Fiabe aiutano i bambini a capire le loro sensazioni


Ecco come le fiabe aiutano i bambini a capire le loro sensazioni: un progetto dell’Icsat (Italian Committee for the Study of Autogenic Therapy and Autogenic Training)

Ecco come le fiabe aiutano i bambini a capire le loro sensazioni: un progetto dell’Icsat (Italian Committee for the Study of Autogenic Therapy and Autogenic Training)

Il Training autogeno (TA) sta cambiando pelle. Non è più solo una pratica di rilassamento, è una tecnica introspettiva che permette alle persone di entrare nella corporeità per sentire le loro sensazioni. E a sorpresa l’Icsat (Italian Committee for the Study of Autogenic Therapy and Autogenic Training) sta estendendo questa tecnica anche nel lavoro terapeutico con l’infanzia, ma con una novità. “Stiamo mettendo appunto delle fiabe con caratteristiche specifiche: sono coerenti con gli engrammi (archetipi) di pesantezza, calore, cuore, respiro e così via. In questo modo anche i bambini molto piccoli, dai quattro anni in su, potranno sperimentare suddette sensazioni grazie alla collaborazione di genitori e terapeuti chiamati a raccontare le storie”.

Lo spiega alla Dire (www.dire.it) Walter Orrù, presidente Icsat, intervenendo al seminario nazionale su ‘La narrazione scritta, grafica e plastica dei vissuti delle tecniche della psicoterapia’ oggi a Roma.

“I bambini sono molto concreti- continua lo psichiatra- e con questo percorso si cerca di aiutarli a rivivere le sensazioni”, a prendere coscienza del corpo e ad avviare un cambiamento.

Molto utile, ad esempio, è la fiaba di Re Giorgio che permette ai più piccoli “di imparare a sentire la pesantezza dal punto di vista psicofisiologico, ma non solo. Imparano a sentire tutti gli altri aspetti collegati alla pesantezza, soprattutto quelli psicologici. Mi riferisco alla possibilità del lasciarsi andare- chiarisce Orrù- per sentire le sensazioni interne e iniziare a vedere gli aspetti psichici collegati a tali sensazioni corporee. Aspetti che il bambino costruisce piano piano nel tempo ma che a volte, a seguito di certi problemi e difficoltà, non vengono costruiti”. Così la fiaba aiuta i più piccoli a ricostruire le tappe evolutive rimaste un po’ più indietro nel percorso di crescita.

Il TA diventa una scuola emozionale. “Una scuola che li aiuta, attraverso la percezione delle sensazioni, a scoprire le proprie emozioni e ad entrare meglio in relazione con l’alto”. Tutti i bambini possono praticarlo. “E’ realtà in molte scuole di altre nazioni- fa sapere Orrù- in Germania questa tecnica vive un grande sviluppo nell’ambito educativo“. La sua utilità è evidente per la “gestione di qualsiasi emozione, essendo un percorso di riscoperta naturale del funzionamento dell’organismo e della personalità. Se la rabbia è trattenuta la TA aiuta ad esprimerla. Se la persona invece è eccessivamente espressiva dal punto di vista della rabbia, aiuta a contenere questa gestione agendo dall’interno e riequilibrando il funzionamento delle emozioni. Il traning autogeno, dal punto di vista più fisiologico, riequilibra i diversi sistemi simpatico e parasimpatico- chiarisce il medico- con un’azione che parte a livello fisiologico e poi si estende a livello psicologico, rimettendo ordine nell’organismo”.

Per poter essere praticato dai bambini occorre, però, che i genitori diventino dei co-terapeuti. “Devono essere istruiti e preparati adeguatamente per proporre le fiabe. La TA implica un lavoro sulle relazioni”.

Regna una grande confusione tra il Training autogeno e la Mindfulness. “Sono tutte tecniche efficaci nei loro effetti- spiega lo specialista- la differenza origina dalla fonte: la Mindfulness ha una base filosofica orientale con una valenza meditativa, il TA ha invece una base occidentale che risponde a modalità mediche neurofisiologiche, con un’ampia dimostrazione empirica della sua efficacia”. Il lavoro del TA si basa sull’accettazione più che sulla volontà. “La volontà è una funzione dell’Io cosciente e noi in Occidente ne facciamo un grandissimo uso- sottolinea lo psicoterapeuta- tutto il sistema del dovere è incentrato sulla volontà e fa pagare un grosso scotto alla percezione del piacere. Il training autogeno riequilibra questo sistema dando anche valore al piacere delle cose che dobbiamo fare”. Alla base di molti disturbi psichici che si manifestano somaticamente “c’è proprio questa confusione tra dovere e piacere. Il piacere appartiene alla naturalezza, alla capacità di esprimere naturalmente la persona. Ci deve essere un equilibrio tra dovere e piacere- aggiunge Orrù- perché anche un piacere eccessivamente manifestato o unilateralmente manifestato va a discapito di una cattiva integrazione nella società. Il training autogeno proponendosi nella sua nuova modalità introspettiva, e non solo come tecnica di rilassamento- conclude- consente questa integrazione”.