aggiunta di un secondo farmaco.

Mentre c’erano solo piccole differenze tra alcuni farmaci (per esempio, candesartan vs lisinopril o amlodipina vs idroclorotiazide), per tutti gli altri confronti testati la scelta era importante, con miglioramenti particolarmente elevati ottenibili personalizzando la scelta tra candesartan vs amlodipina e tra lisinopril vs amlodipina. Inoltre, alcune persone hanno mostrato differenze molto grandi nella risposta a diversi farmaci, mentre altre non hanno fatto registrare una differenza elevata.

Due possibili strategie per la scelta terapeutica
La domanda centrale è: come identificare il miglior farmaco per ogni singolo paziente? Questo studio ha aperto il vaso di Pandora, secondo gli autori, che affermano di dovere capire ora come andare avanti nella ricerca e come personalizzare il trattamento in ogni paziente.

Nello studio, i ricercatori suggeriscono che la personalizzazione della terapia potrebbe essere ottenuta identificando le caratteristiche fenotipiche associate a una maggiore risposta a un trattamento rispetto a un altro o misurando direttamente le risposte dell’individuo a una serie di trattamenti per accertare quale sia il più efficace.

Riguardo al primo scenario, «si possono analizzare le caratteristiche dei pazienti che hanno risposto meglio a ciascun farmaco» spiegano Sundström e colleghi. «Ci sono molte variabili da valutare come età, dieta, pressione arteriosa basale, livelli di esercizio, stato di fumo, etnia, peso corporeo, assunzione di sale e risultati di test genetici. Si cercherà di esaminarli per vedere se sia possibile trovare predittori di risposta a farmaci diversi».

Circa la seconda strategia, gli autori suggeriscono che i pazienti che iniziano la terapia farmacologica potrebbero provare alcuni trattamenti differenti. «Per esempio, si possono dare ai pazienti due diversi farmaci e chiedere loro di alternare periodi di trattamento con ciascuno di essi, misurare la pressione arteriosa con un kit di monitoraggio domiciliare e registrare gli effetti avversi».

La non aderenza alla terapia «è un grosso problema con gli antipertensivi» ribadiscono. «Questo approccio può consentire ai pazienti di essere più responsabilizzati quando si sceglie il trattamento ‘giusto’, cosa che dovrebbe aiutare l’aderenza a lungo termine».

Offerte “prove di principio”, secondo un editoriale
Commentando lo studio in un editoriale di accompagnamento, Robert Carey, dell’University of Virginia Health System di Charlottesville, scrive: «In questa fase, i risultati sono più teorici che immediatamente pratici per l’implementazione di una terapia farmacologica antipertensiva personalizzata. Lo studio però fornisce prove di principio e gli autori suggeriscono alcuni scenari in cui un approccio personalizzato potrebbe essere utilizzato in futuro».

Secondo Carey, i risultati di questo studio «incoraggiano l’ulteriore ricerca con studi randomizzati più ampi utilizzando simili disegni di crossover ripetuti per convalidare questo concetto e, infine, tramite studi con dati di follow-up più protratti per determinare se vi è un miglioramento negli esiti clinici a lungo termine rispetto alle strategie attuali».

Fonti:
Sundström J, Lind L, Nowrouzi S, et al. Heterogeneity in Blood Pressure Response to 4 Antihypertensive Drugs: A Randomized Clinical Trial. JAMA. 2023;329:1160-9. doi: 10.1001/jama.2023.3322. leggi

Carey RM. Is Personalized Antihypertensive Drug Selection Feasible? JAMA. 2023;329:1153-4. doi: 10.1001/jama.2023.3704. leggi

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