Artrite psoriasica: conferme di efficacia per risankizumab


I pazienti con artrite psoriasica (PsA) attiva trattati con risankizumab, inibitore di IL-23, sono stati in grado di preservare il miglioramento della sintomatologia articolare e cutanea secondo un nuovo studio

I pazienti con artrite psoriasica (PsA) attiva trattati con risankizumab, inibitore di IL-23, sono stati in grado di preservare il miglioramento della sintomatologia articolare e cutanea in uno studio

I pazienti con artrite psoriasica (PsA) attiva trattati con risankizumab, inibitore di IL-23, sono stati in grado di preservare il miglioramento della sintomatologia articolare e cutanea in uno studio di estensione in aperto, in assenza di nuovi segnali di safety rispetto a quelli già noti. Queste le conclusioni di uno studio presentato nel corso del congresso annuale dell’American College of Rheumatology, che fanno ben sperare, in caso di conferme negli studi di fase 3, sull’ampliamento delle possibilità terapeutiche di trattamento con questo farmaco di prossima introduzione nel trattamento della psoriasi.

Razionale e disegno dello studio
L’IL-23 è notoriamente coinvolta nella patogenesi nelle diverse manifestazioni della malattia psoriasica (sinovite periferica, entesite, dattile e spondilite), in modo diretto o indiretto.

Risankizumab è un anticorpo monoclonale IgG1 umanizzato che si lega selettivamente alla subunità p19 dell’IL-23.  Attualmente sono in corso studi clinici con questo farmaco nella psoriasi, nelle malattie infiammatorie croniche intestinali – malattia di Crohn e colite ulcerosa- nell’artrite nella dermatite atopica e, last but not least, nella PsA.

In un trial clinico di fase 2 della durata di 24 settimane, risankizumab è stato in grado di mostrare efficacia superiore al placebo, in termini di risposte ACR e di punteggi PASI, in pazienti affetti da PsA attiva.
L’obiettivo dell’analisi presentata al Congresso è stato quello di approfondire il profilo di efficacia e di sicurezza del farmaco nel lungo termine in uno studio di estensione in aperto, che ha incluso i pazienti trattati nel trial per 24 settimane.

Lo studio in aperto, a braccio singolo, della durata di 52 settimane, prevedeva che i pazienti venissero trattati con risankizumab 150 mg a cadenza trimestrale per 36 settimane. I ricercatori hanno registrato, nel corso delle visite periodiche di controllo (settimane 0, 4, 12, 24, 36,48, 52) alcuni outcome di efficacia (risposta ACR, risposte PASI, punteggio DAS28-CRP, indici di Leeds (per la valutazione dell’entesite e della dattilite) e il punteggio SF-36 relativo alla qualità della vita).

Risultati principali
Dei 173 pazienti che avevano completato il trial di fase 2 a 24 settimane, 145 (83,8%) sono stati reclutati nello studio di estensione in aperto. I pazienti avevano un’età mediana pari a 51 anni e 61 (42,1%) di sesso femminile.

All’inizio dello studio di fase 2 (settimana 0), 63 pazienti (44,4%) mostravano psoriasi (PsO) ≥3% BSA, 40 pazienti (27,8%) dattilite e 73 pazienti entesite (53,5%); trentacinque pazienti (24,1%) erano stati sottoposti a trattamento pregresso con farmaci anti-TNF, mentre 83 (57,2%) erano in terapia concomitante con MTX. Lo studio ha rilevato tassi di risposta ACR e PASI (nei pazienti con PsO ≥3% BSA) ad un anno paragonabili, se non addirittura superiori a quelli rilevati nel trial di fase 2 a 24 settimane.

Nello specifico, raffrontando il numero di pazienti soddisfacenti l’outcome a 24 settimane (n) rispetto a quelli soddisfacenti l’outcome a 52 settimane (N), si sono avuti i seguenti risultati:
– n/N risposta ACR20: da 68/135 a 76/101
– n/N risposta ACR50: da 31/135 a 44/101
– n/N risposta ACR70: da 18/136 a 25/101
– n/N risposta PASI90: da 33/57 a 30/41
– n/N risposta PASI100: da 23/58 a 25/41

Le variazione media rispetto al basale del punteggio DAS28-CRP di attività di malattia è aumentata da -1,4 a -1,9 (media 52 settimane: 2,7), mentre quelle degli indici di Leeds relativi a dattilite ed entesite sono state pari, rispettivamente, a -74,5 e a -1,8.

Sul fronte della safety, non sono stati documentati decessi, neoplasie o casi di Tb attiva nel corso dello studio. Una proporzione di pazienti dello studio di estensione pari al 60% ha sperimentato aventi avversi legati al trattamento, la tipologia più comune dei quali era rappresentata da infezioni virali a carico del tratto respiratorio superiore (11%).
Da ultimo, i ricercatori hanno registrato una percentuale ridotta (3,4%) di pazienti che è andata incontro ad eventi avversi seri e ad eventi avversi che hanno portato alla sospensione del trattamento con risankizumab.