Sieropositivi in terapia antiretrovirale non trasmettono virus HIV


HIV, i pazienti sieropositivi in terapia antiretrovirale non trasmettono il virus: la scoperta da due studi presentati all’ultimo congresso mondiale sull’AIDS

HIV, i pazienti sieropositivi in terapia antiretrovirale non trasmettono il virus: la scoperta da due studi presentati all’ultimo congresso mondiale sull’AIDS

Tra scienza, cronaca e futuro per capire come cambia nella pratica l’approccio all’HIV: si è tenuta qualche giorno fa a Roma, presso l’Auditorium della sede del Ministero della Salute di Via Ribotta, la Consensus Conference su U=U (U=U, letteralmente undetectable=untransmittable, cioè non rilevabile=non trasmissibile). I risultati degli studi PARTNER-1 e PARTNER-2, presentati al congresso mondiale sull’AIDS del 2018, hanno dimostrato in maniera inequivocabile che l’HIV non viene trasmesso all’interno di coppie in cui un partner è HIV positivo e uno HIV negativo se la viremia del partner HIV positivo non è più determinabile nel sangue, grazie alla corretta assunzione di una efficace terapia antiretrovirale.

“Si tratta di un’evidenza rivoluzionaria, poiché permette alle coppie di avere rapporti sessuali senza utilizzare il preservativo e alle persone HIV positive di alleggerire il peso sociale dell’infezione”, sottolinea la Professoressa Antonella D’Arminio Monforte, Professore Ordinario di Malattie Infettive all’Università di Milano e Direttore Struttura Complessa di Malattie Infettive, ASST Santi Paolo e Carlo. “Infine può contribuire a contrastare lo stigma nei loro confronti, ancora oggi molto forte. La non trasmissibilità per via sessuale dell’infezione da HIV da parte delle persone la cui viremia sia sotto la soglia della determinabilità è stata definita con la sigla U=U, letteralmente undetectable=untransmittable, cioè non rilevabile=non trasmissibile. L’evidenza scientifica su U=U non è ancora completamente passata né tra le persone che vivono con HIV/AIDS, né tra la popolazione generale, dalla quale è ampliamente ignorata. Qualche riluttanza, dovuta soprattutto a carente informazione, è ancora presente anche in ambito medico”.

La Società di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) e la Italian Conference on Aids and antiviral Research (ICAR), insieme alle associazioni di pazienti e della società civile impegnate nelle tematiche HIV/AIDS, hanno promosso una Consensus Conference su U=U, trovando ospitalità presso il Ministero della Salute, per declinare, con la comunità dei medici e dei pazienti sieropositivi che cosa si intenda, nella pratica, con l’espressione “U=U”, quale ne sia la portata, come debba essere mantenuto e protetto e quanto ciò implichi in Italia. La Consensus risponderà, facendo ricorso a tutte le evidenze scientifiche disponibili, a queste domande: Cosa significa “rischio zero”? Cosa si intende per ’virus non rilevabile’? Da quanto tempo deve sussistere questa condizione per parlare di U=U? Ogni quanto tempo va controllata la presenza del virus nel sangue per assicurare la persistenza di non rilevabilità? Vanno comunque utilizzate misure di profilassi pre-esposizione o post-esposizione nel caso di rapporti sessuali con persone con viremia non rilevabile? Come si devono comportare gli operatori sanitari HIV positivi – o gli operatori HIV negativi che incorrano in un incidente occupazionale? La Consensus intende arrivare a una risposta per ognuno di questi quesiti. Lo scopo finale è la stesura di un documento di indirizzo per la comunità scientifica, per i sanitari e per i pazienti sieropositivi, ma anche la divulgazione di questa nuova evidenza scientifica a tutta la popolazione e ai media – un passaggio fondamentale per il contrasto allo stigma.

Le evidenze su U=U rappresentano una nuova frontiera per i sieropositivi. “Dall’inizio della pandemia tutte le persone con HIV si sono percepite come un pericolo per chi avevano vicino, ovviamente per partner o coniugi, ma anche per genitori o figli così come per i colleghi di lavoro o gli amici”, spiega Massimo Oldrini, Presidente di LILA – Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS. “U=U, che è riferito alla sfera sessuale, e che incontrovertibilmente, sulla base di solidissime evidenze scientifiche, definisce a rischio zero un rapporto sessuale senza preservativo con una persona in trattamento efficace e viremia soppressa, scardina lo stereotipo della pericolosità del sesso con le persone in HIV. A loro viene così riconsegnata una parte della vita importantissima come quella della sfera sessuale da non più vivere con paura o vergogna. Questa notizia deve essere comunicata alla popolazione perché nella società italiana è ancora troppo forte lo stigma nei confronti delle persone con HIV”.

“U=U è in effetti una rivoluzione paragonabile all’introduzione dei farmaci antiretrovirali nella storia della pandemia. Una rivoluzione che potrà mettere a tacere lo stigma nei confronti delle persone che vivono con HIV, stigma doppio in caso di persone MSM (maschi che fanno sesso con maschi), una discriminazione spesso anche interna alla comunità LGBT. Grazie ai documenti finali della Consensus Conference italiana, anche il nostro Paese potrà supportare a tutto tondo l’acronimo U=U, ognuno nel proprio campo. Un’azione che avrà un effetto esplosivo anche nell’esecuzione del test senza più timori di essere visti, giudicati, condannati”, aggiunge Sandro Mattioli, Presidente di PLUS Persone LGBT Sieropositive.