Sindrome di Moschcowitz: nuovi farmaci in arrivo


Sindrome di Moschcowitz, nuovi farmaci in arrivo ma pazienti “chiamano” lo Stato: i nano-anticorpi per curare la aTTP non bastano

Sindrome di Moschcowitz, nuovi farmaci in arrivo ma pazienti "chiamano" lo Stato: i nano-anticorpi per curare la aTTP non bastano

La Sindrome di Moschcowitz è una malattia ultra rara, chiamata porpora trombotica trombocitopenica acquisita (Attp), per la quale sono in arrivo nuovi farmaci, i nano-anticorpi, però le terapie d’avanguardia, dicono i pazienti, “ci salvano la vita, ma non risolvono l’impatto sociale della malattia, per la quale spesso si perde il lavoro, e neppure le disparità tra i sistemi sanitari regionali”. Perché se la malattia è rara, non deve esserlo anche il servizio, soprattutto al Sud. Se ne è parlato oggi a Milano, in un incontro all’Ospedale Maggiore Policlinico, organizzato da Sanofi, finalizzato a informare su questa malattia, la cui conoscenza può aiutare pazienti e medici e smuovere le Istituzioni.

Conosciuta anche come Sindrome di Moschcowitz, dal cognome del medico che l’ha descritta per primo agli inizi del ‘900, è una patologia autoimmune della coagulazione del sangue che colpisce da una a sei persone per milione ogni anno. Per via delle sue manifestazioni acute, ha un alto tasso di mortalità a pochi giorni dall’insorgenza. All’origine della patologia c’è un’alterazione del sistema immunitario che inizia a produrre anticorpi che attaccano l’enzima Adamts13, impedendo il corretto funzionamento del processo di coagulazione del sangue.

“Quando si parla di un rischio di morte elevato, che può arrivare fino al 20% nei primi nove giorni dal ricovero, è evidente quanto sia necessario intervenire in estrema urgenza, anche se spesso non è semplice”, evidenzia all’Agenzia Dire (www.dire.it) Flora Peyvandi, direttore del centro emofilia e trombosi della Fondazione Irccs Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. “Innanzitutto, è necessario conoscere bene la patologia per poter individuare correttamente i segni e sintomi- precisa- Peyvandi- e poi avere laboratori attrezzati per la conferma diagnostica. Per arrivare a questo è molto importante ricevere una corretta formazione e informazione”.

La Sindrome di Moschcowitz si manifesta con disturbi iniziali che possono essere confusi con patologie di minor gravità. In breve tempo, però, i sintomi possono aggravarsi con la comparsa di ittero, disturbi della funzione renale, sanguinamenti dalle gengive o dal naso, lividi o macchie sulla pelle (porpora). Nei casi gravi, la Sindrome di Moschcowitz degenera rapidamente con episodi trombotici acuti con manifestazioni simili a infarto e ictus. Ma anche nei casi meno gravi, la patologia può avere ugualmente un forte impatto sociale: colpisce persone giovani, tra 30 e 40 anni, e soprattutto le donne. Anche quando non porta alle conseguenze più serie, può causare gravi deficit che comportano inabilità al lavoro o allo svolgimento delle attività quotidiane. È una patologia che presenta un elevato tasso di recidive: in un terzo dei pazienti tende a ripresentarsi a intervalli di tempo variabili dopo la remissione dall’episodio acuto, più spesso durante i primi due anni.

Se le terapie attuali non risultano efficaci nel 40% dei casi, e nel 33% dei casi la Sindrome di Moschcowitz si ripresenta già nel primo anno dopo il trattamento, sono in arrivo nuovi farmaci. “La scoperta dei nanoanticorpi e della loro ingegnerizzazione ha dato origine al primo e unico trattamento specifico per la Attp- sottolinea Peyvandi-, approvato di recente in Europa e che a breve sarà disponibile anche in Italia. Si tratta di caplacizumab, un nanobody bivalente umanizzato ottenuto con tecniche di Dna ricombinante che, in aggiunta alle attuali opzioni terapeutiche, “consentirà di andare incontro a un significativo miglioramento della prognosi dei pazienti e quindi di salvaguardare anche la loro qualità di vita”. Peyvandi insiste su una maggiore educazione su questo tipo di patologia, anche tra i medici di base, i primi, con quelli del pronto soccorso, che possono intercettarla e, possibilmente, bloccarne gli esiti più gravi.

“Le terapie sono fondamentali e meno male che ci sono perché ci salvano la vita- spiega Massimo Chiaramonte, Massimo Chiaramonte, presidente dell’Associazione nazionale porpora trombotica trombocitopenica onlus (Anppt)- ma l’impatto sociale della malattia è forte: molti perdono il lavoro e non riescono più a trovarlo, con ricadute sull’intera famiglia“. Di fronte allo Stato, continua Chiaramonte, “ci sentiamo invisibili” e se è pur vero “che abbiamo un’esenzione, raggiungiamo solo il 35% d’invalidità”. Le difficoltà maggiori le incontrano coloro che vivono nelle Regioni in piano di rientro, ovvero Puglia, Abruzzo, Sicilia, Calabria, Campania, Lazio e Molise, dove, spiega Chiaramonte, “noi pazienti di Attp siamo tra i tagli”.

Per i malati di Attp è fondamentale fare sistematicamente il test dell’Adamts13, che è anche predittivo, e quindi fa capire se è in aumento il rischio di una ricaduta o meno. I costi di questo esame “variano da Regione a Regione: da 46 euro di ticket in alcune, per arrivare a 150 euro, a volte 180 euro in altre” mentre “a Milano l’esame può essere gratis, totalmente in esenzione”. L’intenzione dell’associazione di pazienti, conclude Chiaramonte, è inoltre “chiedere ufficialmente l’inserimento del supporto psicologico nel percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (Pdta) per la nostra malattia, non solo nel percorso ospedaliero ma nel percorso post- ricovero”.