Anoressia e bulimia: esordio sempre più precoce


Anoressia e bulimia: l’età di esordio di questi disturbi alimentari si abbassa sempre di più. Come riconoscere i campanelli d’allarme e cosa fare

Anoressia: solo l’8% dei casi è di origine psicologica. Il restante 92% è imputabile a patologie oncologiche, malattie neurologiche e cause varie

L’età di esordio dei disturbi alimentari come anoressia e bulimia è andata progressivamente abbassandosi, tanto che non riguarda più solo gli adolescenti, ma si registrano anche casi tra i bambini di 8-9 anni.

I campanelli d’allarme

Un anomalo rapporto con il cibo, un eccesso di preoccupazione per la forma fisica, un’alterata percezione dell’immagine corporea, con in più una stretta correlazione tra questi fattori e i livelli di autostima, sono i sintomi più frequenti che si manifestano con caratteristiche differenti a seconda del caso. Da sottolineare che per quanto riguarda i disordini alimentari in genere, il peso, non è un marcatore clinico imprescindibile, infatti anche persone di peso corporeo normale possono essere affette da un disturbo alimentare.

Anoressia e bulimia: l’importanza di un intervento precoce

Data la loro complessità, l’intervento precoce riveste un’importanza particolare per queste patologie. “Per questo motivo, nel dubbio, è indicato inviare allo specialista il giovane paziente, senza creare falsi allarmismi, ma cercando da subito la collaborazione con i genitori– indica il Direttore del reparto di Dietetica e Nutrizione Clinica che al suo interno ospita un centro specifico per il trattamento dei distrurbi alimentari-”.
In particolare l’anoressia, se non trattata in tempo e con metodi adeguati, può diventare una condizione permanente e compromettere seriamente la salute di tutti gli organi e gli apparati del corpo (cardiovascolare, gastrointestinale, endocrino, ematologico, scheletrico, sistema nervoso centrale, dermatologico ecc.) e, nei casi più gravi, può portare alla morte.

Multidisciplinarietà

A Niguarda possono essere trattati anche casi complessi grazie ad una presa in carico a 360 gradi, grazie ad un’équipe dedicata composta da più figure professionali: dal medico internista-nutrizionista al dietista, agli infermieri con formazione specifica, fino ad arrivare agli specialisti della sfera psichiatrica e psicologica. “Nel percorso, che prevede incontri periodici nei differenti setting di cura con le figure di riferimento, sono coinvolti in prima persona anche i genitori– sottolinea lo specialista-. Nei casi più gravi è previsto il ricovero. L’obiettivo è quello di raggiungere attraverso un programma di riabilitazione nutrizionale un miglioramento organico che possa consentire delle terapie psicologico/psichiatriche realmente efficaci, cosa impossibile i condizione di grave malnutrizione. Il tutto per ottenere un mantenimento dei risultati anche sul lungo termine”.

Le terapie occupazionali

Al Niguarda un punto chiave del percorso offre la possibilità per i giovani pazienti di proseguire i programmi scolastici anche durante il ricovero e di svolgere diverse attività.  Tra queste ci sono i laboratori di arte e mestieri, le cosiddette terapie occupazionali, utili a rompere l’isolamento che nasce dall’asfissiante fissazione per il cibo. Sono un aiuto prezioso per potenziare il counseling per i pazienti, ma anche per i genitori, che nella terapia di gruppo trovano il sostegno necessario per andare avanti.