Menopausa: sonno alleato contro l’osteoporosi


Un buon sonno aiuta la densità minerale ossea e riduce il rischio di osteoporosi nelle donne in post-menopausa secondo un nuovo studio

Un buon sonno aiuta la densità minerale ossea e riduce il rischio di osteoporosi nelle donne in post-menopausa secondo un nuovo studio

Nel corso degli anni, un numero crescente di studi sembra suggerire come un buon sonno ristoratore migliori la salute complessiva, sia fisica che mentale. Conferme in tal senso provengono da uno studio di recente pubblicazione su JBMR che suggeriscono come una durata del sonno inferiore alle 5 ore per notte si associ a ridotta densità minerale ossea e ad innalzamento del rischio di osteoporosi (OP) nelle donne in post-menopausa.

Lo studio è interessante in quanto apre alla possibilità di intervenire su un fattore di rischio modificabile per preservare la salute delle ossa in questa fase della vita della donna.

Lo studio

Il sonno è un processo biologico fondamentale che gioca un ruolo chiave in una varietà ampia di funzione metaboliche ed endocrine: “Un sonno non ristoratore si lega, infatti, a diverse condizioni nocive per la salute, quali l’obesità, il diabete, l’ipertensione, le malattie CV e la mortalità – ricordano i ricercatori nell’introduzione al lavoro”.

Occorre anche ricordare come una ridotta densità minerale ossea (DMO) e le fratture da osteoporosi (OP) rappresentino due manifestazioni comuni dell’invecchiamento e siano associate a maggiori rischi di morbi-mortalità.

“Fino ad oggi – continuano i ricercatori – non vi erano molti studi di ampie dimensioni che avessero approfondito il tema dell’associazione tra la salute del sonno e quella dell’osso, includendo sia misurazioni di DMO che del rischio di OP. Dal momento che l’invecchiamento si associa a variazioni del metabolismo osseo (meccanismi di riassorbimento e di sintesi di tessuto), ci sembrava logico, pertanto, condurre uno studio epidemiologico di dimensioni appropriate nelle donne in post-menopausa, notoriamente a maggior rischio di fratture”.

Su questi presupposti è nato il nuovo studio, che ha incluso donne in post-menopausa provenienti dallo storico studio WHI (the Women’s Health Initiative) (n=11.084). I ricercatori sono ricorsi ai modelli di regressione lineare per determinare l’associazione tra le ore di sonno auto-riferite e la qualità dello stesso (misurata con il Women’s Health Initiative Insomnia Rating Score) da un lato e le misure di DMO (total body, a livello dell’anca in toto, del collo femorale e del rachide) dall’altro.

Ulteriori modelli di regressione hanno esaminato, invece, le associazioni esistenti tra la durata del sonno e la qualità dello stesso  con le condizioni, individuate mediante esame DEXA, di ridotta massa osse (T-score >-2,5 to <-1) e OP (T-score ≤-2,5).

I risultati ottenuti sono stati successivamente corretti in base all’età, allo strumento utilizzato per la DEXA, all’etnia, ai sintomi menopausali, al livello di istruzione, alla condizione di fumatore, all’attività fisica, al BMI, al ricorso all’alcol, all’attività fisica e all’impiego di farmaci per il sonno.

Risultati principali
I ricercatori hanno osservato che le donne che riferivano una ridotta durata del sonno notturno (≤5 ore per notte) presentavano livelli di DMO significativamente più bassi (differenza media:  da -0,012 a 0,018 g/cm2) rispetto a quelle che riferivano di dormire almeno 7 ore per notte, indipendentemente dal sito anatomico considerato.

Non solo: le analisi di regressione hanno mostrato che le donne che dormivano meno avevano probabilità maggiori di presentare riduzioni della massa ossea (OR= 1,22; IC95%=1,03-1,45) e OP a livello dell’anca (OR=1,63; IC95%=1,15-2,31).

Inoltre, le donne che dormivano ≤5 ore per notte si caratterizzavano per un maggior rischio di OP al rachide (OR=1,28; IC95%= 1,02-1,60). Al contrario, lo studio non è stato in grado di dimostrare l’esistenza di associazioni significative tra la qualità del sonno le misure densitometriche ottenute mediante DEXA.

In sintesi

In conclusione “lo studio ha fornito evidenza epidemiologica a supporto del sonno come fattore di rischio parzialmente modificabile per la DMO – scrivono i ricercatori -. Se gli studi mostrano l’esistenza di un’associazione causa-effetto con la densità ossea, la promozione di interventi atti a migliorarne la durata potrebbe configurarsi come un’opzione di intervento potenzialmente in grado di mitigare la perdita di osso negli individui a maggior rischio di OP”.