“L’infinito” di Leopardi in 3D svela tre riscritture


“L’infinito” di Leopardi scansionato in 3D: docente di Filologia dell’Università di Bologna scopre tre riscritture del manoscritto

“L’infinito” di Leopardi scansionato in 3D: docente di Filologia dell'Università di Bologna scopre tre riscritture del manoscritto

Correzioni, riscritture e almeno tre momenti diversi di revisione del testo. Così è nato “L’infinito” di Giacomo Leopardi, una delle liriche più celebri della letteratura italiana. La scoperta è frutto di un nuovo studio con scansione in 3D del manoscritto originale realizzato da Paola Italia, docente al dipartimento di Filologia classica e Italianistica dell’Alma Mater di Bologna. Tutti i risultati dell’indagine saranno presentati nel corso di un seminario internazionale in programma oggi a Bologna.

“Nonostante sia forse l’autografo più conosciuto della letteratura italiana- sottolinea Italia- ‘L’infinito’ è un oggetto ancora misterioso. Ancora non sappiamo con precisione, ad esempio, se sia stato composto prima o dopo il 29 giugno 1819, il 21esimo compleanno di Leopardi, che diventato maggiorenne tenta la fuga da Recanati. Tutto ciò che sappiamo è legato a un quadernetto a righe che reca, oltre a ‘L’infinito’, anche altri Idilli”. All’analisi ad alta definizione del manoscritto, realizzata con un metodo chiamato ‘Reflectance transformation imaging (Rti), hanno collaborato la Biblioteca nazionale centrale “Vittorio Emanuele III” di Napoli, che custodisce numerosi quaderni di Leopardi, e il laboratorio fotografico e multimediale “FrameLab”, del Campus di Ravenna dell’Alma Mater.

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La tecnologia, messa a disposizione dall’organizzazione no profit ‘Cultural heritage imaging’, permette di realizzare ricostruzioni digitali molto dettagliate. “Questo metodo è stato utilizzato inizialmente soprattutto per lo studio di manufatti artistici e archeologici- spiega Italia- ma si presta molto bene anche per l’indagine dei manoscritti. Fotografie ad alta definizione vengono scattate con luce riflessa su una sfera da diverse angolature e altezze e poi ricomposte digitalmente, creando così un’immagine tridimensionale che permette di migliorare la percezione della superficie dell’oggetto e di evidenziare le stratificazioni dei solchi lasciati dalla penna nella scrittura“. In questo modo è stato possibile scoprire segni e correzioni che corrispondono a penne e stesure diverse.

“L’analisi spettrometrica e le rilevazioni ad alta definizione in 3D- continua Italia- ci hanno confermato che ogni volta che Leopardi torna sul quaderno per scrivere un altro testo, corregge quelli precedenti, che recano quindi diverse serie di correzioni”. Ad esempio ‘L’infinito’, che è il secondo tra i testi del quaderno, “reca tre fasi diverse: quella realizzata con la penna della scrittura base, a cui seguono una serie di correzioni a inchiostro più scuro, realizzate l’anno successivo, nel 1820, quando scrive ‘La sera del giorno festivo’, e infine altre piccole correzioni effettuate con una penna dall’inchiostro rossiccio, preparando il testo per la copia definitiva”.

La ricerca dell’Alma Mater non si fermerà qui, riferisce l’Agenzia Dire (www.dire.it). “Vogliamo ora portare avanti il nostro progetto- conferma Italia- cercando di datare ulteriormente i testi, utilizzando una combinazione di strumenti: l’analisi letteraria della lingua e dello stile, quella filologica del ductus e le informazioni provenienti dall’analisi tridimensionale delle grafie”.