Diabete: estratti di alghe riducono zuccheri nel sangue


Studi italiani dimostrano l’efficacia e le potenzialità di un prodotto ottenuto da due alghe marine per il trattamento e la prevenzione del diabete. Funziona anche per la cura del “fegato grasso”

Prodotto ottenuto da due alghe marine efficace per il trattamento e la prevenzione del diabete. Funziona anche per la cura del “fegato grasso”

Principi attivi naturali, estratti da due alghe marine provenienti dalle acque oceaniche più fredde, sono in grado di ridurre i livelli di zuccheri nel sangue e di grasso nel fegato. La capacità di queste alghe è stata evidenziata da diverse ricerche medico-scientifiche, a riprova dell’aiuto che la nutraceutica mette a disposizione per il trattamento di malattie molto diffuse nella nostra società e spesso associate tra di loro, come diabete, disglicemie e ‘fegato grasso’ (Steatosi epatica non alcolica). Il sovrappeso, l’obesità, la sedentarietà, l’incostanza nel seguire uno stile di vita sano sono alla base di un continuo incremento di alterazioni del metabolismo, specie degli zuccheri, che col tempo si traducono ineluttabilmente in danni irreversibili a livello cardiaco, vascolare ed epatico.

Diversi recenti studi italiani hanno dimostrato come un nutraceutico derivato dalle alghe marine Ascophyllum Nodosum, Fucus Vesiculosus (Gdue) è efficace per la prevenzione e il trattamento di queste malattie. Inoltre aiuta a controllare il peso corporeo. Di questi incoraggianti risultati – ottenuti con questi prodotti di derivazione naturale – si parla in un media tutorial che si svolge oggi a Milano e con la partecipazione di esperti italiani.

“Il diabete è uno dei più importanti problemi di salute pubblica a livello mondiale – afferma il prof. Antonio Ceriello, Coordinatore del Progetto Diabete dell’IRCCS MultiMedica -. La mortalità è diminuita del 23% in dieci anni ma il numero di nuovi casi risulta in forte aumento. Rappresenta una condizione che interessa, solo nel nostro Paese, oltre 3 milioni e 200 mila persone. Preoccupa in particolare il numero di nuovi potenziali pazienti. Si calcola, infatti, che per ogni persona con diabete che curiamo ce ne siano almeno altre due con prediabete e quindi con alti livelli di glicemia nel sangue. Infatti, accanto ai casi noti non vanno dimenticati i casi non diagnosticati perché spesso, e talora per anni e anni, la malattia non dà segni di sé. Si stima che siano un milione gli italiani con la malattia misconosciuta. In totale, quindi, circa 5 milioni di persone in Italia ha il diabete, pari ad un caso ogni 12 residenti. E il numero degli individui affetti salirà probabilmente a 7 milioni fra 15-20 anni. Un vero “esercito” di uomini e donne che rischiano l’insorgenza di gravi malattie cardiovascolari e metaboliche. Bisogna tener conto poi delle possibili complicanze: l’ipertensione arteriosa, l’obesità, le dislipidemie, l’epatopatia steatosica, la colelitiasi, l’iperuricemia”. “Quella del prediabete è una condizione ancora sottovalutata nella quale però è fondamentale intervenire prima che sia troppo tardi – aggiunge il prof. Giuseppe Derosa, Responsabile del Centro Universitario di Diabetologia, Malattie Metaboliche e Dislipidemie del Policlinico San Matteo di Pavia – Università di Pavia e Responsabile dell’area diabete della SINut (Società Italiana di Nutraceutica) -. Il primo passo per la prevenzione si basa sull’adozione di uno stile di vita sano nella scelta dei cibi e nell’attività fisica. Tuttavia questo approccio è risultato fallimentare nella partica quotidiana. Le motivazioni sono le più varie, ma agiscono in modo sinergico a produrre un risultato disastroso. Le abitudini alimentari che in Italia si associano a forti tradizioni locali oppure al contrario la mancanza di tempo per cucinare a casa spinge all’acquisto di cibi precotti ricchi di grassi e di zuccheri, spesso non percepiti dal consumatore. Aggiungiamo anche la grande pressione pubblicitaria nei confronti di prodotti alimentari e l’uso e l’abuso di bevande gassate zuccherate. Un altro elemento è la poca motivazione nell’iniziare e ancor più perseguire diete e attività fisica. Infine, se il messaggio sui rischi della ipercolesterolemia è stato diffuso così tanto da essere persino banalizzato, la consapevolezza del rischio legato alla iperglicemia non è ancora così diffusa. La nutraceutica può rappresentare un’arma molto importante a disposizione di medici e pazienti. Sono rimedi non “classici” che includono una serie di molecole con un effetto favorevole sulla glicemia e la resistenza all’insulina. Gdue risulta ben tollerato dall’organismo, non presenta effetti collaterali e può essere somministrato anche per tre anni prima di dover passare ad un’altra cura. È quindi particolarmente indicato per quelle persone a rischio d’insorgenza di diabete”.

Un recente lavoro clinico ha valutato la possibilità di prolungare l’attività di bassi dosaggi della metformina sfruttando il sinergismo d’azione di Gdue, qualora il paziente non sopporta alti dosaggi del farmaco. Un altro studio pubblicato soli pochi giorni fa dal prof. Derosa ha evidenziato la capacità del prodotto di supportare in modo estremamente efficace la terapia nei soggetti diabetici. “Gdue dovrebbe però sempre essere assunto dietro indicazione da parte di personale medico specializzato” conclude il prof. Derosa. Infine, all’incontro di Milano ampio spazio è dedicato anche alla Steatosi Epatica Non Alcolica.

“E’ anche chiamata “fegato grasso”, interessa fino al 30% degli italiani ed è una malattia legata a doppio filo con il diabete – sottolinea la prof.ssa Sara De Martin, Ricercatrice di Farmacologia all’Università di Padova -. Viene, infatti, registrata nell’oltre 50% dei pazienti colpiti da quello di tipo 2 e ad oggi non esistono terapie in grado di eradicare la patologia. Alcuni primi studi evidenziano come Gdue sia in grado di ridurre l’accumulo di grasso nel fegato. Il suo utilizzo presenta degli indubbi vantaggi rispetto ad un altro prodotto naturale come il cardo mariano. I fitoterapici che derivano da questa pianta mediterranea agiscono esclusivamente a livello epatico. Gdue invece ha un intervento più completo perché abbassa anche i livelli di glicemia. Potrebbe essere più indicato per tutti quei pazienti che hanno sia la steatosi sia altre patologie correlate come la sindrome metabolica”.