Malattie infiammatorie intestinali: 20% in età pediatrica


Malattie infiammatorie intestinali, il 20% esordisce in età pediatrica: oltre 200mila gli italiani colpiti dalla patologia

Malattie infiammatorie intestinali, il 20% esordisce in età pediatrica: oltre 200mila gli italiani colpiti dalla patologia

Sono oltre 200mila gli italiani stimati che soffrono di Malattie infiammatorie croniche intestinali (Mici). Si tratta di patologie tipiche dell’età giovanile perché, in generale, il picco di esordio è generalmente compreso nella fascia tra i 15 e i 30 anni. Queste malattie, caratterizzate nel loro decorso dall’alternarsi di fasi di riacutizzazione e di remissione, con danno intestinale progressivo, si distinguono in due tipi principali: la malattia di Crohn e la colite ulcerosa.

Il 20% di tali patologie esordisce addirittura in età pediatrica, provocando una condizione che spesso non permette di svolgere le normali attività quotidiane, nonché sintomi che si preferisce nascondere per imbarazzo, oltre che spesso l’isolamento dei soggetti malati. E sebbene negli ultimi anni se ne stia parlando sempre di più, è ancora scarsa la conoscenza in fatto di Mici, anche negli stessi malati che non sanno di esserlo. Si stima infatti che il ritardo diagnostico tra l’insorgenza dei sintomi e la diagnosi sia di circa 2 anni, il che determina un decorso della malattia più importante.

PREVITALI: “LA DIAGNOSI PRECOCE E’ L’OBIETTIVO DA RAGGIUNGERE”

Si è parlato di questo a Roma in occasione di una conferenza stampa al Senato organizzata da IG-IBD per presentare una campagna di sensibilizzazione sul tema. “Le conoscenze acquisite- ha spiegato Enrica Previtali, presidente di Amici Onlus- ci confermano che il ritardo diagnostico spesso rende la malattia più aggressiva perché implica ricoveri più frequenti, ricorso alla chirurgia, un utilizzo di farmaci più costosi e i farmaci biotecnologici. Si può di conseguenza affermare, sulla base delle evidenze, che la diagnosi precoce sia uno degli obiettivi da raggiungere per ridurre i costi a carico del Servizio sanitario nazionale, ma soprattutto per garantire una migliore qualità di vita”.

L’INDAGINE ‘AMICI WE CARE’

Diagnosi tardive, alti costi dei farmaci e scarsa aderenza a lungo termine alla terapia sono quindi le principali difficoltà a cui vanno incontro i pazienti affetti da Malattie infiammatorie croniche intestinali. Da un’indagine ‘Amici We Care’ condotta nel 2017 e realizzata in collaborazione con il centro di ricerca Engage Minds Hub dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con il Patrocinio di IG-IBD, su un campione di 852 pazienti, emerge in particolare che 1 paziente su 3 dichiara di pensare spesso o molto spesso di abbandonare le terapie.

“Quanto all’aderenza dei pazienti alle prescrizioni terapeutiche- ha detto Previtali- il rapporto conferma che solo il 25% (dello stesso campione) è perfettamente aderente, mentre il 71% è parzialmente aderente. I risultati indicano chiaramente come il coinvolgimento attivo del malato nel processo di cura, aumentando e favorendo l’informazione, genera una migliore gestione della malattia, aumenta l’aderenza ai trattamenti, migliora lo stile di vita del malato e porta una diminuzione dei costi sanitari. Persone con alti livelli di engagement risultano avere una spesa sanitaria diretta (farmaci, visite, esami) inferiore del 20% e hanno un tasso di giorni di assenza dal lavoro per le cure più basso del 25%”.

L’INDAGINE ‘MOSAICO’

La presidente di Amici Onlus ha voluto poi sottolineare un dato emerso da un’altra indagine, ‘Mosaico’, su un campione di 450 pazienti. “In quel caso è emerso che l‘11% interrompe le terapie e non lo dice al medico, ponendo l’attenzione su un altro aspetto da non sottovalutare- ha aggiunto- l’importanza della comunicazione medico-paziente che è alla base dell’alleanza terapeutica”.

In aggiunta, ci sono i costi a carico dei pazienti che spesso non vengono considerati e che sono stati evidenziati in uno studio commissionato da Amici. “Si tratta di una ricerca condotta in collaborazione con Università Cattolica del Sacro Cuore Altems Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari- ha spiegato Previtali- che ha stimato per la prima volta che il costo annuo a carico di un paziente affetto da Malattie infiammatorie croniche dell’intestino in Italia è in media di 700 euro“.

Oltre a questo, la ricerca mette in luce il fatto che l’impatto economico e sociale determinato dalle Mici e dal trattamento ad esse associato risulta oneroso sia per il paziente che per la società. “Questi i dati più rilevanti: il 58,3% degli intervistati è attualmente occupato e di questi il 79,79% ha dichiarato di aver perso fino a 27 giornate lavorative all’anno a causa della propria condizione. Il 69% dei pazienti ha dichiarato di essere stata accompagnata da altre persone alle visite e agli esami e più del 60% di questi caregivers ha dovuto assentarsi dal proprio posto di lavoro per 11 giorni all’anno. Se si aggiungono anche questi costi, oltre a quelli relativi alla perdita di produttività- ha concluso la presidente di Amici Onlus- la spesa complessiva raggiunge la somma di 2.250 euro all’anno”.

PAOLO GENOVESE: MIO FIGLIO PIETRO AFFETTO DA MORBO DI CROHN

Ho deciso di sposare questa causa fondamentalmente per un motivo familiare, perché mio figlio maggiore, Pietro, è affetto dal morbo di Crohn. Quando sono entrato in contatto con il professore Alessandro Armuzzi, che lo ha in cura, col tempo ho capito la gravità e la problematicità di questa malattia”. A parlare con l’agenzia Dire è il regista Paolo Genovese, che a seguito della sua esperienza familiare ha accettato di girare uno spot per sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sulle Malattie infiammatorie croniche intestinali (Mici) e sul loro impatto nella vita dei pazienti.

Lo spot, che ha come protagonista il nuotare Simone Sabbioni, affetto da colite ulcerosa, ora in remissione, è stato presentato questa mattina a Roma, al Senato, durante una conferenza stampa organizzata da Ig-Ibd – The Italian Group for the study of Infiammatory Bowel Disease. “Quando mi hanno proposto di fare qualcosa in ambito della comunicazione- ha proseguito Genovese- per far conoscere meglio il morbo di Crohn, ma soprattutto per far capire che è una malattia curabile, chiaramente ho accettato subito con entusiasmo”.

Ma qual è il significato dello spot che porta la sua firma? “Lo spot ha un significato multiplo- ha raccontato il regista all’agenzia Dire- da un lato tende sicuramente a rassicurare, quindi il primo messaggio, fondamentale, è che sia la malattia di Crohn sia le coliti ulcerose possono essere curate; il secondo intende comunicare che i pazienti con queste malattie conducono una vita assolutamente normale, non sono ghettizzati e non hanno grossi problemi nell’affrontare la vita quotidiana; e si tratta di persone ‘trasversali’, dal manager alla mamma con il bambino e all’adolescente, fino addirittura ad un campione di nuoto come Simone Sabbioni. Lo spot vuole rassicurare sul fatto che, nonostante queste malattie, la vita può avere una buona qualità. Infine il terzo messaggio, ma non per importanza, è quello di non far sentire soli i malati, ricordando che ci sono dei grandi professionisti che studiano queste malattie, che i passi in avanti sono stati fatti e che c’è un’associazione alla quale ci si può rivolgere, con il fine di sentirsi meno isolati”.

La migliore linea da seguire, secondo il professor Alessandro Armuzzi, segretario generale Ig-Ibd, è quella di coinvolgere tutte le forze interessate, rappresentanti dei pazienti in primis, per poter sensibilizzare e informare la popolazione. “È per questo che abbiamo deciso di coinvolgere Paolo Genovese- ha spiegato- che si è dimostrato molto sensibile su questi temi. Il regista ha rappresentato per immagini la storia di un paziente che è riuscito ad affrontare la malattia senza mai scoraggiarsi e perseguendo sempre i suoi obiettivi. Crediamo che il risultato ottenuto da Genovese possa essere un valido messaggio di speranza e di conoscenza per tutti i pazienti affetti da Mici e per tutta la popolazione”.

Non si è lasciato scoraggiare dalla colite ulcerosa, di cui ha sofferto, l’olimpionico Sabbioni, che sempre all’agenzia Dire ha raccontato: “Questa causa mi sta molto a cuore ed essendoci passato non posso far finta di niente. Nel mio caso lo sport è stata la mia più grande terapia, ma ci tenevo soprattutto a trasmettere il messaggio che da queste malattie se ne può uscire affidandosi a professionisti come quelli di Ig-Ibd, di cui sono testimonial. Bisogna stare bene e volersi bene. Per me è importantissimo che si sappia cosa sono le malattie intestinali croniche, è necessario sensibilizzare le persone su questo tema”.

Dalla conferenza di oggi, intanto, è emerso che sono tanti i giovani che soffrono di queste malattie, ma che non ne parlano per imbarazzo. Cosa ti senti di dire a questi ragazzi? “È vero, c’è un blocco all’inizio, è successo anche a me- ha raccontato ancora Sabbioni alla Dire- io ho avuto la fortuna di avere con me la mia famiglia, che ‘mi è venuta a prendere’, ma anche l’aiuto di uno psicologo. Ai ragazzi che soffrono di queste patologie, quindi, consiglio di affidarsi, oltre agli specialisti, soprattutto alle persone che gli vogliono bene”.

Sabbioni, dal canto suo, è atteso da nuove importanti sfide: ottobre sarà per lui un mese di allenamenti e di gare, prima ad Indianapolis e poi a Napoli. Dopo alcuni allenamenti in altura a Livigno, gli aspetterà poi una nuova tappa della Isl a Londra. Ma sarà dicembre il mese più complesso, quando ci saranno gli Europei a Glasgow. Infine gli Italiani a Riccione per le qualificazioni olimpiche.

“Se ha inciso la malattia sulla mia professione? Diciamo che anche in questo caso sono stato molto fortunato- ha risposto infine Sabbioni alla Dire (www.dire.it) – la mia malattia è in remissione e ho passato solo due anni brutti. In generale il consiglio che mi sento di dare a tutti è di avere uno stile di vita sano. Lo sport, lo ripeto- ha concluso- è stata la mia più valida terapia”.