Tempio dorico trovato a Paestum: c’è una traccia “calda”


Tempio dorico trovato a Paestum: c’è una traccia “calda”. Nuovi indicatori grazie a un’ indagine realizzata da ricercatori del CNR

Tempio dorico trovato a Paestum: c’è una traccia “calda”

Dopo il ritrovamento – nel mese di giugno 2019 – di alcuni elementi smembrati di un tempio dorico di V sec. a.C. presso le mura della città antica di Paestum in Campania, gli archeologi del Parco Archeologico, diretto da Gabriel Zuchtriegel, hanno acquisito nuovi dati che potrebbero portare all’ubicazione esatta dell’edificio – e allo scavo stratigrafico di quello che rimane nel sottosuolo di un monumento che è stato definito un “gioiello dell’architettura dorica tardo-arcaica”.

Come il direttore insieme ai funzionari del Parco ha illustrato durante la Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, svoltasi a Paestum dal 14 al 17 novembre, una prospezione geofisica, in grado di rilevare tracce sotterranee con metodi non-invasivi, ha permesso di individuare un’anomalia in corrispondenza al ritrovamento degli elementi in superficie, in via ipotetica identificabile con il tempio smembrato. La prospezione è stata condotta in collaborazione con il Parco e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT), da un team multi-disciplinare dell’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale (Imaa) e dell’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente (Irea) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), sotto la direzione scientifica di Enzo Rizzo e Francesco Soldovieri. Coinvolti i ricercatori Ilaria Catapano, Luigi Capozzoli, Gregory De Martino, Gianluca Gennarelli e Giovanni Ludeno.

Nelle elaborazioni prodotte dagli scienziati del Cnr si vede una struttura rettangolare di 6 x 12 m circa. “Dimensioni che andrebbero bene con quanto abbiamo ricostruito in base agli elementi trovati in superficie, i quali permettono di ipotizzare un intercolunnio di 1,68 m”, commenta il direttore del Parco. “Quello che ci ha sorpreso è la struttura interna che si intravede: ci sembra essere un corpo centrale, una cella, circondata da un portico. Ma un tale tipo di impianto, chiamato periptero in virtù del fatto che è completamente circondato da colonne, di solito non viene adottato per edifici così piccoli, ma solo per grandi templi come quello di Nettuno a Paestum. Pertanto solo uno scavo scientifico potrà dare risposte certe”.

“Il team multidisciplinare del Cnr, costituito da Imaa e Irea, che da diversi anni in stretta collaborazione si occupa di esplorazione del sottosuolo, ha lavorato secondo un approccio multidisciplinare andando da una indagine a grande scala, come quella geomagnetica che ha investigato per circa 2 ettari individuando le zone di maggiore interesse archeologico, ad una investigazione di dettaglio”, commenta Enzo Rizzo (Cnr -Imaa).  “In una di queste aree”, continua Francesco Soldovieri (Cnr – Irea), “è stata condotta una campagna di prospezioni georadar. L’analisi dei dati georadar grazie ad approcci di elaborazione sviluppati dall’Irea ha permesso di identificare la planimetria di un ipotetico tempietto e la sua profondità di circa un metro”.

Il direttore del Parco ha ringraziato per “l’ampio sostegno che abbiamo ricevuto da tutte le parti”, dalla Soprintendenza di Salerno e Avellino retta da Francesca Casule e dai proprietari del terreno su cui insiste la struttura, l’Opera Pia “Pompeo Lebano” presieduta da Franco De Feo, al consorzio Ganosis quale appaltatore dei lavori di restauro e manutenzione sulle mura di Paestum che hanno portato alla scoperta del monumento nonché ai funzionari del Parco che hanno collaborato nelle attività di recupero e indagine. Non ha dimenticato di ricordare che il Parco di Paestum ha lanciato una campagna di fundraising per il recupero del tempio recentemente scoperto sulla piattaforma Artbonus (https://artbonus.gov.it/2016-5-parco-archeologico-di-paestum.html).

“Oltre all’eccezionale valore scientifico”, conclude Zuchtriegel, “il rinvenimento è per noi anche un’occasione per creare coesione e sinergie intorno al patrimonio archeologico, dimostrando in questa maniera che tutela, ricerca e valorizzazione sono parte di un unico cerchio, un’archeologia ‘circolare’ appunto, attenta ai temi della conoscenza e della fruizione accessibile e inclusiva”.