Contratto medici: Cimo-Fesmed-Anpo contrari, ecco perché


Cimo-Fesmed-Anpo intervengono dopo il rinnovo del contratto dei medici: “Firmeremo solo se costretti. Strada lunga, ora agitazione e assemblee, nostri iscritti sono con noi”

Cimo-Fesmed-Anpo intervengono dopo il rinnovo del contratto dei medici: “Firmeremo solo se costretti. Strada lunga, ora agitazione e assemblee, nostri iscritti sono con noi”

Un contratto “firmato in due giorni, solo perche’ il presidente dell’Aran era in scadenza. E poi siamo noi quelli che non si sono assunti responsabilita’? Che cosa cambiava firmarlo una settimana dopo e leggere bene quel testo invece di fare finta?”. Non ci sta Guido Quici, presidente Cimo e del Patto per la professione medica (Cimo-Fesmed e Anpo-Ascoti-Fials medici), la federazione dei sindacati che hanno deciso di non firmare il rinnovo del contratto dei medici, sottoscritto tra le parti due notti fa.

Intervistato dall’agenzia Dire (www.dire.it), Quici ricorda che “con almeno 16.200 medici abbiamo il 22% della rappresentativita’”, ma non nasconde la “rabbia” per una dinamica, quella per cui “in due giorni bisognava analizzare cinque testi”, che e’ “fuori dal mondo”. Questo, spiega, “ci ha ulteriormente indispettito, oltre ovviamente ai problemi serissimi del contratto”. A partire dalla “deroga alla disposizione della Comunita’ europea in tema di orario di lavoro, la possibilita fare nelle aziende la pronta disponibilita’ pomeridiana pur di non assumere medici, una nuova carriera professionale dove non c’e’ l’dentikit di chi ha una alta professionalita’, per cui il direttore generale puo’ scegliere chi vuole senza premiare il merito”.

E poi, continua l’elenco, “una carriera unica per tutta la dirigenza senza distinguere medici, dirigenti non medici e professionisti sanitari, una netta riduzione delle prerogative sindacali e anche, in casi di contenzioso, medici costretti a scegliere il legale dell’azienda e non il proprio, a meno che non vengano autorizzati dall’azienda stessa”.

Riconosce la “responsabilita’ presa di non firmare un nuovo contratto dopo dieci anni”, ma conta “sui nostri iscritti, tutti entusiasti della nostra scelta. È stata decisione unanime, di tutto il direttivo, senza nessuno che la pensi in modo diverso”, dice Quici. Ma adesso che cosa succede? “La strada e’ lunga- risponde- il preaccordo deve andare alla Corte dei conti e al Mef per la verifica della copertura economica, poi in caso positivo alla presidenza del Consiglio dei ministri per la firma della delibera e infine torna indietro per la firma definitiva. A questo punto, se ci arrivera’, dovremo valutare se firmarlo con una firma tecnica per poi disdirlo, perche’ ci sono dubbi sul fatto che chi non firma possa poi non sedersi ai tavoli di contrattazione decentrata”.

Secondo il sindacalista “in realta’ il contratto non dice espressamente questo, perche’ ci sono le Rsa nelle aziende che possono partecipare, l’importante e’ che siano rappresentative.

Dunque, si aprira’ anche un possibile contenzioso in ambito aziendale, ma c’e’ ancora tempo. Nel frattempo- ricorda- abbiamo dichiarato lo stato di agitazione, a settembre scatteranno le assemblee negli ospedali e spiegheremo i trucchi di questo contratto. E poi faremo le nostre valutazioni. Quel che e’ certo- conclude- e’ che se appuriamo che ci possiamo sedere lo stesso ai tavoli di contrattazione decentrata non mettiamo quella firma. Lo faremo solo se costretti”.