Artrosi della mano: prednisolone orale allevia il dolore


Artrosi della mano: prednisolone orale, a dose ridotta, migliora il dolore e funzionalità dell’arto secondo uno studio presentato al congresso annuale dell’American College of Rheumatology

Artrosi della mano: prednisolone orale, a dose ridotta, migliora il dolore e funzionalità dell'arto secondo uno studio presentato al congresso annuale dell'American College of Rheumatology

Uno studio presentato nel corso del congresso annuale dell’American College of Rheumatology ha dimostrato come la somministrazione di prednisolone orale, a dose ridotta, si associ ad un effetto analgesico rilevante dopo sole 6 settimane e sia in grado, anche, di ridurre i segni di infiammazione in pazienti con artrosi dolorosa della mano, suggerendo come l’infiammazione locale rappresenti un target aggredibile dalla terapia farmacologica in questa condizione.

Come è noto, l’osteoartrosi (OA) della mano è una malattia articolare con un impatto notevole sullo stato di salute dell’individuo, caratterizzandosi per la presenza di dolore alla mano, disabilità funzionale, riduzione della forza prensile della qualità della vita. Pur esistendo, attualmente, diverse opzioni per alleviare i sintomi associati all’artrosi della mano, i loro effetti sono ancora di entità modesta nella maggior parte dei casi.

L’obiettivo dello studio presentato al Congresso, pertanto, è stato quello di studiare l’efficacia e la sicurezza di una formulazione orale di prednisolone a dosaggio ridotto in pazienti con artrosi dolorosa della mano. La scelta è ricaduta su questo trattamento in ragione di osservazioni secondo le quali l’infiammazione sinoviale locale gioca un ruolo nella patologia in questione (rappresentando un fattore determinante dell’insorgenza di dolore e della progressione radiografica di malattia) e che, quindi, potrebbe fungere da target per un trattamento farmacologico ad hoc.

Lo studio
Il trial ha reclutato pazienti con segni di infiammazione sinoviale che soddisfacevano i criteri ACR per la presenza di artrosi della mano dolorosa. Sono stati inclusi nello studio pazienti con 4 o più nodi artrosici, che coinvolgevano le articolazioni inter-falangee, una o più articolazioni interfalangee con tumefazioni o eritema a livello dei tessuti molli, e uno o più segnali di positività Power Doppler o di sinovite di grado 2 o superiore.

Tra i criteri di esclusione dello studio vi era il riscontro di pazienti con malattie reumatologiche croniche infiammatorie, psoriasi, impiego di farmaci immuno-modulanti nei 3 mesi antecedenti l’inizio dello studio o il riscontro di dolore predominante alle dita.

I ricercatori hanno randomizzato i pazienti  con evidenza di dolore alle dita (≥30 mm su scala VAS) e quelli che erano andati incontro a recidiva di malattia dopo wash-out di FANS, al trattamento giornaliero con 10 mg di prednisolone o di placebo. A questa prima fase seguiva una fase di riduzione graduale della posologia di prednisolone della durata di 2 settimane e, da ultimo, una fase di sospensione del trattamento.

La valutazione degli outcome, invece, è avvenuta dopo 2, 4, 6, 8 e 14 settimane.

Endpoint clinici e di imaging
L’endpoint primario del trial era dato dalla valutazione del dolore alle dita (parametrato su scala VAS) a 6 settimane nell’analisi intent-to-treat. Tra gli endpoint secondari considerati vi erano, invece, il soddisfacimento dei criteri di risposta OARSI (the Osteoarthritis Research Society International), la valutazione del dolore e della funzione secondo l’indice AUSCAN (Australian/Canadian Hand OA Index) (AUSCAN), della funzione in base all’indice FIHOA (Functional Index for Hand OA), la valutazione globale del paziente in basa a scala VAS, il punteggio riportato al, the Medical Outcomes Study’s Short-Form 36 e, last but not least, la forza prensile della mano artrosica.

Tra gli endpoint di imaging considerati nel trial vi erano la valutazione ecografica per la presenza di sinovite e la positività del segnale power Doppler.

I risultati
Il processo di reclutamento ha portato i ricercatoti ad includere nel trial 92 pazienti. Questi avevano un’età media di 63 anni e il 79% era costituito da donne. Questo sono stati randomizzati, secondo lo schema 1:1, a trattamento con prednisolone o placebo. Alla fine del periodo di osservazione dello studio, su 92 pazienti iniziali, 84 pazienti (42 per ciascuno dei due gruppi) hanno portato a termine lo schema di trattamento previsto dal protocollo dello studio.

I risultati a 6 settimane hanno mostrato che 33 pazienti del gruppo trattato con prednisolone e 15 del gruppo placebo avevano soddisfatto i criteri di risposta OARSI e che il trattamento con lo steroide era superiore al placebo per la maggior parte degli endpoint clinici secondari.

Passando agli endpoint di imaging, lo studio ha documentato un miglioramento significativo della sinovite ecografica a 6 settimane con prednisolone, mentre non sono state rilevate differenze con il gruppo placebo relativamente al segnale power Doppler.

Dopo riduzione graduale della posologia dello steroide, le differenze tra i due gruppi in studio sono scomparse. Da ultimo, gli eventi avversi sono stati di grado lieve e praticamente sovrapponibili tra i due gruppi.

Le implicazioni dello studio
In conclusione, lo studio ha documentato miglioramenti significativi del dolore e della funzione, ben superiori a quanto osservato con le terapie attualmente a disposizione.
Di conseguenza, il ricorso ad un ciclo breve di  somministrazione di prednisolone 10 mg potrebbe configurarsi come una nuova opzione di trattamento nelle persone sofferenti di artrosi della mano, soprattutto in quelle che sperimentano recidive di malattia.

“Ciò premesso – puntualizzano i ricercatori alla fine della presentazione del lavoro al Congresso – va tenuto in considerazione il fatto che i pazienti inclusi in questo studio erano caratterizzati dalla presenza di dolore e segni di infiammazione ed erano andati incontro a recidiva dopo sospensione del farmaco analgesico. Pertanto, questi risultati si attagliano a questo particolare sottogruppo di pazienti”.

Sono necessari, ora, nuovi studi che approfondiscano il tema della posologia ottimale di trattamento e la sua durata.