Gioco d’azzardo: per i giovani non è patologico


Dalle slot ai Gratta e Vinci, i ragazzi non riconoscono il gioco come patologico secondo un allarme lanciato dalla Società italiana di pediatria (Sip) sezione Lazio

Dalle slot ai Gratta e Vinci, i ragazzi non riconoscono il gioco come patologico secondo un allarme lanciato dalla Società italiana di pediatria (Sip) sezione Lazio

Disturbi visivi e del sonno, sbalzi d’umore, obesità, condotte delinquenziali, ansia, depressione e comportamenti eccessivi. Sono alcune delle conseguenze del gioco d’azzardo sulla salute di adolescenti e ragazzi tra i 15 e i 19 anni, che, affetti dalla febbre del ‘Gratta e vinci’ e attirati dagli schermi di videopoker e slot machine, troppo spesso “non riconoscono il problema come patologico”. Dopo “un aumento di questo fenomeno negli anni passati, i numeri sono oggi in riduzione”, afferma alla Dire (www.dire.it) Pietro Ferrara, presidente della Società italiana di pediatria (Sip) sezione Lazio a margine dell’apertura del primo congresso regionale congiunto di pediatria. Un’incidenza che comunque resta allarmante: nel tunnel della ludopatia, infatti, sono “circa il 5-6% della popolazione dei ragazzi- spiega- e il 13% di quelli intervistati in una recente ricerca ha giocato almeno una volta nell’ultimo mese”.

Dati che devono far riflettere nell’ottica di una prevenzione del gioco patologico da realizzare “dentro e fuori le scuole. Non si possono vedere videogiochi o sale slot vicino agli istituti scolastici dove ci sono minori”, denuncia Ferrara, proprio nel giorno in cui la lotta al gioco d’azzardo negli spazi sociali e di formazione dei giovani torna alla ribalta grazie all’ordinanza del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Il primo cittadino del capoluogo siciliano, infatti, ha vietato l’apertura di sale gioco tradizionali e videolottery a meno di 500 metri dalle scuole di qualsiasi ordine e grado e dai luoghi ricreativi frequentati dai giovani.

I SEGNALI DI UN COMPORTAMENTO DISFUNZIONALE

“Il leitmotiv è l’avverbio ‘improvvisamente’- continua il presidente regionale della Sip- Un improvviso calo del rendimento scolastico, un improvviso cambiamento di umore, un improvviso isolamento sociale, la ricerca continua di denaro“. Tutti segnali “indiretti, non fisici, ma comportamentali”, che “devono spingere la famiglia ad essere più vicina al ragazzo e a cercare di capire se c’è qualcosa che non va”.

Fondamentale anche il “ruolo-sentinella del pediatra, perché è la prima persona con cui si confronta la famiglia” e la figura “che ha gli elementi per poter comprendere se questi segnali rientrano in un tumulto adolescenziale, di crescita, o sono patologici. Noi pediatri- insiste Ferrara- dobbiamo intervenire facendo formazione e diffondendo la conoscenza che anche questo, oggi, è un problema. La prevenzione va fatta col dialogo- conclude- con gli insegnanti e con le famiglie”.

VILLANI (SIP): “PEDIATRA DUTTILE, SISTEMA VECCHIO DI 40 ANNI”

“C’è un ingegnere che oggi fa quello che faceva 40 anni fa? Ovviamente no. E lo stesso vale per i pediatri, gli specialisti di oggi devono essere duttili e poter lavorare in ospedale come nel territorio. Siamo all’interno di un sistema improntato a 40 anni fa”. Esordisce così Alberto Villani, presidente nazionale della Società italiana di pediatria (Sip) durante il primo congresso congiunto regionale Sip-Sin-Simeup del Lazio, ‘Insieme per il futuro’, in corso a Roma, presso l’Auditorium della Tecnica. Il congresso congiunto, come le innovazioni accolte dal ministero della Salute e riportate oggi da Maria Grazia Privitera, “sono frutto di un lavoro lungo e strutturato in cui l’assistenza pediatrica” svolge il suo ruolo attraverso “il rapporto con la società- continua Villani- Il problema è che come professionisti possiamo incidere per meno del 20%, il resto sono limiti imposti”, spiega il presidente Sip. A partire dal “blocco delle Regioni, alla complessità del sistema, fino al ministero della Salute che per come è strutturato, è completamente slegato da altri contesti, come quello sociale. Per questo sarebbe auspicabile un ministero della Salute e degli Affari Sociali”. La denatalità, infatti, ricorda il pediatra “è frutto di una trentennale storia di privazioni dei valori della maternità e su questo dobbiamo lavorare. Noi-continua- come pediatri stiamo facendo al meglio delle nostre possibilità per cambiare il sistema. In questo si iscrive il Tavolo della Pediatra 2020”. La carenza dei pediatri non sempre rappresenta la realtà dei fatti, secondo Villani “i pediatri in Italia sono anche più di quelli che servono, ma è necessario cambiare le modalità lavorative”. C’è ancora “un 81enne che fa le guardie notturne qui in Lazio. In una Regione con oltre 1.000 pediatri- puntualizza il medico- ci sono situazioni veramente inverosimili”.

Gli fa eco Riccardo Lubrano, presidente nazionale Simeup, che aggiuge: “La situazione è drammatica all’esterno di Roma, dobbiamo ricostituire la rete dell’emergenza, abbiamo intere aree della Regione che sono scoperte con un’assistenza pediatrica di quale livello?”. La necessità, a detta del presidente Simeup, è quella di “rivedere i Lea (Livelli essenziali di assistenza) per i bambini. Occorre un lavoro serio su tutta la Regione, che presenta attualmente dei buchi assistenziali enormi. Non abbiamo una rete dell’emergenza pediatrica né un trasporto pediatrico- precisa- questo è il momento giusto per parlarne”. Tutto ciò accade proprio perché “serve- conclude il presidente Sip- iniziare a immaginare un modello nuovo e questa non è una chance, ma l’unica via per garantire ai bambini quello che la Costituzione ha statuito”: cure necessarie e specialistiche.

SANITÀ, REGIONE LAZIO: “ORIENTARE SPESA SUI GIOVANI, IL 40% E’ A RISCHIO SOVRAPPESO”

La sfida del Sistema sanitario regionale (Ssr) nel Lazio “è riorientare la spesa verso il futuro, ovvero investire sui giovani prima che diventino malati cronici. Il 40% dei giovani oggi è potenzialmente esposto ai rischi del sovrappeso e dell’obesità”. A dirlo, al primo congresso unitario della pediatria nel Lazio, dal titolo ‘Insieme per il futuro’ in corso a Roma, è Alessio D’Amato, assessore alla Sanità della Regione Lazio.

“Il 50% della spesa va sulla cronicità- continua D’Amato- 4 miliardi sono dedicati infatti agli anziani proprio nell’ambito della cronicità e della multicronicita”. In questo momento di riflessione comune, l’assessore ricorda che “abbiamo bisogno del predominio dell’attivita scientifica per contrastare alcune vulgate oggi di moda. C’è un connubio ristretto tra il Sistema sanitario regionale e la vostra attività professionale. In questi mesi abbiamo lavorato con i professionisti della Pediatria raggiungendo obiettivi importanti. Ricordo l’impegno preso per raggiungere nel Lazio la più alta copertura vaccinale possibile nella fascia 0-24 mesi. Uno sforzo significativo- precisa- svolto insieme anche alla scuola e alle famiglie nel contrastare la ventata antiscientifica”.

Il Ssr del Lazio “esce dopo tanti anni da una stagione di difficoltà, per ridare dignità ai professionisti e per farli lavorare nel migliore dei modi, essendo loro tra i migliori in Europa. Uscire da una lunga stagione di commissariamento- aggiunge D’Amato- vuol dire investire nelle professioni e nel collegamento tra il mondo della formazione e il mondo dell’assistenza. Occorre superare la discrasia tra le scuole di specializzazione e la grande difficoltà nel coprire i turni di lavoro”. D’Amato punta, dunque, a “ripensare e riorganizzare la spesa e, quindi, gli investimenti perché questa è la sfida importante. Il Censis ha definito come ‘tsunami demografico’- conclude l’assessore alla Sanità- il nostro tasso di fertilità, che in Italia è il più basso d’Europa”.