Sindrome di Procuste: gli invidiosi diventano sabotatori


Sindrome di Procuste: quando l’invidia si trasforma in desiderio di danneggiare e attaccare gli altri. Curarla, però, è possibile

Sindrome di Procuste: quando l'invidia si trasforma in desiderio di danneggiare e attaccare gli altri. Curarla, però, è possibile

L’invidia non è certo un sentimento piacevole, né per chi la patisce né per chi la subisce. Esistono molti tipi di invidia, tra i quali la cosiddetta invidia sana, che ci porta a desiderare un miglioramento e una crescita continua. Poi c’è l’invidia negativa, che ci impedisce di gioire dei successi altrui, che anzi, possono arrivare a causarci dolore e portarci ad assumere addirittura atteggiamenti sabotatori nei confronti di chi ha successo.

Gli esperti di Guidapsicologi.it ci spiegano perché questa categoria riveste un ruolo tutto suo nel mondo dell’invidia, tanto da meritarsi un appellativo ad hoc: sindrome di Procuste.

Chi è Procuste

Procuste è un brigante della mitologia Greca, noto per la sua indole di torturatore. Sembrerebbe che in realtà il suo vero nome fosse Damaste, e che si dilettasse con un’attività piuttosto macabra.

Il brigante agiva lungo la strada sacra che collegava Eleusi e Atene, rapiva i viandanti portandoli con sé nel proprio antro, dove ad attenderli vi era un letto. Una volta fatti sdraiare le opzioni erano due: qualora la preda fosse meno corta del letto, il trattamento sarebbe stato lo stiramento degli arti fino a raggiungerne la lunghezza, se invece il malcapitato fosse stato più lungo del letto, allora Procuste procedeva con il taglio della lunghezza in eccesso. Ad ucciderlo fu l’eroe greco Teseo, famoso per aver sconfitto il Minotauro e lasciato Arianna a Nasso.

Complesso di inferiorità

Chi soffre della sindrome di Procuste molto spesso è una persona insicura, che prova un profondo senso di inferiorità rispetto agli altri. Gli altri sono interpretati costantemente come una minaccia, come rivali immaginari che possono fare meglio.

Questa sensazione di continua competizione non permette un momento di tregua, nemmeno per prendere coscienza del proprio valore e dei propri punti forti, perché troppo impegnati a concentrarsi sui percorsi altrui, denigrarli e in molti casi, ove possibile, ostacolarne l’andamento.

Intolleranza verso i cambiamenti

In ambito lavorativo, si tratta solitamente di persone che ricoprono incarichi importanti e vivono nuovi arrivati o colleghi particolarmente brillanti come una continua minaccia al proprio operato. Le nuove idee sono guardate con sospetto, così come chi le propone: per loro la cosa principale è mantenere un perpetuo status quo, in grado di infondere tranquillità.

Chi è affetto da sindrome di Procuste teme di varcare la soglia della sua comfort zone e si rifiuta di delegare, perché ossessionato dal controllo di ogni passaggio, e perché qualcun altro potrebbe farsi notare per le sue doti e attirare su di sé elogi e riconoscimenti.

Non solo al lavoro. Purtroppo le manifestazioni di questa sindrome si possono rintracciare in tutti gli ambiti, incluso quello familiare e amicale, che non restano esenti da possibili attacchi sabotatori generati da invidia e insicurezza.

Parola d’ordine: attaccare

Contrariamente a quanto si impara fin da piccoli, ovvero che la competitività è un valore sano che ci spinge ad essere persone migliori, nel caso della sindrome di Procuste la competizione è finalizzata ad affermare la propria superiorità sull’altro, e l’obiettivo è vincere, indipendentemente da quali siano le modalità d’azione.

Prevenire è fondamentale, quindi meglio svilire il prossimo a priori, metterne in luce tutte le caratteristiche negative – enfatizzandole se necessario – o addirittura attuare così da impedirgli il raggiungimento di risultati, piuttosto che correre il rischio che questa persona possa avere successo. Un comportamento che va ben oltre il machiavellico “il fine giustifica i mezzi”.

Curare la sindrome di Procuste

Il primo passo per superare la sindrome di Procuste è riconoscere il problema. Ammettere a sé stessi che si sta agendo in modo sconsiderato e poco rispettoso verso gli altri, danneggiando prima di tutto la propria persona, è fondamentale per affrontare la situazione con onestà e voglia di risolverla.

Il primo concetto su cui lavorare è che il valore e il successo altrui non tolgono nulla al proprio, anzi. Una persona con capacità e virtù non può che essere una fonte di arricchimento. Per questo è importante imparare a confrontarsi senza competere, senza guardare sempre con sospetto il prossimo. Perché gli altri non sono un nemico, bensì una risorsa immensa con cui collaborare. Soltanto coltivando sentimenti di fiducia e abbandonando la propria zona di comfort, ammettendo l’errore e la sconfitta come parti integranti della vita e non come motivi di vergogna, si potrà superare questo stato spiacevole e autodistruttivo.

Esercitarsi alla positività è possibile. Ció che conta è prendere coscienza di sé, di quanto si vale, di ciò che si desidera e dei propri limiti, perché solo così facendo si potrà riconoscere spazio e valore agli altri, creando collaborazioni e vincoli durevoli e di immensa ricchezza.