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Taglio dei parlamentari: Pd spaccato sul referendum

Crisi di governo, dopo la fiducia 'raccogliticcia' al Senato è ancora caos. Il Pd apre alle elezioni: “La maggioranza c’è, ma non si governa così”

Il Pd diviso sul referendum per il taglio dei parlamentari, in direzione chiesta libertà di coscienza. Nessun accenno nella relazione di Zingaretti

Pd diviso in direzione sul referendum del 29 marzo che riduce il numero dei parlamentari. A quanto apprende l’agenzia Dire, in direzione fallisce il tentativo di approvare un ordine del giorno favorevole al taglio dei parlamentari. Il punto viene accantonato e rinviato all’assemblea del 22 febbraio.

E’ apertissima dunque la discussione nel Pd sulla linea da tenere in vista del referendum confermativo sul taglio dei parlamentari. In direzione il tema e’ stato toccato solo marginalmente. Il segretario Nicola Zingaretti non vi ha fatto cenno nella relazione. Ha affrontato il punto solo in sede di replica per dire che, coerentememte al voto dato dal Pd in Parlamento, a marzo i Democratici avrebbero dovuto sostenere il si’ al referendum.

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La posizione era stata confermata in un ordine del giorno firmato da esponenti di Base riformista ma anche della maggioranza, per impegnare il partito a sostenere il si’. Tra le firme quelle del capogruppo Andrea Marcucci e della vicepresidente Anna Ascani. Ma quando il documento e’ stato posto ai voti, (il segretario Zingaretti aveva gia’ lasciato la sala dove si sono tenuti i lavori a porte chiuse della direzione), si sono levate diverse voci a contestare il contenuto dell’ordine del giorno.

Tra queste quella del capodelegazione del Pd al parlamento europeo Brando Benifei che, a quanto apprende la Dire (www.dire.it), ha detto a chiare lettere che considerava un errore il ‘si” al taglio dei parlamentari ed ha chiesto al partito di lasciare liberta’ di coscienza ai suoi rappresentanti.

Alla voce di Benifei se ne sono aggiunte altre dello stesso tenore. A chiedere un supplemento di riflessione e’ stato anche il senatore Luigi Zanda, attuale tesoriere del partito. “Le riforme costituzionali sono argomento troppo rilevante per essere affidate a un ordine del giorno alla fine di una riunione in cui, prevedibilmente, non c’e’ neppure il numero legale”, e’ stato il ragionamento di Zanda. Per questo, ha chiesto, meglio rinviare a una riunione ad hoc.

Il lodo Zanda e’ stato accolto di buon grado da molti dei presenti al punto che le vicepresidenti Ascani e Serracchiani hanno dovuto accettare il rinvio. Ordine del giorno accantonato.

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