Tumore del polmone: nuovo studio su pembrolizumab


Il trattamento di prima linea con pembrolizumab in combinazione con la chemioterapia migliora la sopravvivenza globale e quella libera da progressione in pazienti con tumore del polmone

Il trattamento di prima linea con pembrolizumab in combinazione con la chemioterapia migliora la sopravvivenza globale e quella libera da progressione in pazienti con tumore del polmone

Il trattamento di prima linea con pembrolizumab, anticorpo anti-PD-1, in combinazione con la chemioterapia migliora la sopravvivenza globale (OS), la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e il tasso di risposta obiettiva (ORR). Lo dimostra un’analisi cumulativa di un sottogruppo di pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) avanzato, a istologia squamosa e non squamosa, i cui tumori non esprimono PD-L1 da tre studi clinici randomizzati. I risultati, che si riferiscono agli studi KEYNOTE-189, KEYNOTE-407 e KEYNOTE-021 (Coorte G), erano in linea con quelli osservati nelle popolazioni globali dei tre studi. I risultati sono stati presentati in occasione della Conferenza mondiale sul tumore del polmone (WCLC) dell’International Association for the Study of Lung Cancer (Abstract #MA25.01), che si è chiusa due giorni fa a Barcellona.

“In questa analisi sono considerati i risultati di tre studi clinici, in cui la combinazione di pembrolizumab e chemioterapia in prima linea è confrontata con la sola chemioterapia – afferma il prof. Francesco Grossi, Direttore Unità Operativa Complessa di Oncologia Medica presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano -. Sono stati arruolati pazienti che non presentano espressione del biomarcatore PD-L1. È emerso un vantaggio significativo in sopravvivenza globale, pari a ben 8 mesi, in questo sottogruppo di pazienti a favore della combinazione di pembrolizumab e chemioterapia (sopravvivenza mediana 19 mesi) rispetto alla sola chemioterapia (11 mesi). Un vantaggio che riguarda anche la sopravvivenza libera da progressione. E si registra un +18% di risposte a favore della combinazione”.

“Questi risultati – sottolinea il prof. Grossi – evidenziano l’opportunità di estendere l’uso di pembrolizumab in prima linea anche a pazienti che, finora, non erano valutati come i migliori candidati all’immunoterapia. I tumori PD-L1 negativi, infatti, sono considerati ‘freddi’, cioè poco responsivi all’immunoterapia. Ma la combinazione con la chemioterapia favorisce il rilascio di neoantigeni e, quindi, la risposta a pembrolizumab. La valutazione del biomarcatore PD-L1 resta comunque fondamentale perché, nei pazienti che presentano un’alta espressione di questa proteina, la sola immunoterapia in prima linea rappresenta un’opzione importante e permette di evitare la chemioterapia”.

I risultati dell’analisi cumulativa di sottogruppo su 428 pazienti hanno indicato che pembrolizumab in combinazione con la chemioterapia ha ridotto il rischio di morte del 44% (HR = 0,56; IC 95%: 0,43-0,73), rispetto alla chemioterapia da sola. Le combinazioni pembrolizumab-chemioterapia hanno anche ridotto il rischio di progressione della malattia o morte del 33% (HR = 0,67; IC 95%: 0,54-0,84), rispetto alla chemioterapia da sola. Il tasso di risposta obiettiva è risultato pari al 46,9% nei pazienti trattati con le combinazioni di pembrolizumab-chemioterapia rispetto al 28,6% in quelli trattati con la sola chemioterapia. Il profilo di sicurezza di pembrolizumab era in linea con quanto osservato in precedenti studi su pazienti con NSCLC avanzato.

“L’obiettivo del nostro solido programma di sviluppo clinico sul tumore del polmone è sempre stato quello di estendere la sopravvivenza dei pazienti che ricevono la diagnosi di questa malattia aggressiva e terminale”, ha affermato il Dott. Jonathan Cheng, vice president, oncology clinical research, Merck Research Laboratories. “In quest’analisi cumulativa di tre studi randomizzati KEYNOTE sul tumore del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato, pembrolizumab in combinazione con la chemioterapia ha dimostrato un miglioramento della sopravvivenza globale rispetto alla chemioterapia da sola in pazienti di nuova diagnosi il cui tumore non esprime PD-L1”.