Alzheimer: risonanza fa capire se la cura funziona


Alzheimer: una risonanza magnetica strutturale, eseguita dopo 9 mesi di trattamento farmacologico, permette di capire se la terapia funziona

Alzheimer: una risonanza magnetica strutturale, eseguita dopo 9 mesi di trattamento farmacologico, permette di capire se la terapia funziona

Da uno studio che vede in prima fila anche il Niguardauna speranza in più contro il “morbo della memoria”. Quando un paziente comincia la terapia per la Malattia di Alzheimer è impossibile sapere se e in che modo risponderà ai farmaci.

Sembrerebbe non essere più così. Infatti, secondo una ricerca svolta presso il Centro di Neuropsicologia Cognitiva del Niguarda, in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Pavia e il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, una risonanza magnetica strutturale, eseguita dopo 9 mesi di trattamento farmacologico, può contribuire a distinguere i pazienti che rispondono alla terapia da quelli che non ne traggono beneficio.

A oggi non esiste un singolo test di laboratorio o clinico per fare diagnosi di demenza né tanto meno per predire la risposta ai farmaci che rendono disponibile una maggior quantità di acetilcolina nel cervello (la diminuzione del numero di neurotrasmettitori per l’acetilcolina è tra le principali responsabili dei sintomi della malattia).

Spiega il Direttore del Centro di Neuropsicologia Cognitiva: “I pazienti che non rispondono in alcun modo al trattamento farmacologico mostrano una significativa atrofia dei nuclei colinergici cerebrali e dei fasci di sostanza bianca circostanti. Attraverso una particolare risonanza magnetica strutturale è possibile individuare le aree del cervello in cui c’è una riduzione significativa di sostanza grigia oppure di sostanza bianca”.

Lo studio, pubblicato su Behavioral Neurology e finanziato dall’Assessorato alla Sanità della Regione Lombardia, è stato condotto su 23 pazienti. Sebbene preliminari, i risultati rappresentano il primo tentativo sistematizzato di creare un protocollo multidisciplinare per valutare l’efficacia di un farmaco, uno “spartiacque” importante che in futuro potrebbe rivelarsi promettente nell’identificare, prima di iniziare la cura, i pazienti  che potranno beneficiare di un altro trattamento piuttosto che di quello farmacologico.

Una speranza non da poco: si stima infatti che in un Paese delle dimensioni dell’Italia vi siano circa 65.000 nuovi casi di probabile malattia di Alzheimer ogni anno e che il costo per la cura di ogni singolo paziente sia pari a circa 1.500 euro all’anno. In totale si spendono 8 miliardi di euro all’anno per la cura delle demenze, di cui oltre 2 solo per i farmaci.