Congedo di paternità: il diritto di essere genitori


Congedo di paternità: il diritto di essere genitori. Il commento dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna su alcuni assunti di base che condizionano la relazione di coppia

Congedo di paternità: il diritto di essere genitori. Il commento dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna su alcuni assunti di base che condizionano la relazione di coppia

Per l’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna è fondamentale riflettere su alcuni assunti di base – non sempre espliciti e consapevoli – che condizionano la relazione di coppia e di conseguenza la definizione di compiti e responsabilità alla nascita di un figlio. Uno dei primi passi è opporsi allo stereotipo che da sempre impone all’uomo il ruolo di colui che deve “portare il pane a casa”, e fare riferimento al concetto di genitorialità piuttosto che a quello di maternità. Stereotipi di questo tipo si possono superare psicologicamente e culturalmente, anche con il supporto di cambiamenti normativi.
A questo proposito, bisogna notare che il Parlamento europeo ha recentemente approvato la direttiva 2019/1158 (http://www.europarl.europa.eu/news/it/press-room/20190402IPR34670/lavoro-e-famiglia-nuove-regole-ue-su-congedo-parentale-e-di-paternita) che prevede dieci giorni lavorativi di congedo di paternità retribuito alla nascita (attualmente in Italia i giorni sono cinque, legge n. 145 del 30/12/18), più il diritto individuale a due mesi di congedo parentale non trasferibile e retribuito nei primi anni di vita del figlio. L’Italia, come gli altri Stati membri, dovrà adeguarsi.

Il congedo di paternità è il diritto che dovrebbe far vivere pienamente la propria identità di genitore al padre. Diritto che, per essere esercitato, presuppone l’acquisizione di un nuovo modello di pensiero che superi pregiudizi discriminanti. In una società in cui gli uomini e le donne si possono realizzare sia all’interno che all’esterno della famiglia non si può prescindere dal concetto di parità in tutti i campi – come da principio fondamentale dell’Unione Europea, art. 3 TUE, e art. 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – e dalla parità tra madre e padre.

Tale parità, che qui va intesa come diritto di entrambi i genitori a porsi come esempi di persone realizzate, anche tramite una relazione affettiva e educativa diretta nei confronti dei figli, comporta l’accettazione concreta della “bi-genitorialità”. Concetto da interpretarsi come processo dinamico interattivo che inizia nel momento in cui una coppia pensa di avere un figlio e si realizza con la sua nascita, permettendo alla coppia di diventare genitori. Persone capaci di prendersi cura e di rispondere in modo sufficientemente adeguato ai bisogni fisici e affettivo-psicologici dei bambini, condividendo responsabilità, soddisfazioni e piaceri. È indispensabile trasmettere ai figli che, pur avendo la stessa dignità, lo stesso valore e i medesimi diritti, mamma e papà salvaguardano le proprie differenze, che sono preziose. I piccoli sperimentano così che entrambi i genitori hanno caratteristiche proprie, uniche, specifiche e ciò permette loro di strutturare due punti di riferimento diversi, complementari e rassicuranti.

Il coinvolgimento del padre nello sviluppo dei figli, soprattutto nei primi mesi di vita, è essenziale per il loro sviluppo emotivo. Una ricerca dell’università di Oxford (https://bmjopen.bmj.com/content/6/11/e012034), pubblicata nel novembre 2016, che ha preso in esame 10.440 bambini dai primi mesi di vita fino ai 9-11 anni, ha evidenziato quanto sia fondamentale la relazione con il padre per lo sviluppo psicologico e per l’acquisizione di comportamenti positivi nei bambini. La ricerca dimostra che il valore dei congedi di paternità si manifesta non solo per il contributo al lavoro di cura, ma anche in termini relazionali, affettivi ed educativi.

I padri che sperimentano il congedo spesso manifestano un maggiore desiderio di passare più tempo con i figli, sviluppano capacità di accudimento e senso di responsabilità che li fa essere co-genitori attivi. Diventano più attenti alle necessità della madre e non semplicemente i suoi “aiutanti”. Il loro coinvolgimento nel ruolo di cura e accudimento – che presuppone da parte delle madri la disponibilità psicologica a delegare serenamente parte del proprio ruolo e funzione culturalmente determinati – può evitare sentimenti di frustrazione, gelosia e rabbia che potrebbero mettere in crisi la coppia.

La condivisione paritaria dell’impegno diventa quindi una sorta di gioco di squadra che aiuta la relazione e favorisce la complicità, facendo sentire protagonisti entrambi i genitori nei nuovi equilibri che necessariamente si vanno a costruire. Il figlio così si potrà confrontare con una situazione familiare basata su responsabilità, fiducia, compartecipazione e aiuto reciproco.

L’utilizzo del congedo di paternità, in alternativa a quello di maternità, nella parte che rimarrà trasferibile, può inoltre consentire alle madri di potersi dedicare anche a se stesse e al proprio lavoro: permette di far convivere il ruolo domestico con quello sociale, supportate non solo psicologicamente ma anche nella pratica dal partner. La madre in questa situazione di condivisione e sostegno è facilitata a trovare la giusta dimensione per il benessere della famiglia e di se stessi.